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Unicredit ha capitale in eccesso per 20 miliardi. Va distribuito anche via M&A

Secondo Morgan Stanley, il settore bancario, a sconto del 40% sulle large cap, ha prezzi molto interessanti. E Unicredit viaggia a valori troppo bassi, soprattutto a fronte di un'enorme liquidità da girare agli azionisti non solo con cedole e buyback, ma anche acquisizioni mirate

Unicredit ha capitale in eccesso per 20 miliardi. Va distribuito anche via M&A

Mentre Piazza Affari viaggia incerta a causa del rialzarsi del rendimento dei bond, Morgan Stanley fa il punto della situazione di un settore, quello

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Mentre Piazza Affari viaggia incerta a causa del rialzarsi del rendimento dei bond, Morgan Stanley fa il punto della situazione di un settore, quello finanziario, che ritiene valga la pena acquistare quest’anno. E per quattro ragioni. La prima è la previsione di una forte crescita dell’utile per azione, fra il 30% e il 35% nel periodo 2021-2022, grazie a sempre minori accantonamenti, derivanti da una pulizia di bilancio iniziata una decina di anni fa. E da nuove strategie di erogazione del credito che, nonostante le moratorie, hanno abbassato il tasso di rischio.

In secondo luogo c’è da tener conto dell’aumento delle cedole oltre al pagamento di dividendi straordinari da settembre in poi, quando la Bce dovrebbe togliere le restrizioni poste fino ad ora a causa della pandemia. La terza ragione è il consolidamento del settore a livello europeo, che Morgan Stanley considera fondamentale, guidato fra l’altro da margini (NII) in continuo calo. La quarta riguarda le valutazioni del settore finanziario, ancora a sconto del 40% rispetto alle società a larga capitalizzazione.

In tal senso nel paniere dei migliori titoli legati alla riapertura delle attività, dopo la terza ondata di contagi, vede giudizi overweight per Unicredit fra le banche italiane, Bnp Paribas, Ing e Santander. Invece fra le svizzere e le nordiche compaiono Credit Suisse e Julius Baer. Quanto al gruppo milanese che da aprile sarà guidato da Andrea Orcel, gli analisti americani ritengono che il titolo “sia un’opportunità di acquisto” e confermano il prezzo obiettivo di 10,5 euro. Anche perché sottolineano gli esperti, l’eccesso di capitale di Unicredit è “pari al 101% della sua attuale capitalizzazione di mercato”, oggi a 19,84 miliardi di euro. Intanto il titolo questa mattina cede lo 0,15% a 8,89 euro.

Gli analisti ritengono “eccessivo lo scollamento della valutazione rispetto ai colleghi e considerano la nomina di Andrea Orcel come nuovo ceo e la visibilità di un’operazione di Mps come i principali catalizzatori positivi per il titolo”. Secondo le stime di Morgan Stanley, il gruppo milanese scambia solo a 0,3 volte il rapporto price/tangible book value (circa la metà della media europea) con un Rote atteso del 6,6% al 2023.

La banca ha chiuso il 2020 un indicatore di solidità patrimoniale, il Cet 1, di oltre il 15%, un cuscinetto di capitale in eccesso rispetto al minimo regolamentare (buffer) di 605 punti base che “equivale a un’eccedenza di 19,7 miliardi di euro, un dato superiore alla sua intera capitalizzazione di mercato”. Morgan Stanley ritiene che “questo sia davvero eccessivo” e che la politica della banca “di restituire capitale agli azionisti tramite riacquisti o fusioni e acquisizioni sarebbero entrambi un catalizzatore positivo per le azioni”. Infatti, ricordano i broker, il board si è impegnato a restituire 1,1 miliardi di euro agli azionisti, di cui 0,8 miliardi di euro in riacquisto di azioni e 0,3 miliardi di euro in dividendi in contanti.

Quanto al capitolo total yield, ovvero le due voci dividendi e buyback sommate, le attese di Morgan Stanley per il 2021 vedono Intesa con l’8,9%, Unicredit con il 5,6%, Banco Bpm con il 2,8%, Mps a zero. La capacità delle banche di poter tornare ai dividendi dipende chiaramente dal via libera dopo l’estate della Bce ma anche dal fatto che a maggio gli analisti ritengono che la campagna delle vaccinazioni dovrebbe diventare efficace.

A quel punto la grande massa di liquidità stoccata nei conti correnti per ragioni precauzionali dovrebbe fluire in acquisti e investimenti. L’incidenza dei risparmi sulle entrate resta infatti piuttosto alta. Secondo i calcoli della banca d’affari americana, in Italia si è passati dal 6,3% del quarto trimestre 2019, prima dello scoppio della pandemia, ad un piccolo del 20,9% durante il periodo marzo-giugno 2020, in pieno lockdown al 16,3% del terzo trimestre 2020, quasi tre volte il tasso pre-Covid.

Quanto alle moratorie sui prestiti, che dovrebbero terminare a giugno (a meno che non vengano di luogo allungate, considerata la terza ondata di pandemia) gli analisti ricordano che alla data di settembre 2020 l’incidenza dei prestiti protetti per Banco Bpm era di circa l’11%, per Mps il 5,9%, per Intesa il 5,5%, per Unicredit il 2,9%.

Fonte: www.milanofinanza.it

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