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La transizione ambientale passa anche attraverso la transizione digitale della PA

Con un aggiornamento del portale che gestisce il sistema del permitting ambientale si farebbe un salto di qualità tecnologico che porterebbe beneficio al Mase, alle Commissioni competenti, ai proponenti e a tutto il pubblico interessato. Senza un euro di spesa in più per i contribuenti.

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Con il pieno e convinto appoggio sin dall’inizio del Ministro Pichetto Fratin, si avvia a vedere nelle prossime settimane i primi risultati concreti il lavoro svolto in questi mesi dal Mase, dalle due Commissioni ministeriali deputate a svolgere la valutazione ambientale e da Invitalia (l’operazione è seguita con attenzione anche da Bernardo Mattarella in prima persona, che approfitto per ringraziare), per il salto di qualità nella digitalizzazione di questi specifici procedimenti autorizzatori. Con l’obiettivo non soltanto di renderli più semplici, ma anche di velocizzarli.

Già oggi, il portale accessibile dal sito del Ministero è il cuore pulsante del sistema del permitting ambientale. Al tempo stesso, infatti, custodisce i voluminosi flussi documentali di cui si nutrono, potremmo dire, la valutazione di impatto ambientale (Via) e la valutazione ambientale strategica (Vas), e consente la loro pubblicità e la loro consultazione (anche da parte delle due Commissioni ministeriali).
L’assetto odierno ha fondamentalmente tre limiti, che riassumono le ragioni per le quali si passerà al nuovo portale. Il primo limite, è rappresentato dal fatto che il portale è stato progettato diversi anni fa, quando erano vigenti altre normative sulle procedure autorizzatorie, sicché – per quanto ad esempio riguarda l’informazione – in parte offre informazioni che non sono più così essenziali, in parte non dice ancora cose che servirebbe che dicesse.

Il secondo limite, comprovato dall’effetto “pesante” dell’azione di hackeraggio subita lo scorso anno (ha infatti paralizzato i processi autorizzativi per mesi), attiene alla circostanza che gli standard di sicurezza necessari per assicurare continuità di funzionamento del portale (e integrità documentale) debbono rimanere costantemente elevati ed elevabili, e questo dipende anche dall’età della tecnologia impiegata. Il terzo limite, infine, è rappresentato dalla necessità, ancora oggi, di compiere una serie di operazioni intermedie, che sono tuttavia agevolmente evitabili con un portale più avanzato, così da da dirottare il lavoro umano oggi ancora indispensabile per compierle (ad es., caricamento manuale, documento per documento) su altre funzioni, a iniziare dalla trattazione, nel merito, dei dossier in esame.
Si tratta di fattori di freno che vanno superati, dando più spazio e più ruolo al portale, come centro gravitazionale del sistema.

L’operazione non costerà oltretutto neppure un euro di finanza pubblica, perché le risorse per finanziare anche questa spesa (come tutte quelle che attengono alla valutazione di impatto ambientale) saranno attinte dalle tariffe versate dai proponenti che richiedono la Via (lo scorso anno, circa 29 milioni di euro in totale), esattamente come prevede la legge.

Il salto di qualità sarà non solo sugli effetti di backoffice (che metteranno Ministero e Commissioni nella condizione di poter fare di più), ma anzitutto nella circolazione delle informazioni. Non soltanto i proponenti e tutto il pubblico interessato potranno avere maggiori informazioni e in tempi molto veloci, ma saranno possibili anche effetti utili oggi da un punto di vista concreto non praticabili. Penso, ad esempio, alla possibilità di favorire una maggiore armonia di azione – sul delicato terreno degli impatti cumulativi fra più impianti insistenti su una stessa area o su aree confinanti – fra le decisioni di competenza delle Commissioni statali per la valutazione di impatto ambientale e quelle di competenza invece delle corrispondenti strutture operanti nelle regioni e nelle province autonome. L’asimmetria e l’asincronia fra le rispettive azioni dipende, in non poca parte, da un deficit informativo.

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