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Petrolio: balza e guarda al Kazakistan

Prezzo del petrolio avanza, spinto dai venti di guerra in Kazakistan e altri fattori che stanno colpendo l’offerta di greggio. Perché le tensioni ai confini con la Russia sono un fattore da osservare.

Petrolio: balza e guarda al Kazakistan

Prezzi del petrolio in aumento: si sta prolungando il rally della sessione precedente, soprattutto a causa dell’escalation dei disordini in Kazakistan

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Prezzi del petrolio in aumento: si sta prolungando il rally della sessione precedente, soprattutto a causa dell’escalation dei disordini in Kazakistan e delle interruzioni dell’offerta in Libia.

Il greggio ha concluso il concluso il 2021 su basi solide poiché l’introduzione dei vaccini ha aiutato le economie a riaprire aumentando la domanda di energia e consentendo all’OPEC+ di mantenere i suoi graduali aumenti mensili della produzione.

Ora si stanno accumulando una serie di fattori sul lato del’offerta che supportano i guadagni. Sullo sfondo, inoltre, continua l’allerta Omicron, con la strategia zero-Covid della Cina a minacciare la domanda di oro nero.

Petrolio in corsa per questi motivi

Alle ore 15.07 circa, la quotazione Brent scambia a 82,63 dollari al barile con un rialzo dell’2,26% e i futures WTI sono in aumento dell’2,88% a 80,09 dollari al barile.

Il petrolio, quindi, sta avanzando sulla scia di crescenti timori che il cartello OPEC+ non riesca a fornire abbastanza combustibile richiesto dalla domanda in crescita.

Il gelo in Canada e negli Stati Uniti settentrionali sta interrompendo i flussi di petrolio, causando un’impennata dei prezzi proprio mentre diminuiscono le scorte americane.

Non solo, si guarda con apprensione all’evolversi delle tensioni in Kazakistan, scoppiate per il caro-gas. La Russia ha inviato i paracadutisti nella nazione per aiutare a sedare la rivolta divampata in tutto il Paese. Da sottolineare che lo Stato kazako produce 1,6 milioni di barili di petrolio al giorno e potrebbe trovarsi in difficoltà se la situazione precipita nella violenza.

In più, la produzione di petrolio libico è diminuita di oltre 500.000 barili al giorno a causa della manutenzione degli oleodotti e della chiusura dei giacimenti petroliferi. In Libia, membro dell’OPEC, l’estrazione diminuita di circa il 40% a causa anche dei disordini delle milizie, mentre la Russia non è riuscita a incrementare la produzione il mese scorso.

Pressato da una domanda vista in ripresa e da incognite sull’offerta, il petrolio sta guadagnando.

Previsioni sul greggio: il focus è sull’offerta

JP Morgan ha commentato i recenti sviluppi con questa nota riportata da Reuters:

“Il nostro caso di riferimento ora presuppone che l’alleanza [OPEC] eliminerà completamente i restanti 2,96 milioni di barili al giorno di tagli alla produzione di petrolio entro settembre 2022”

Con i segnali di una domanda che resiste alla variante Omicron, le scorte basse e la crescente vulnerabilità del mercato alle interruzioni dell’offerta, ci sarà necessità di più barili dall’OPEC+ secondo la banca.

JP Morgan prevede che i prezzi del Brent raggiungeranno una media di 88 dollari al barile nel 2022, rispetto ai 70 dollari dell’anno scorso.

Fonte: Money.it

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