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AI e robotica: insieme nella lotta ai danni del midollo spinale

AI e robotica: insieme nella lotta ai danni del midollo spinale

Una combinazione di intelligenza artificiale e robotica potrebbe portare a una procedura che permette di curare certi danni al midollo spinale: un

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Una combinazione di intelligenza artificiale e robotica potrebbe portare a una procedura che permette di curare certi danni al midollo spinale: un team di ricercatori della Rutgers University è riuscito a usare le due tecnologie per stabilizzare l’enzima ChABC (Condroitinasi ABC) che è in grado di rimuovere tessuto cicatriziale dal midollo e promuovere la rigenerazione dei tessuti. Nei tentativi fatti finora l’enzima resisteva appena qualche ora a temperatura corporea, mentre ora resiste fino a una settimana: sufficiente per avere un effetto molto più concreto.

Semplificando molto: il midollo spinale è la “rete di cavi” che dal cervello si diffonde in tutto il corpo e, tra le altre cose, trasporta tutti i comandi inviati ai muscoli volontari. Se il “cavo” viene interrotto, il segnale per muovere un braccio, un dito, o per tendere i giusti muscoli nel giusto quantitativo per stare in piedi non arriva più a destinazione. Il corpo umano protegge il midollo con la colonna vertebrale, a tutti gli effetti una corazza d’osso flessibile, ma ci sono tipologie di impatto e altre patologie (tumori, ematomi, malattie autoimmuni…) che possono superarla o negarla. Il corpo umano tenta di riparare il danno, ma con del tessuto cicatriziale che non permette il passaggio del segnale. È come saldare due pezzi di cavo con un materiale non conduttivo. Questo causa paralisi, perché il muscolo non è più in comunicazione con il cervello. Per curare questo danno bisogna ripristinare il segnale, per esempio “facendo ponte” come sta sperimentando Neuralink, oppure favorendo la rigenerazione dei “cavi” originali – che è appunto ciò che promette ChABC.

L’intelligenza artificiale, più precisamente il concetto di machine learning, è stato fondamentale per identificare i possibili copolimeri sintetici in grado di durare più a lungo dentro al corpo umano; i robot hanno invece sintetizzato i copolimeri e condotto i test di compatibilità. Non è la prima volta che l’intelligenza artificiale viene impiegata per individuare proteine: in effetti è uno dei campi in cui è maggiormente attiva DeepMind, la sussidiaria di Alphabet; ma i ricercatori osservano che raramente la combinazione di AI e robotica era stata così efficace nella realizzazione di proteine terapeutiche.

Purtroppo la sintetizzazione dell’enzima non significa che sarà possibile trattare da subito i pazienti con danni al midollo spinale. La strada per giungere a un farmaco o a una terapia effettiva è ancora lunga, ma la scoperta rappresenta un punto di partenza promettente. Più che altro, è una ulteriore conferma dell’utilità dell’intelligenza artificiale nella ricerca di nuove proteine – molecole potenzialmente molto lunghe e complesse, che agli esseri umani richiederebbero mesi e mesi di lavoro.

Fonte: Hdblog.it

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