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Interfacce cervello-computer, il prossimo passo nell’evoluzione umana?

Siamo sul punto di diventare una specie che mescola totalmente la tecnologia con i nostri corpi. In un certo senso lo stiamo facendo da secoli, dalla prima volta che qualcuno ha usato gli occhiali per migliorare la vista iniziando a tenere due pezzi di vetro sul naso: era il XIII secolo.

Interfacce cervello-computer, il prossimo passo nell’evoluzione umana?

L’evoluzione di questo processo ha iniziato a correre a partire dall’invenzione del computer e delle prime interfacce uomo-macchina (HMI

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L’evoluzione di questo processo ha iniziato a correre a partire dall’invenzione del computer e delle prime interfacce uomo-macchina (HMI). Da allora, l’obiettivo di molti tecnologi è quello di stabilire connessioni dirette tra i computer e il cervello umano. Queste interfacce cervello computer (BCI), note anche come interfacce cervello-macchina (BMI), eliminerebbero il ritardo nel passaggio tra pensiero, azione fisica e risposta dei computer.

Tutto a portata di mente

Le BCI consentono già oggi alle persone che non possono eseguire alcune azioni fisiche di controllare direttamente potenti strumenti informatici con gli impulsi elettrici nel loro cervello. Le neuroprotesi, che attualmente sono utilizzate per monitorare e interpretare i segnali elettrici nel cervello umano, saranno presto in grado di aiutare le persone incapaci di parlare fisicamente a partecipare a complessi dialoghi verbali. È già accaduto più volte (ad esempio qui, oppure qui, o ancora qui).

Una delle ambizioni è che le interfacce BCI, cervello computer, un giorno portino tutta la conoscenza umana a portata di richiamo immediato: niente più navigazione in Internet per cercare informazioni, saremmo in grado di pensare a ciò di cui abbiamo bisogno e accedere con la mente a tutti i dati rilevanti da un cloud.

Come possono funzionare le interfacce cervello computer?

Possiamo rilevare i segnali inviati tra i neuroni del nostro cervello attraverso i dendriti e gli assoni che li collegano, ed è così che funzionano le interfacce tra cervello e computer. Gli scienziati oggi analizzano questi segnali utilizzando elettrodi impiantati.

I segnali, a loro volta, diventano informazioni digitali che vengono poi tradotte da algoritmi sviluppati in molti anni di ricerca e sperimentazione. La tecnologia aiuta il nostro cervello già da un decennio a controllare arti protesici e sedie a rotelle appositamente attrezzate, o azionare cursori e pulsanti sui monitor.

Occhio ai rischi – Ovviamente anche le interfacce cervello computer, come qualsiasi sistema hardware guidato da un software, sono vulnerabili all’hacking. Ci sono stati già tentativi e test che hanno evidenziato la possibilità di creare veri e propri virus informatici, malware in grado anche di danneggiare il cervello. Se una BCI è in grado di spostare numeri e lettere attraverso una Rete, potrebbe non essere difficile per qualcuno “rubare” quei dati e abusarne. Per questo il tema della sicurezza diventerà più importante che mai, via via che la tecnologia diventa più vicina al nostro corpo.

I progressi nel mondo

Sono tante le università e le aziende che sperimentano soluzioni nelle interfacce cervello computer, oggi principalmente allo scopo di migliorare la vita delle persone con disabilità, ma i campi di applicazione sono infiniti. Ecco alcuni sviluppi attualmente in corso nel mondo:

Kernel sta catturando i ricordi dall’ippocampo, leggendoli con l’intelligenza artificiale e “registrandoli” con una precisione fino all’80%.

Neuralink, la controversa azienda di Elon Musk, mira a creare interfacce impiantabili tra cervello e computer. Primi obiettivi? Trattamento delle malattie del cervello e del sistema nervoso, miglioramento di memoria e velocità di elaborazione. Questo è già stato fatto con successo nelle scimmie (a prezzo, probabilmente, di grandi sofferenze per questi poveri animali), e presto avrà inizio la sperimentazione umana.

Foc.us sta commercializzando “stimolatori cerebrali” per migliorare la velocità di reazione dei giocatori.

Neuropace sta lavorando a interfacce per prevedere, rilevare e fermare gli attacchi epilettici anche con giorni di anticipo.

Mindmaze e Neurable stanno sperimentando tecnologie per dare alle persone la possibilità di controllare giocattoli e giochi con i loro pensieri.

Brainco sta realizzando interfacce e dispositivi indossabili che aiuteranno gli insegnanti a monitorare il livello di concentrazione dei loro studenti in classe e a trovare e aiutare meglio quegli studenti con difficoltà di apprendimento.

L’elenco potrebbe non finire mai, e non ho citato gli sforzi di governi ed enti di ricerca.

Problemi da risolvere ne abbiamo?

Quanti ne volete: sono tante le difficoltà che devono essere ancora affrontate e risolte prima che questa tecnologia sia effettivamente utile e non dannosa.

Come spesso accade su questo blog, però, l’interesse si concentra di più sulle implicazioni etiche che derivano dall’implementazione delle tecnologie, e questo vale anche per le interfacce uomo computer. Una grande, che salta subito all’occhio, è la possibile, ulteriore stratificazione della società. Ci saranno persone che possono permettersi BCI e migliorare drasticamente le loro vite, sia sul piano medico che aumentando le loro prestazioni, ed altre che semplicemente non potranno permetterselo.

Un altro aspetto, più immediatamente preoccupante per la maggior parte di noi, l’ho accennato prima. È il timore che questa tecnologia (che crea essenzialmente un ponte tra la mente umana e il mondo esterno) potrebbe essere manipolata per scopi negativi. Apprezziamo tutti i progressi scientifici e tecnologici, ma andare avanti a tutta velocità senza dedicare enormi sforzi, preoccupazione e diligenza a mantenere al sicuro le informazioni nel nostro cervello e le interazioni che queste interfacce creeranno potrebbe portare a risultati davvero terrificanti.

Interfacce cervello computer: scongiurare il pericolo di “hackerare” esseri umani

Il filosofo sociale Yuval Harari è molto chiaro sull’intelligenza artificiale e le interfacce cervello computer: il loro sviluppo indiscriminato potrebbe permettere a terroristi (e aziende) di hackerare letteralmente le persone.

Ogni software può essere “dirottato”. Quando anche il nostro cervello sarà parte di un software la cosa potrebbe non fare eccezione. Oggi suona distopico, quasi fantascientifico, ma una errata concezione delle interfacce cervello computer potrebbero portarci ad hacker in grado di “dirottare” non aerei o computer, ma persone in carne e ossa. Danneggiarle mentalmente, o fisicamente, o addirittura manipolarle.

Ogni nuovo ed estremamente potente progresso tecnologico ha il potenziale per risultati sorprendentemente buoni e pessimi. L’energia nucleare, i satelliti. L’ingegneria genetica, l’intelligenza artificiale. Sono solo alcuni esempi di tecnologie all’avanguardia che hanno il potenziale di essere sia buone che pericolose. Le interfacce cervello computer non fanno eccezione.

Fonte: Futuro Prossimo

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