HomeMercato finanziario

Ricostruzioni/ La prima speculazione al ribasso sui titoli italiani? Nel 1866

Il Regno d’Italia nacque grazie ai capitali stranieri e agli ingenti investimenti delle banche private e pubbliche francesi e inglesi, dai Rothschild di Parigi agli Hambro di Londra. Che dettarono, indirettamente, la politica economica del neonato Stato

Ricostruzioni/ La prima speculazione al ribasso sui titoli italiani? Nel 1866

Spesso si pensa che le speculazioni internazionali sul debito italiano siano un fatto recente, un effetto della perdita della sovranità finanziaria a

Giappone partner strategico, anche per gli 007 italiani?
Apple: in Italia il settore ha creato 85 mila posti di lavoro
Giappone. Startup in vetrina all’Italian Innovation Day di Tokyo

Spesso si pensa che le speculazioni internazionali sul debito italiano siano un fatto recente, un effetto della perdita della sovranità finanziaria a opera dell’Unione europea. Eppure, se si vanno a spulciare i documenti della collana storica della Banca d’Italia, curati da Marcello Cecco, con la consulenza di Carlo Cipolla, eminenti storici dell’economia, si scopre che il Regno d’Italia nacque grazie ai capitali stranieri e agli ingenti investimenti delle banche private e pubbliche francesi e inglesi, dai Rothschild di Parigi agli Hambro di Londra, che dettarono indirettamente, la politica economica del neonato Stato.

Il 9 gennaio 1863, Quintino Sella, si recò in Francia e scrisse al ministro delle finanze Marco Minghetti sui colloqui avuti con il suo omologo francese e alcuni banchieri di Parigi (i Rothschild e i Péreire del Crédit Mutuel), per la negoziazione dei prestiti all’Italia. Il Belpaese non aveva ancora un proprio intermediario credibile, che potesse collocare il debito sovrano sui mercati internazionali e Parigi sarebbe restata, fino al 1914, la piazza più importante per le transazioni internazionali dell’Italia.

La sottoscrizione degli antenati dei Btp, offriva ai risparmiatori stranieri, ma anche italiani, rendimenti particolarmente allettanti. Le cartelle da 100 lire della Rendita italiana, così veniva chiamata, venivano offerti in borsa a 70, 60 lire o anche meno, e su di essi lo Stato italiano assicurava un interesse del 5%, che si traduceva poi, spesso, nel 9 o 10%, o anche più, quando sui principali mercati finanziari del tempo, i debiti degli Stati garantivano appena il 3-3,5%. Nulla di nuovo sotto il sole.

Ma tornando ai colloqui esplorativi, James Rothschild fece notare a Sella di essere rimasto offeso dall’esclusione dell’affare per la costruzione delle Ferrovie Meridionali, affidato l’anno prima alla Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali del conte Pietro Bastogi, che era stato ministro delle Finanze dal 1861 al 1862.

Rinsaldati i rapporti con i Rothschild, il Governo italiano, attraverso la Banca Nazionale (l’antenata della Banca d’Italia), negoziò nel 1865 un prestito di 418,7 milioni di lire, per 33 milioni di Rendita al 5%, al prezzo di 66. Ma l’anno dopo, nel 1866, accadde l’evento funesto. La crisi finanziaria che si abbatté sulla capitale inglese, con il fallimento della Joint Stock Discount Company e della Barned’s Bank of Liverpool e l’aumento dei tassi da parte della Banca d’Inghilterrra, contagiò la finanza europea.

A esserne vittima furono anche i titoli del debito pubblico italiano. I titoli della Rendita italiana, che a marzo erano quotati a 63, a giugno crollarono a 37. E fu sempre James Rothschild a darne conto, in una lettera al suo rappresentante in Italia, il 25 aprile 1866, svelando le speculazioni al ribasso del concorrente Crédit Mobilier, altro collocatore per il servizio del debito, che fecero crollare il corso della Rendita italiana a Parigi, con le vendite che raggiunsero, in un solo giorno, i 9 milioni di franchi. Sembra un déjà vu, di un passato non troppo lontano.

Ma James Rothschild, non fu irritato soltanto per le speculazioni del suo concorrente, quanto per le intenzioni del Governo italiano di indebitarsi ulteriormente per il riarmo nella guerra contro l’Austria, attraverso un nuova richiesta di prestiti esteri con altri istituti bancari. Il rapporto debito pubblico/pil allora era pari al 96%. E allora le minacce si fecero più esplicite; prima fece un sermone sulla necessità di allontanarsi dai mercati finanziari internazionali, il peso totale degli interessi pagati su Rendita italiana all’estero, superava il 44% del totale, poi aggiunse una minaccia esplicita e solenne: “se il Governo, attratto dalla prospettiva di un prestito facile, diventasse complice di questi detrattori del suo stesso credito, vi dichiaro nella maniera più formale che io, che ho patrocinato in Francia i titoli italiani, ripudierò apertamente ogni nuova relazione con l’Italia e mi rifiuterò d’ora in avanti di assolvere all’incarico del pagamento delle cedole del debito italiano, giacché non voglio che ricchi redditieri possano rimproverare alla mia Casa, d’aver appoggiato col suo nome e col suo credito, in cambio di una commissione di banca, un debito svilito e sproporzionato rispetto alle forze dello Stato. Vogliate dunque incontrare il ministro e spiegarvi con lui su queste diverse questioni”.

Nel 1866, di fronte al rischio del disastro finanziario, il Governo italiano fu costretto, per ripagare i propri debiti, a stampare moneta e a dichiarare il corso forzoso, cioè l’inconvertibilità delle banconote in oro.

Fonte: Milano Finanza

Commenti