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Pa: l’importanza delle piattaforme nazionali

n questi ultimi anni abbiamo visto la progressiva diffusione delle piattaforme nazionali della Pubblica amministrazione e di come queste abbiano contribuito alla standardizzazione, semplificazione e sicurezza dei servizi. Ma c’è una piattaforma che “non c’è”. L’approfondimento di Domenico Pugliese, Client Partner di Atos nell’area Pa

Pa: l’importanza delle piattaforme nazionali

Le piattaforme nazionali offrono un’ampia disponibilità di servizi di base che possono essere integrati e utilizzati dalle diverse amministrazioni, al

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Le piattaforme nazionali offrono un’ampia disponibilità di servizi di base che possono essere integrati e utilizzati dalle diverse amministrazioni, alleggerendone il carico di sviluppo, migliorando l’interoperabilità, i tempi ed i costi di realizzazione e di gestione dei servizi. Prendiamo ad esempio l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), la semplice adozione da parte dei comuni dell’anagrafe nazionale ha permesso l’eliminazione di decine di soluzioni “custom”, consentendo un migliore allineamento e interoperabilità tra i comuni e le amministrazioni centrali.

Stesso discorso per il Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID): un’unica soluzione di autenticazione standard, utilizzabile da tutta la PA, che non richiede ogni volta la realizzazione delle stesse funzionalità da parte delle amministrazioni che possono dunque concentrarsi sui servizi da offrire e non sulle componenti abilitanti (l’autenticazione in questo caso).
E anche la disponibilità e la sicurezza ne beneficiano. Una cosa è garantire la compliance alle policy di sicurezza di una soluzione centralizzata dove sono presenti infrastrutture, strumenti e skill adeguati, altra cosa è farlo per tante soluzioni diverse in ambienti non “industrializzati”.

Sono molte le piattaforme nazionali esistenti e quelle previste; quelle già esistenti e diffuse (o in diffusione) come ANPR, SPID, PagoPA, CIE, Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), NoiPA, AppIO, etc.; quelle emerse durante l’emergenza pandemica: Piattaforma Vaccinale, Green Pass e quelle infine previste (o che si completeranno) nell’ambito delle iniziative del PNRR tra le quali la Piattaforma Nazionale Dati, Le Notifiche Digitali, la Piattaforma per la Cultura, per il Turismo, per il Mobility as a Service (MaaS), etc.

L’adozione delle Piattaforme Nazionali ha contributo in maniera essenziale anche a razionalizzare il patrimonio di soluzioni software nella PA, ridondanti e duplicate spesso in maniera inverosimile,  dando finalmente concretezza al concetto di “riuso”, tanto declamato nella PA quanto poco applicato nella pratica. L’istituzione delle piattaforme nazionali sancisce di fatto l’affermazione del “riuso”  by design  (tutti utilizzano la migliore soluzione).

Ma qual’è la piattaforma nazionale che non c’è? (ancora) Siamo tutti d’accordo che il cuore della trasformazione digitale della PA è rappresentato dalla digitalizzazione dei processi, delle procedure, dei procedimenti amministrativi, che negli anni si sono stratificati diventando un vero e proprio ostacolo per una pubblica amministrazione semplice, agile, veloce e moderna al servizio dei cittadini.

I processi della PA rappresentano l’ossatura portante dei servizi e garantiscono il rispetto delle regole e delle disposizioni di legge, ma essi devono essere semplificati, eliminati dove possibile e “coreografati” – anche tra diverse PA – nell’ambito di una soluzione volta a dare un servizio complessivo (end to end) ai fruitori.

L’attuale meccanismo della cooperazione applicativa che consente alle amministrazioni di interoperare non è particolarmente efficace laddove i processi abbracciano ecosistemi ampi. La cooperazione applicativa viene avviata di solito da un’amministrazione che decide di coinvolgere altre PA per complementare, con elaborazioni o dati di queste ultime, un proprio servizio. Il focus è nella maggior parte dei casi sull’erogazione di un proprio servizio.

Per i grandi processi backbone della PA che attraversano uno o più “Ecosistemi della Pubblica Amministrazione” (dalla sanità al welfare, dalla scuola ai beni culturali, etc.) l’approccio dovrebbe privilegiare un punto di osservazione “nazionale”, di ecosistema appunto. Una visibilità ampia e complessiva dei processi consentirebbe una migliore analisi ai fini della semplificazione. I processi ridondanti e macchinosi verrebbero immediatamente individuati e si troverebbero agilmente i percorsi di razionalizzazione.

Non solo. Con l’approccio di ecosistema, sarebbe molto più facile focalizzarsi sul valore complessivo per il cittadino i cui bisogni ed eventi della vita sarebbero centrali per la realizzazione dei servizi che potrebbero essere completamente reinventati con il digitale.

La “Piattaforma Nazionale per i Procedimenti di Ecosistema” – quella che non c’è – consentirebbe di concretizzare l’approccio olistico ai processi di ecosistema. Su questa piattaforma si potrebbero disegnare e realizzare i processi backbone della PA. I processi verrebbero nativamente definiti per “attraversare” tutta la PA e sfruttare sia i servizi già a disposizione (infrastrutture immateriali della PA), sia i singoli processi specifici di ogni Amministrazione. E l’approccio per Ecosistema garantirebbe il coinvolgimento e raccordo delle amministrazioni centrali, regioni, comuni e aziende sanitarie e di tutti gli enti che ne fanno parte.

E’ facile intuire che un approccio con una visone ampia consentirebbe una più efficace semplificazione rispetto agli interventi effettuabili dalle singole amministrazioni, che sono pur necessari ma che inevitabilmente hanno una portata inferiore in termini di benefici e focus sui servizi. Volendo fare un’analogia con l’ANPR, nessuna soluzione anagrafica dei singoli comuni,  per quanto efficiente e diffusa, avrebbe potuto raggiungere gli stessi benefici complessivi della soluzione offerta dalla Piattaforma Nazionale. E questo concetto è valido anche per la Piattaforma Nazionale dei Procedimenti di Ecosistema.

La realizzazione della Piattaforma potrebbe essere basate sulle tecnologie di Hyperautomation e Digital Twin (of Citizen) come elementi fondanti e sugli approcci User Centric Design per la definizione dei processi in modo da considerare sempre il valore per il cittadino e per la collettività come principi guida.

Soggetti che hanno dimostrato negli anni di saper progettare e gestire le Piattaforme Nazionali, come la Sogei ad esempio, oppure altri operatori rilevanti nella PA potrebbero progettare, gestire e avviare il percorso di digitalizzazione dei processi di ecosistema della PA.

Ed in questo momento specifico di trasformazione digitale della PA, sul forte impulso del PNRR, si dovrebbe provare ad andare in questa direzione. L’investimento 1.6 Digitalizzazione delle grandi amministrazioni centrali, l’investimento 2.2 Task Force digitalizzazione, monitoraggio e performance e la consultazione pubblica per individuare le procedure più critiche su cui intervenire, possono essere un ottimo punto di partenza per analizzare i processi legati agli eventi della vita (nascita, lavoro, cure, pensione, pagamento tasse, viaggi, etc.) in ottica di Ecosistemi della PA.

La Piattaforma Nazionale dei Procedimenti di Ecosistema consentirà l’analisi, il disegno, la realizzazione e coreografia dei processi tra le diverse amministrazioni con un approccio di co-progettazione tra i diversi attori coinvolti, centrali e locali.  Si potranno cogliere tutti i benefici legati alle Piattaforme Nazionali come descritto nell’introduzione che saranno amplificati dalla possibilità di conseguire un livello di semplificazione dei processi molto più elevato per il fatto che si interviene a livello di ecosistemi e non di singole Amministrazioni.

Il momento è questo. Bisognerebbe non sciuparlo con micro interventi tra loro scollegati e senza una visione di sistema. L’approccio delle Piattaforme Nazionali della PA è collaudato, unisce il paese dal punto di vista digitale e produce benefici anche per la PA locale. E questa piattaforma – che non c’è – dovrebbe essere messa in cantiere.

Fonte: Formiche.net

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