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L’ era degli scarti e delle disuguaglianze

L’ era degli scarti e delle disuguaglianze

Pianeta Terra. Dopo il Neocene, o Neolitico che dir si voglia, il Wasteocene. Lo scarto non va considerato solo una cosa, ogni scarto allude a un insi

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Pianeta Terra. Dopo il Neocene, o Neolitico che dir si voglia, il Wasteocene. Lo scarto non va considerato solo una cosa, ogni scarto allude a un insieme di relazioni socio-ecologiche tese a (ri)produrre esclusione e diseguaglianze. Certo, oggi i rifiuti sono un tema estremamente di moda, nella vita quotidiana come nella letteratura scientifica, dall’antropologia alla storia, dall’ecocriticismo alla sociologia, passando per l’economia, il diritto, le scienze politiche, la geografia, l’archeologia, il design, la filosofia e chi più ne ha ne metta. Gli scarti possono essere considerati la caratteristica planetaria della nuova epoca in cui viviamo che forse va definita proprio come Wasteocene (Scartocene, dall’inglese: scarto, rifiuto).

Invece, l’ipotesi di una nuova era geologica chiamata Antropocene rischia di porre l’accento sull’immagine neutrale di una generica età degli umani (cieca nei confronti delle differenze sociali, storiche, di genere ed etniche) e di dare poco conto dell’impattante sistema economico e sociale protagonista sia delle specifiche attività umane contemporanee che delle wasting relationship, le relazioni di portata davvero planetaria che producono ovunque luoghi, comunità e persone di scarto. Dentro l’attuale lunga secolare fase, othering, ovvero la produzione coloniale dell’altro, e saming, ovvero l’invenzione retorica del “noi”, sono due facce della stessa medaglia. Molte riflessioni sono ineccepibili, il focus resta consapevolmente abbastanza antropocentrico, l’obiettivo esplicito è stimolare un’alleanza di liberazione multispecie attraverso commoning relationship, collettivi che producono benessere per mezzo della cura e dell’inclusione.

Giustizia sociale e ambientale

L’ottimo studioso e docente di storia ambientale Marco Armiero (Napoli, 1966) da anni partecipa, con grande rigore scientifico e passione militante, a ricerche negli Stati Uniti e in Europa sull’ecologia, la giustizia sociale e ambientale, i cambiamenti climatici, risultando certamente fra i protagonisti del miglior dibattito accademico e culturale sull’attuale crisi socio-ecologica.

All’interno del progetto Occupy Climate Change ha pubblicato in inglese “L’era degli scarti. Cronache dal Wasteocene, la discarica globale”(Traduzione di Maria Lorenza Chiesara, editore Einaudi,  2021, pagg. 123 euro 15), un  bel testo di efficace descrizione della realtà, subito utilmente tradotto anche per i lettori del suo paese, il nostro.

Il primo capitolo ripercorre le vicende del discorso sull’Antropocene, propone il Wasteocene come inquadramento alternativo (da cui il titolo) ed esplora le narrazioni fantascientifiche multimediali sullo Scartocene e il modo in cui questi immaginari configurano le nostre idee riguardo all’apocalisse dei rifiuti.

Il secondo capitolo illustra la parzialità delle narrazioni dominanti che “scartano” anche le storie di tossicità (cancellando e addomesticando memorie, colpevolizzando le vittime e naturalizzando l’ingiustizia) e rivolge l’attenzione ad alcune specifiche manifestazioni delle wasting relationship negli Stati Uniti, in Brasile e in Ghana.

Il terzo capitolo utilizza Napoli come laboratorio, esplorando al microscopio il fenomeno globale nelle vicende della città (le epidemie di colera, il “male oscuro” dei Settanta e la successiva crisi dei rifiuti). Il quarto capitolo evidenzia le forze che stanno provando a sabotare quelle wasting relationship, sperimentando nuove relazioni socio-ecologiche, pratiche collettive che generano al tempo stesso beni comuni e comunità.

Ragionamenti teorici e casi empirici

Ricchi e puntuali i riferimenti bibliografici finali. Al di là della discutibile ipotesi terminologica (come se il Neocene non fosse abbastanza associabile ad altre diseguaglianze e al lavoro soprattutto schiavistico; come se da secoli e decenni non fosse cruciale l’impatto globale delle attività umane, ingiuste e giuste; come se la ricerca critica dell’ipotesi maggiormente semplice e ampiamente consensuale fosse di per sé un difetto; come se un’era geologica fosse smantellabile), il volume offre un contributo molto utile, abbina interessanti ragionamenti teorici a importanti casi empirici, sottolinea giustamente intrinseche connessioni tra capitalismo e razzismo e aiuta a evidenziare ancora una volta la non neutralità della scienza e delle scienze, le conflittualità sociali interne a ogni periodizzazione geologica e storica e la necessità di non restare indifferenti e di impegnarsi scientificamente contro diseguaglianze, discriminazioni, sfruttamenti.

Fonte: Linearossa.it

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