La crisi demografica in Italia non accenna a diminuire, ma anzi peggiora: lo rileva l’Istat in una delle ultime statistiche sulla natalità in cui spie
La crisi demografica in Italia non accenna a diminuire, ma anzi peggiora: lo rileva l’Istat in una delle ultime statistiche sulla natalità in cui spiega che nel 2022 le nuove nascite sono sotto le 400 mila (392.598), mentre i morti sono stati 713 mila. Se si esclude il 2020 e la pandemia da Covid-19, è il nuovo record negativo dal dopoguerra ad oggi. In particolare, le nascite risultano l’1,9% in meno rispetto al 2021. L’Istituto rileva che il saldo naturale è “fortemente negativo” e che al 31 dicembre 2022 c’erano 179.000 residenti in meno rispetto all’inizio dell’anno. Le cause sono imputate alla crisi sanitaria e alle conseguenti incertezze economiche che – scrive l’Istat – potrebbero avere incoraggiato le coppie a rimandare ancora una volta i loro piani di genitorialità. In tre anni, si stima che la penisola abbia perso quasi un milione di abitanti. Tuttavia, tale tendenza demografica si registra almeno dal 2008 e si è solo inasprita con le recenti misure pandemiche. A livello europeo si registra il medesimo quadro, caratterizzandosi l’Europa tra i continenti con il segno meno nelle proiezioni demografiche delle Nazioni Unite.
Il calo della popolazione è meno marcata al nord e al centro, dove si registra rispettivamente il – 0,1% e il -0,3%, rispetto al Mezzogiorno, dove si passa dal -0,2% del 2021 al -0,6% del 2022. A preoccupare è soprattutto la “dinamica naturale” o “saldo naturale”, ossia la differenza tra il numero di iscritti per nascita e il numero di cancellati per decesso dai registri anagrafici dei residenti. L’Istituto rileva che «Dal 2008, anno in cui si è registrato il valore massimo relativo di nascite degli ultimi 20 anni, l’Italia ha perso la capacità di crescita per effetto del bilancio naturale, non rimpiazzando a sufficienza chi muore con chi nasce». La dinamica naturale presenta valori negativi anche nella provincia autonoma di Bolzano (-314 unità), tradizionalmente caratterizzata da una natalità superiore alla media. «Il tasso di crescita naturale, pari al -5,4 per mille a livello nazionale, varia dal -0,6 per mille di Bolzano al -10,2 per mille in Liguria», si legge. Con le sole eccezioni del Friuli Venezia-Giulia (-7,2 per mille contro -7,8 per mille) e della Puglia (-4,7 per mille contro -5,1 per mille), tutte le regioni presentano un peggioramento del tasso di crescita naturale. Il deficit del saldo naturale è aumentato in modo progressivo, raggiungendo i picchi più elevati nel biennio 2020-2021, quando si è registrata una perdita di oltre di 300000 persone in media annua. Al deficit della componente naturale negli anni di pandemia, nel 2022 si somma un ulteriore decremento di 320000 unità, determinando in soli tre anni la perdita di 957mila persone, all’incirca la popolazione di una città come Napoli.
Le cose non vanno meglio a livello europeo, dove già nel 2020 veniva segnalato dalla Ue che la popolazione era destinata a diminuire a partire dal 2030. «L’UE conta attualmente 447 milioni di abitanti. Secondo le proiezioni di Eurostat, questa cifra raggiungerà i 449 milioni intorno al 2025, per poi diminuire a partire dal 2030, attestandosi a 424 milioni nel 2070. Tutto ciò è accompagnato da un significativo invecchiamento: si prevede che la percentuale della popolazione di età superiore ai 65 anni aumenterà dal 20% nel 2019 al 30% nel 2070», si legge nel rapporto europeo. Quest’ultimo prosegue spiegando che «nei prossimi decenni, ciò costituirà una sfida importante per le nostre economie, nonché per il finanziamento dei nostri sistemi sociali e sanitari. […] Da qui l’importanza che la Commissione attribuisce a tale questione». Il calo delle nascite è allarmante in quanto ha importanti ripercussioni in campo socioeconomico comportando invecchiamento, squilibrio tra generazioni, insufficienza di forza lavoro, minori contributi sociali, perdita di produzione e innovazione e ristagno economico. Per quanto riguarda l’Italia, non solo non si prevede un’inversione di questa tendenza, ma essa pare destinata ad accentuarsi. Sulla base dei dati disponibili, infatti, si prevede un’ulteriore decrescita della popolazione residente nel prossimo decennio: da 59,2 milioni al 1° gennaio 2021 (punto base delle previsioni) a 57,9 milioni nel 2030, con un tasso di variazione medio annuo pari al -2,5%.
Senza un’inversione di tendenza nella dinamica demografica, la popolazione italiana tenderà ad invecchiare e a diminuire sempre di più con le relative conseguenze in termini economici e sociali. Al contempo sarà in buona parte rimpiazzata dai flussi migratori che già oggi compensano – sebbene in misura ancora contenuta – la perdita di popolazione e di forza lavoro. Secondo le Nazioni Unite, infatti, il continente africano avrà un aumento demografico del 146%, passando dagli attuali 1,3 miliardi di persone a 3,3 miliardi. Ciò conferma come le misure di sostegno alla natalità messe in atto finora dai vari governi siano assolutamente insufficienti a contrastare le politiche di austerità che hanno eroso lo Stato sociale e ridotto l’occupazione, precarizzando l’esistenza e rendendo più difficile pianificare la genitorialità. Si stima che senza l’apporto degli immigrati, nel 2070 il calo della popolazione italiana arriverebbe al 33%, passando dagli attuali 58 milioni a 40 milioni.
Fonte: Indipendente.online (Caricato da Tiziana Origgi)