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Tutti i costi della ripresa

L’ingovernabile complessità della logistica in crisi globale |

Tutti i costi della ripresa

La logistica mondiale è in crisi, e si teme che possa mettere a repentaglio la ripresa. Non basta limitarsi al colore, narrando delle centin

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La logistica mondiale è in crisi, e si teme che possa mettere a repentaglio la ripresa. Non basta limitarsi al colore, narrando delle centinaia di navi portacontainer che ciondolano per settimane al largo di Los Angeles e di New York in attesa di entrare in porto, delle montagne di container in attesa di essere caricati sui camion e delle centinaia di migliaia di autisti di mezzi pesanti che mancherebbero dappertutto, dalla Gran Bretagna all’Italia.

Mancano i container per le spedizioni: ovvio, perché moltissimi sono fermi, pieni di merce ancora in attesa di consegna. Salgono i noli per la ripresa subitanea delle richieste di trasporto, dopo che migliaia di navi e i relativi equipaggi sono stati abbandonati per via della crisi: si fa groupage per risparmiare. Invece di ordinare il carico per un intero container, diventato troppo costoso, lo si condivide con altri e così si ripartiscono i costi di spedizione: ma questo sistema complica il processo distributivo allungando i tempi di recapito. D’altra parte, il trasporto oceanico è già concentrato da tempo su navi enormi, di cui si ripartisce il carico per le destinazioni marittime successive con il transhipping: se si abbattono i costi sulle lunghe percorrenze, va bene per l’ordinazione di grandi quantitativi e lo stoccaggio successivo, quando sono poco influenti i tempi brevi di consegna. Quando si fa groupage e si ordina solo la merce che serve nell’immediato, i tempi di consegna sono importanti.

Ci sono altri tre fattori da considerate: uno congiunturale, uno strategico ed uno sistemico. Il primo è rappresentato dalle scorte: per quanto riguarda l’Italia, si sono assottigliate sia nel 2019 che nel 2020, mentre quest’anno si assiste ad un consistente aumento, per la  ricostituzione. E’ un fenomeno fisiologico, che però si accompagna alla ripresa dei consumi, sovraccaricando il sistema logistico.

C’è poi il processo di stoccaggio precauzionale, volto a preservare la continuità della produzione rispetto agli imprevisti che mettono a repentaglio il processo just in time: lo shock che risale alla crisi di produzione dei chip in Giappone, dopo lo tsunami che colpì la centrale nucleare di Fukushima, si è ripetuto con l’intraversamento nel Canale di Suez della portacontainer Evergreeen, una delle più grandi al mondo, bloccando in soli nove giorni ben 400 altre navi rimaste in coda. La concentrazione a Taiwan della produzione mondiale di chip, combinata con la generalizzata politica di creazione di scorte, sta mettendo sotto pressione i soggetti industriali di minori dimensioni, che vengono penalizzati quanto a tempi, costi e quantità di forniture: se si passa dal ciclo just in time alla costituzione di scorte strategiche, si fa insostenibile il sovraccarico rispetto alla normale capacità produttiva di chip.

 

Ciò che è ancora più rilevante dal punto di vista sistemico è la tendenza alla chiusura dei grandi centri commerciali, dove con un unico viaggio un consumatore fa più acquisti: se ogni singolo oggetto comprato via e-commerce viene consegnato al suo domicilio con una singola consegna, il sistema logistico non regge. C’è da dire poi che anche le grandi piattaforme di e-commerce non lavorano più solo con propri giganteschi magazzini, ma che sono diventate anche meri intermediari rispetto ai fabbricanti e agli stessi rivenditori che aggiungono un canale di vendita ulteriore rispetto al negozio fisico. Anche un singolo pacchetto di merce da pochi euro viene ormai confezionato direttamente, magari in Cina, per essere consegnato al destinatario in Italia: i tempi e la complessità di gestione di queste spedizioni sono esorbitanti.

Sulla stessa portacontainer ci sono dunque container a migliaia, che hanno destinazioni e destinatari diversi: allo stesso tempo, ci sono merci necessarie alla produzione immediata, altre destinate al riassortimento del magazzino, ed ancora al semplice recapito al consumatore finale.

Ecco che, essendo stato ottimizzato per ragioni di costo il trasporto oceanico sulla base delle sole dimensioni, i costi e la complessità della distribuzione di merci così eterogenee sono stati ribaltati sui porti, sui centri logistici e soprattutto sui conducenti dei mezzi di trasporto su strada: sono loro l’anello finale, da cui dipende il risultato. Corrono, disperati, da un destinatario all’altro.

Mettere ordine a posteriori, dopo aver caricato tutto alla rinfusa, è la sfida organizzativa della logistica, del sistema commerciale, dei trasporti terrestri: la mancanza di container disponibili per le spedizioni e di conducenti di mezzi pesanti per trasporti e consegne è il segnale del livello di congestione raggiunto: ad alcuni potrebbero non arrivare in tempo le palline colorate per addobbare l’albero di Natale; ad altri i componenti indispensabili per mandare avanti la produzione in fabbrica. Detto così, è più chiaro.

Fonte: Milano Finanza

 

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