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5 tecniche utilizzate dalle società per manipolare i costi ed aumentare artificialmente il profitto. Come può difendersi l’investitore?

I costi del conto economico possono essere manipolati dal management per aumentare artificialmente il profitto.

5 tecniche utilizzate dalle società per manipolare i costi ed aumentare artificialmente il profitto. Come può difendersi l’investitore?

Perché e in che modo le società quotate possono aumentare artificialmente il profitto? Il dato societario maggiormente considerato dagli invest

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Perché e in che modo le società quotate possono aumentare artificialmente il profitto?

Il dato societario maggiormente considerato dagli investitori è l’utile del periodo riportato dalla società nel
conto economico.

Agli utili societari è strettamente correlato l’andamento del titolo nel breve periodo.

Non è un mistero, quindi, che il management presti molta attenzione a tale dato e si adoperi alacremente alla fine di ogni trimestre, pur di riportare al pubblico degli osservatori finanziari/investitori un utile societario positivo, eccedendo talvolta i limiti della correttezza contabile, o addirittura in casi estremi della legalità.
Varie sono le tecniche utilizzate dal management aggressivo per aumentare artificialmente il profitto.

L’investitore non è, però, del tutto indifeso.

Esistono, infatti, degli strumenti di analisi che permettono di rilevare le tecniche per aumentare artificialmente il profitto ben prima che la situazione societaria possa precipitare.

L’investitore in grado di rilevare anomalie contabili e valutare la qualità degli utili sarà anche in grado di orientare con maggiore ponderazione le proprie scelte d’investimento.

Quali sono le tecniche utilizzate per aumentare artificialmente il profitto?

Le tecniche utilizzate dal management per aumentare artificialmente il profitto sono rivolte alla manipolazione del fatturato o alla manipolazione dei costi.
Vari sono i metodi utilizzati dal management per gonfiare in maniera più o meno lecita il fatturato.

Ognuna di queste tecniche, comportando un aumento del fatturato, di riflesso si riverbera positivamente anche sul profitto, che risulterà così anch’esso accresciuto artificialmente.

Fortunatamente per l’investitore esistono delle tecniche per riconoscere il fatturato autentico da quello fittizio.

In questo articolo ci soffermeremo sulle principali tecniche manipolative che pur non incidendo direttamente sul fatturato sono in grado di far aumentare artificialmente il profitto societario attraverso la manipolazione dei costi.

Per un’illustrazione completa delle tecniche di manipolazione del bilancio e degli strumenti di analisi per scovarle rimandiamo al testo di recente pubblicazione Come individuare le manipolazioni di bilancio per limitare il rischio dell’investimento”.

Le principali tecniche per aumentare artificialmente il profitto sono le seguenti:

Accrescere il profitto utilizzando attività non ricorrenti

I manager più aggressivi possono essere tentati, specie quando la società versi in cattive acque e rischi di non raggiungere gli obiettivi di periodo, di manipolare i costi facendo apparire una entrata non ricorrente e straordinaria come derivante dall’attività caratteristica e ordinaria al fine di gonfiare l’Ebit a parità di risultato netto del periodo.

Nel valutare lo stato di salute attuale e le prospettive di una società, gli analisti pongono maggiore attenzione al profitto derivante dall’attività caratteristica, riflesso dal risultato operativo (EBIT), piuttosto che al risultato netto del periodo.

Questo perché il risultato netto può essere impattato positivamente o negativamente da profitti o perdite occasionali, non ricorrenti, che non essendo ripetibili nel tempo vengono rimossi dalle assunzioni degli analisti, per stimare le potenzialità della società.

Isolare il profitto derivante dall’attività operativa o caratteristica della società, al netto di eventuali componenti derivanti da eventi straordinari che possono verificarsi nel singolo esercizio finanziario, permette all’analista di fare stime previsionali più appropriate e attendibili, circa il futuro andamento della società nel tempo, utilizzando dati maggiormente omogenei e paragonabili tra loro.

I manager delle società quotate conoscono perfettamente come operano gli analisti e, quindi, hanno bene in mente la loro attenzione sull’EBIT.

Un risultato netto di periodo al di sotto delle aspettative può essere meglio tollerato dagli analisti e dal mercato se accompagnato da una tenuta o addirittura un incremento del risultato operativo di periodo e ancor più dell’Ebit margin.

Le tecniche utilizzate per manipolare i costi si possono far rientrare in due categorie.
La prima prevede l’utilizzo di un’entrata straordinaria per abbattere i costi operativi ed aumentare artificialmente il profitto.

La seconda consiste nel trasformare un’entrata non ricorrente in una ordinaria.
Entrambe le tecniche consentono di manipolare la corretta contabilizzazione dei costi ed accrescere l’Ebit a parità di Risultato netto.

Un esempio significativo di utilizzo di un’attività non ricorrente per manipolare i costi operativi ci è fornito dall’indagine che la SEC ha condotto in danno della Cardinal Health, società attiva nella fornitura di servizi e prodotti sanitari.

Attraverso una delle sue filiali, Cardinal Health era stata coinvolta in un contenzioso contro alcuni produttori di vitamine, da cui era risultata vincitrice ottenendo un risarcimento di $ 10 milioni.

I dirigenti della Cardinal Health hanno registrato una parte dell’indennizzo ottenuto in via giudiziale, al fine di colmare il divario degli utili di periodo rispetto a quelli che erano stati previsti per il secondo trimestre dell’esercizio 2000-2001.

Senza la impropria classificazione dell’indennizzo di $ 10 milioni come riduzione del costo delle vendite, Cardinal Health non avrebbe raggiunto il consensus medio degli analisti sulla stima dell’EPS e avrebbe mancato la propria guidance di crescita dell’EPS del 20% rispetto al medesimo trimestre dell’anno finanziario precedente.

Spostare i costi dall’esercizio corrente in un periodo successivo

La capitalizzazione, ovvero il differimento delle spese, è una delle tecniche di manipolazione dei costi più utilizzate dalle società.

Capitalizzare un costo significa non considerare il costo come un componente del conto economico di competenza, ma considerarlo come un elemento del capitale della società.
Non sempre, però, un costo può essere capitalizzato. Perché sia possibile è indispensabile che possa riflettere la propria utilità anche negli esercizi successivi.

Attraverso politiche di capitalizzazione aggressive, le società fanno figurare le spese del periodo corrente come attività aumentando artificialmente il profitto del periodo corrente.
Tali attività, o spese differite, vengono quindi ammortizzate come spese negli esercizi successivi, gravando pertanto su quei periodi con spese che avrebbero dovuto invece essere registrate in precedenza.

In altre parole, la società registra in modo errato taluni costi nello stato patrimoniale come attività (ovvero capitalizza i costi), invece di spesarli immediatamente nel conto economico.

Questo metodo permette in sostanza di convertire le spese correnti, che ovviamente abbatterebbero gli utili del periodo, in attività; cosi operando, la società è in grado di esporre nel conto economico del periodo corrente utili maggiori manipolando i costi.
La distinzione chiave tra queste attività e le spese sta nella tempistica, ovvero, nel momento in cui faranno conseguire il beneficio alla società.

Ad esempio, supponiamo che un’azienda acquisti una polizza assicurativa di durata biennale.

All’inizio, l’intero importo rappresenta un beneficio futuro e sarà quindi classificato interamente come un’attività.

Dopo che la società avrà beneficiato della copertura assicurativa per il primo anno, la metà dell’importo continuerà ad essere esposta come attività, mentre l’altra andrà spesata (esposta quindi in conto economico).

Alla fine del secondo anno, l’importo residuo andrà cancellato dalla voce attività e andrà esposto anch’esso in conto economico.

Capitalizzazione dei costi pubblicitari

Capitalizzare costi pubblicitari piuttosto che spesarli può impattare in maniera significativa sugli utili del periodo.

Un management aggressivo può essere incentivato ad applicare in maniera inappropriata la contabilizzazione di questi costi per aumentare artificialmente il profitto del periodo.

Le regole contabili impongono che le spese pubblicitarie debbano essere registrate quando siano sostenute ovvero la prima volta che la pubblicità abbia avuto luogo.

Una società dovrebbe scegliere uno di questi due metodi per il riconoscimento delle spese pubblicitarie e darne relativa comunicazione nella propria relazione finanziaria.

Un’eccezione al requisito generale per la spesa in pubblicità sussiste per i costi sostenuti per la pubblicità a risposta diretta, che possono essere esposti in bilancio come attività.

I costi della pubblicità a risposta diretta, il cui scopo principale è quello di stimolare le vendite ai clienti in relazione ai quali si può dimostrare che in passato abbiano risposto in modo specifico alla pubblicità, possono essere capitalizzati se si prevede che la pubblicità potrà comportare benefici futuri al business della società, come occorso già in passato.

Tuttavia, per poter capitalizzare tali costi debbono sussistere persuasive evidenze storiche che consentano la formulazione di una stima attendibile delle entrate future che possano essere ottenute dalle spese pubblicitarie incrementali.

In mancanza, anche i costi della pubblicità diretta dovranno seguire le regole generali ed essere quindi spesati nel momento in cui dovessero essere sostenuti.

L’investitore accorto deve valutare se una parte del profitto riportato è dovuto alla capitalizzazione dei costi pubblicitari e non frutto dell’attività caratteristica; se quindi la società ha semplicemente posticipato l’esposizione di spese da correnti a periodi futuri, sottostimando le spese correnti a beneficio degli utili del periodo, ma a detrimento di quelli futuri.

Fonte: Affari di borsa.com

 

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