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La guerra commerciale fra USA e UE costa caro al Made in Italy

La guerra commerciale fra USA e UE costa caro al Made in Italy

Dopo il formaggio e i salumi potrebbe essere la volta del vino. In seguito alla disputa Airbus i dazi americani continuano a colpire le eccellenze

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Dopo il formaggio e i salumi potrebbe essere la volta del vino. In seguito alla disputa Airbus i dazi americani continuano a colpire le eccellenze del Made in Italy. A scadenza semestrale, le black list americane da metà febbraio si allargherebbero ad altri prodotti fra cui l’olio e la pasta.

La guerra commerciale fra Stati Uniti ed Europa continua. Il tutto è cominciato con il sì del WTO ai dazi americani per un valore di 7,5 miliardi di dollari sulle merci Ue, delle contromisure per il danno causato dai sussidi europei ad Airbus. Una vicenda ben lontana dai vigneti italiani e più in generale dall’agroalimentare Made in Italy. Ad aggravare l’escalation la digital tax sui colossi di internet in Francia.

I vignaioli italiani lanciano l’allarme, la Coldiretti denuncia conseguenze devastanti per il Made in Italy nel caso i dazi aumentassero fino al 100%. Per un approfondimento sugli effetti dei dazi americani Sputnik Italia ha raggiunto Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere e Nicola Cesare Baldrighi, presidente di Origin Italia (Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche).

Danni per il Made in Italy

— Giovanni Mantovani, quali sono i danni dei dazi americani per i prodotti italiani?

— Prevalentemente l’impatto più importante ha riguardato i formaggi. Con un valore dell’import dall’Italia verso gli Stati Uniti di circa 230 milioni di dollari, i dazi hanno comportato un onere di 57 milioni di dollari circa. Poi vi è il settore della frutta, noi esportiamo negli Stati Uniti un valore di 6 milioni di dollari, il valore del dazio è di circa 1 milione e mezzo. Le carni lavorate valgono 54,7 milioni di dollari con un controvalore dei dazi di 13 milioni di dollari. Per le conserve e i succhi di frutta esportiamo 16 milioni circa e i dazi sono 4 milioni. I liquori e cordiali rappresentano 163 milioni di export e abbiamo registrato 40 milioni di dazi. Parliamo quindi di un totale di circa 120 milioni di dollari, un impatto significativo.

Timori per il vino italiano

— Il prodotto italiano più esportato negli Stati Uniti è il vino, che potrebbe in futuro rientrare nella prossima black list americana. Di che danno si tratterebbe?

— Per il momento il vino è rimasto fuori, ne esportiamo per un valore di un miliardo e 800 milioni. Abbiamo visto l’effetto che hanno avuto i dazi sui vini francesi, si tratta di una riduzione del valore dell’export di oltre il 36%. Stiamo seguendo questa vicenda con grande attenzione, perché il vino per l’export ha un immenso valore. Ha un grande valore però anche dal punto di vista del prodotto interno americano, perché molte aziende importatrici di vini italiani sono basate nelle Stati Uniti. È un problema anche da un punto di vista occupazionale. C’è stata infatti una sorta di petizione da parte di molti importatori americani che vorrebbero evitare un ulteriore inasprimento delle relazioni commerciali fra Stati Uniti e Europa.

— Come ha reagito il settore vinicolo italiano alla notizia di possibili dazi contro il vino italiano?

— Negli ultimi mesi il vino italiano ha avuto un effetto positivo perché l’export è cresciuto del 10%, essendo calata la Francia. Il timore è che arrivi una misura contro tutti i prodotti vinicoli europei. I segnali che ci sono stati nei recenti incontri di Davos fanno respirare un clima un po’migliore nei rapporti fra Europa e Stati Uniti. L’iniziativa intrapresa da chi opera in America nel settore vinicolo lascia sperare che no ci siano ulteriori dazi. Il danno nel caso del vino sarebbe molto rilevante. Auspichiamo che ci sia un segnale di apertura e di crescita. Con i produttori vinicoli americani c’è stata sempre una collaborazione molto positiva, ci sono aziende americane che hanno investito in Italia e compagnie italiane che hanno investito negli Stati Uniti. In questo settore abbiamo relazioni molto buone.

L’Europa non ha la possibilità di trattare

Sputnik Italia ha raggiunto per un’intervista in merito alla guerra dei dazi Nicola Cesare Baldrighi, presidente di Origin Italia.

— Dopo il formaggio arriva una nuova black list dove potrebbero finire altre eccellenze italiane come il vino, l’olio e la pasta. Nicola Cesare Baldrighi, sarebbe un prezzo salatissimo per il Made in Italy, giusto?

— Indubbiamente quanto più si allarga questa questione più i danni sono rilevanti. Soprattutto considerando che non c’è modo di coprirsi e tutelarsi, perché queste decisioni sono prese all’ultimo momento senza un minimo di preavviso. C’è l’impossibilità da parte degli operatori di prendere contromisure.

— Tutto comincia con una vicenda nel settore aeronautico, lo scontro fra Boeing ed Airbus. Alla fine a pagare il conto sono i prodotti italiani e i consumatori. Una storia paradossale, non crede?

— Tutta la questione deriva dal fatto che l’Unione Europea ha sostanzialmente perso la causa davanti al WTO. L’Europa non ha la possibilità di trattare. La cosa anomala della vicenda è che la modalità con la quale la Comunità deve corrispondere all’ammenda la decide il vincitore della causa. Sarebbe molto più ragionevole se a deciderlo fosse chi deve pagare.

— L’Italia ha appoggiato gli Stati Uniti nella vicenda delle sanzioni alla Russia dovendo poi subire l’embargo russo e ora si ritrova nel mirino del proprio alleato americano.

— L’Europa ha sempre mantenuto un rapporto di grande collaborazione con gli Stati Uniti. Qui però è in corso una vera e propria causa fra i due colossi dell’aeronautica, noi l’abbiamo persa e dobbiamo pagare la multa. C’è poco da fare. Le due situazioni hanno origini diverse, è evidente però che subiamo danni su entrambi i fronti: abbiamo pagato nei confronti del commercio con la Russia, ora subiamo i dazi che gli americani stanno usando con grande tattica. Gli Stati Uniti sono andati a colpire i vari prodotti scegliendoli con grande cura fin dall’inizio: i formaggi per l’Italia, il vino per la Francia, l’olio per la Spagna.

Possibili scenari

— Diceva che gli operatori non hanno tutele, ma che cosa si può fare concretamente in questa situazione?

— L’Unione Europea sta cercando di tenere stretti i rapporti con gli Stati Uniti, la settimana scorsa il Commissario per il Commercio Estero Hogan ha parlato con il suo corrispondente americano proprio di questi argomenti. A breve, entro aprile, dovrebbe esserci una sentenza opposta che invece dovrebbe dare ragione all’Unione Europea, per cui gli americani saranno costretti a pagare una multa. Questa svolta potrebbe riequilibrare la situazione e permettere all’Unione Europea di trattare su questo argomento con gli Stati Uniti ad armi pari.

— Sanzioni e contro sanzioni, dazi…viviamo nell’epoca delle guerre economiche dove si combatte a colpi di black list?

— Certo, è così. A questi dazi dobbiamo anche aggiungere il problema dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Anche questa è una grande incognita che potrebbe svilupparsi sul fronte di dazi e sanzioni.

Le misure americane contro l’Europa hanno una revisione semestrale. La prossima revisione sarà a metà febbraio. Noi abbiamo chiesto all’Unione Europea e al nostro Paese di controbattere a queste decisioni finanziando intense campagne promozionali. Con la promozione e l’attività di comunicazione potremmo in parte compensare l’effetto negativo che subiamo in virtù del rialzo dei prezzi. Le attività promozionali restano nel tempo, mentre la misura dei dazi è temporanea. Una volta esaurito il debito questi dazi scompariranno. La miglior difesa è l’attacco.

Fonte: https://it.sputniknews.com/intervista/202001298583870-la-guerra-commerciale-fra-usa-e-ue-costa-caro-al-made-in-italy/

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