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Una malformazione scoperta in Etiopia e poi la cura in Italia

Una malformazione scoperta in Etiopia e poi la cura in Italia

E' una storia difficile e a lieto fine quella, del bambino etiope di tre anni e mezzo Ananiya, a cui è stata diagnosticata una malformazione cardiaca,

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E’ una storia difficile e a lieto fine quella, del bambino etiope di tre anni e mezzo Ananiya, a cui è stata diagnosticata una malformazione cardiaca, chiamata la Tetralogia di Fallot. A salvare la vita al piccolo è a scoprire la malattia, è stato un medico italiano pediatra, Giuseppe Gregori, durante una missione in Etiopia, con l’ associazione umanitaria Michele Isubaleu. Al rientro in Italia, il Dott. Gregori e il suo staff si sono preparati per portare l’ attrezzatura necessaria per poter salvare il piccolo, con un cardiochirurgo pediatrico, in grado di eseguire la complicata operazione e attivare la rete organizzativa per portare Ananiya e la mamma in Italia per l’ intervento.

In tutto il corno d’ Africa, non è arrivato nessun volontario, per aiutare il piccolo affetto dalla malformazione, anche a causa della situazione caotica in Sudan, che purtroppo altrimenti, nel giro di pochi anni, non lascerebbe scampo e il piccolo potrebbe morire.

Così la troupe medica piacentina, si è mossa per permettere al bambino e alla sua mamma, muovendosi in pochissimo tempo per ottenere biglietti aerei, passaporto, visto dall’ ambasciata Addis Abeba.

Alla madre è stato promesso anche, un mediatore culturale etiope, per poterla sostenere, durante la lunga degenza post- operatoria del piccolo.

Il 3 luglio, dopo tutte le difficili pratiche burocratiche da smaltire sua madre e Ananiya, sono atterrati all’ aeroporto di Milano Malpensa, e poi insieme alcuni membri dell’ associazione, sono andati diretti all’ Ospedale Cuore di Massa. Dopo, tutti gli accertamenti del caso, il 10 luglio il piccolo è stato operato con un intervento durato 8 ore e finalmente dopo, una degenza in terapia intensiva il bambino si è svegliato il 27 luglio, è a incominciato a sorridere, ringraziando l’ equipe medica e i volontari per quello che hanno fatto.

A cura di Monica Origgi

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