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La riforma della Pubblica Amministrazione all’ ultimo miglio

Tecnologie, semplificazioni, formazione, nuova governance. Non esistono formule magiche, ma momenti magici

La riforma della Pubblica Amministrazione all’ ultimo miglio

Il mio sogno: una Pubblica amministrazione efficiente, efficace, gentile, dalla parte di cittadini e imprese, che sappia dialogare con tutti, per

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Il mio sogno: una Pubblica amministrazione efficiente, efficace, gentile, dalla parte di cittadini e imprese, che sappia dialogare con tutti, per risolvere i problemi. A partire dai più fragili, dai più indifesi. Da quelli che, di fatto, vengono lasciati indietro, in coda, fuori dalla porta. Ecco, questo è il mio sogno: usare le nuove tecnologie per parlare con tutti, per rispondere ai bisogni di tutti. E non è solo un sogno…

Ma andiamo con ordine. La digitalizzazione e la modernizzazione della Pubblica amministrazione sono due facce della stessa medaglia. La transizione digitale della Pa, affidata alle mani esperte del ministro Vittorio Colao, può contare su 6,14 miliardi di euro del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), dedicati principalmente alla creazione di una rete infrastrutturale per i dati moderna e sicura, al cloud (una “nuvola informatica”, un servizio per accedere a tutti i dati archiviati), all’interoperabilità delle banche dati (che devono dialogare tra loro) e alla digitalizzazione dei servizi al cittadino.

La transizione amministrativa, che coinvolge le oltre 32.000 amministrazioni pubbliche del Paese, compete al Dipartimento della Funzione pubblica che ho l’onore di guidare e può avvalersi di 1,27 miliardi di euro del Pnrr, cui si aggiungono 2,34 miliardi dedicati al potenziamento organizzativo del sistema giudiziario. Nel complesso, attraverso i due filoni d’intervento complementari, il Piano disegna per la Pubblica amministrazione una rivoluzione “gentile” da 9,75 miliardi di euro (integrati con 1,4 miliardi di fondi nazionali), centrata sulle competenze, sulla semplificazione e digitalizzazione dei processi, sull’innovazione organizzativa. Serve perfetta sincronia tra tutti gli interventi perché le risorse non vadano sprecate.

Un’Italia digitale a macchia di leopardo

La Pubblica amministrazione è un mosaico complesso, articolato tra livello centrale, regionale e locale e frammentato in una pluralità di soggetti titolari di funzioni pubbliche differenti per dimensione, missione e profilo organizzativo. Anche a causa di questa complessità, l’utilizzo delle tecnologie digitali si è diffuso a macchia di leopardo. Alcuni enti locali hanno deciso di sviluppare internamente servizi digitali, altri si sono rivolti a società in house o a fornitori di mercato. Il risultato è un colorato quadro di approcci e soluzioni tecnologiche differenti, con livelli disomogenei in termini di efficienza e sicurezza.

Abbiamo certamente aree geografiche o singole esperienze di innovazione in cui la digitalizzazione e la tecnologia vengono utilizzate dalla Pubblica amministrazione per erogare servizi più efficienti, ma oggi non ci si può accontentare di qualche “macchia” di eccellenza. Anche perché il Pnrr ci consente di completare finalmente il quadro: da un lato, dotando la Pa di piattaforme tecnologiche avanzate per garantire servizi evoluti e un accesso secondo il principio “once only” (nessuno deve chiedere al cittadino dati che sono già in possesso delle amministrazioni); dall’altro lato, potenziando le competenze digitali dei dipendenti pubblici e attuando programmi di upskilling (per maturare nuove competenze nello stesso ambito) e di reskilling (per ampliare le proprie capacità, in modo da poter crescere anche in ruoli diversi). Tecnologie e formazione devono camminare insieme.

Semplificazioni e formazione asset del cambiamento

Il Pnrr prevede l’individuazione la semplificazione, la reingegnerizzazione e la digitalizzazione di 600 procedure amministrative in settori sensibili per le attività di cittadini e imprese, dall’ambiente all’energia, dagli appalti alla salute. Per far sì che questo esercizio sia il più condiviso ed efficace possibile, lanceremo, nelle prossime settimane, una consultazione pubblica aperta a cittadini e imprese. La semplificazione deve diventare lo sport nazionale, partecipato, sentito e, soprattutto, utile a rimuovere le incrostazioni che hanno finora frenato la crescita. Altrettanto cruciale è la formazione.

Da gennaio, infatti, partirà il più grande piano formativo del personale pubblico mai realizzato in Italia, basato sulle competenze chiave per trasformare in realtà i progetti e la visione del Piano. Competenze digitali, amministrative e manageriali. Saranno coinvolti partner d’eccezione, pubblici e privati, nazionali e internazionali. Ed è già “a bordo” il sistema universitario italiano, grazie a un protocollo d’intesa siglato il 7 ottobre con la ministra dell’Università, Maria Cristina Messa, per laureare tutti i dipendenti pubblici che lo vogliono. Abbiamo dato il via a uno straordinario programma di upskilling per tutta la Pubblica amministrazione, rilanciando e rafforzando, al contempo, la Scuola Nazionale dell’Amministrazione (Sna) e Formez PA.

Questa gigantesca “ricarica delle batterie” del lavoro pubblico – che può contare su uno sforzo finanziario altrettanto eccezionale: quasi un miliardo di euro fino al 2026, tra fondi Pnrr e fondi strutturali – è indispensabile per migliorare la qualità dei servizi offerti dalle amministrazioni e si salda con l’inevitabile “cambio del sangue” che sarà assicurato alla Pa grazie alle nuove assunzioni: 100-120mila l’anno soltanto per il ripristino del turnover al 100%, a cui si aggiungeranno altre decine di migliaia di ingressi a tempo determinato legati al Pnrr.

Anche in questo caso abbiamo innovato, coniugando semplificazioni, tecnologie e investimento sul capitale umano per realizzare inPA, il portale nazionale del reclutamento, costruito sul modello di LinkedIn e alimentato con oltre 6 milioni di profili e curricula anche attraverso intese specifiche con il mondo dei professionisti, ordinistici e non ordinistici. Formazione e nuove competenze sono la leva delle transizioni amministrativa e digitale.

Cambiare i modelli di fornitura

Per spianare la strada alla digitalizzazione della Pa e assicurarsi che si traduca in un miglioramento della qualità della vita di cittadini e imprese, dunque in un vettore di competitività del Paese, vanno ripensati anche i modelli di fornitura delle amministrazioni pubbliche, in modo da allineare i fabbisogni alla spesa e di evitare agli enti la necessità di sovrastrutturarsi e di moltiplicare gli adempimenti. È bene che le amministrazioni adottino un nuovo modello di sourcing basato sul paradigma as a service”, ossia ricorrere a soluzioni di cloud pubblico, cloud privato e infrastrutture tradizionali on-premise (programmi informatici installati e gestiti attraverso computer locali).

Una scelta responsabile per garantire elevati standard di interoperabilità e di sicurezza, risolvere il tema della sovranità del dato, essendo l’infrastruttura localizzata presso l’utente o presso un data center scelto, e permettere di assicurare la giusta flessibilità per regolare automaticamente le esigenze di calcolo, di storage (lo spazio di memoria) e le ricadute economiche. In sintesi, è meglio modificare la struttura di contabilità pubblica per meglio favorire il ricorso a forme contrattuali “a servizio”, adeguate alle nuove esigenze delle amministrazioni.

Una nuova governance per il dialogo centro-periferia

Intervenire sugli acquisti, però, non basta. Per ottimizzare i programmi di spesa in tecnologia della Pubblica amministrazione, serve un modello di governance capace di agevolare e di estendere la transizione amministrativa e digitale in tutto il territorio nazionale, anche nelle aree dove il cambiamento è più difficile. Alla dimensione verticale della collaborazione tra gli attori ai diversi livelli istituzionali (europeo, nazionale, intermedio e locale), è utile affiancare una dimensione orizzontale di meccanismi di coordinamento e collaborazione tra enti afferenti allo stesso livello. Strumenti tecnologici di cooperazione, così come incentivi economici alle “gestioni associate” degli enti locali, potrebbero essere quanto mai utili in questa fase. Il dialogo tra centro e periferia è cruciale per affrontare le transizioni. Condividere le best practice già presenti rafforza la collaborazione tra gli enti pubblici, anche extra regionali, e aiuta a superare gli ostacoli per la loro evoluzione digitale. Senza una governance adeguata la digitalizzazione della Pa resta un esercizio di stile, e non si sostanzia in un beneficio per i cittadini.

L’ultimo miglio

Per tutte queste ragioni, è importante completare al più presto in Italia quei progetti di digitalizzazione avviati da tempo a cui manca poco per diventare “sistema”. Si tratta di percorrere “l’ultimo miglio” innescando le due ruote dentate – quella della transizione digitale e quella della transizione amministrativa – affinché l’ingranaggio possa spingere la Pubblica amministrazione all’efficienza e alla soddisfazione degli utenti. Questo approccio consente, inoltre, di valorizzare ciò che di buono è stato realizzato in passato: completare e integrare le innovazioni tecnologiche già introdotte e agevolare la reingegnerizzazione dei processi, senza distruggerli, è una delle più importanti lezioni di creazione di valore all’interno della Pubblica amministrazione, che per dimensione e frammentazione non è avvezza a trasformazioni veloci e cambi di direzione repentini.

L’obiettivo del progetto “ultimo miglio” è individuare e risolvere i moltissimi nodi che rendono inefficiente e inefficace la macchina burocratica attraverso la rivisitazione delle procedure e l’uso intelligente dei dati amministrativi. Il freno alla digitalizzazione non è solo nell’infrastruttura informatica. Le banche dati parlano tra loro, e permettono alle amministrazioni di conoscere in tempo reale quanto necessario, solo se i processi dell’azione pubblica sono già progettati per l’interoperabilità e se sono orientati da dati amministrativi raccolti e mantenuti con la cura necessaria; se i linguaggi sono tra loro coerenti; se esistono regole condivise d’interscambio delle informazioni, a partire dalla tutela della riservatezza e della sicurezza dei dati personali. Vale per ciascuna impresa e vale per la Pubblica amministrazione: non conta molto avere le informazioni se non sono affidabili, aggiornate, coerenti, protette.

Il progetto “ultimo miglio” mira a far emergere e a risolvere le contraddizioni interne alle applicazioni e ai sistemi informativi delle amministrazioni pubbliche con un approccio dal basso, semplificando e reingegnerizzando le procedure dei singoli procedimenti amministrativi e testando la qualità dei dati e delle informazioni pubbliche per estrarne il massimo del valore.

Un esempio di “ultimo miglio” è la possibilità, attraverso Anpr, l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente, non solo di richiedere e ottenere on-line 14 certificati anagrafici ma anche di permettere a ciascuno di verificare e modificare, direttamente via web, i propri dati anagrafici, di cambiare il domicilio o la residenza, di interagire con un’anagrafe finalmente integrata. Altre iniziative, nel quadro del progetto “ultimo miglio”, possono essere completate nei prossimi mesi: il domicilio digitale, l’identità digitale (Spid) per i minorenni, la piattaforma per le notifiche, che manderà in pensione le notifiche cartacee rendendo digitali le comunicazioni tra Pubblica amministrazione e cittadini.

Ulteriori traguardi da raggiungere riguardano la piena digitalizzazione dei Suap (Sportelli unici per le attività produttive) e dei Sue (Sportelli unici per l’edilizia), prevista dal Pnrr per offrire realmente a cittadini e imprese un’interfaccia unica, a prescindere dalla suddivisione delle competenze tra amministrazioni diverse.
Sono tutti esempi di una digitalizzazione che non distrugge il lavoro svolto negli ultimi anni, ma si realizza in modo virtuoso attraverso la semplificazione delle procedure amministrative e l’interscambio automatico dei dati, finalmente possibile grazie a una governance chiara. Gli ambiti potenziali di azione sono innumerevoli, dato che le amministrazioni pubbliche operano secondo decine di migliaia di procedure e procedimenti. Dall’utilizzo dei dati sanitari a quello dei dati anagrafici, dalle banche dati della giustizia a quelle della motorizzazione civile, dalla previdenza alla sicurezza sul lavoro, il patrimonio informativo delle pubbliche amministrazioni è un’immensa miniera di piccole e grandi opportunità di semplificazione. Il nostro compito è coglierle, senza indugi.

Per concludere, non esistono formule magiche, ma esistono momenti magici. Quello che sta vivendo l’Italia, dal punto di vista della crescita economica dopo la crisi legata alla pandemia, lo è. Perché non si tratti soltanto di una congiuntura astrale favorevole, di un attimo fuggente, ma di una reale e duratura modernizzazione del Paese a partire dalla Pubblica amministrazione, servono il massimo impegno e la massima collaborazione, a tutti i livelli. Occorre lo “sforzo corale” a cui ha fatto appello il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Non più solo macchie di leopardo. L’Italia deve correre, unita, senza lasciare nessuno indietro. Adesso si può, non è più solo un sogno. Come recita il vecchio detto, “quando si sogna insieme è la realtà che comincia”.

Fonte: Huffpost.it

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