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Etiopia: sceglie il percorso “verde”

Questo febbraio l’Etiopia ha stretto un accordo da 40 milioni di dollari con la Banca Mondiale che prevede, entro l’anno 2030, una riduzione delle emissioni di anidride carbonica attraverso una gestione più sostenibile e consapevole del patrimonio boschivo del Paese, il quale prevede una lotta alla deforestazione e alla degradazione del suolo adibito all’agricoltura. Il tempo a disposizione è poco e nel caso in cui non si dovesse ottenere una riduzione della CO2 entro la scadenza, la nazione africana non otterrà il finanziamento pattuito. La chiave del successo, secondo il Governo etiope, sta nella regione dell’Oromia; qui la cattiva gestione del sistema agricolo ha provocato in passato enormi danni all’ambiente, ma negli ultimi anni il progetto “Oromia Forested Landscape Program” ha rivoluzionato il modo di coltivare rendendolo più ecocompatibile. Ora tutta l’attenzione e le speranze sono concentrate qui, nella zona più verde dell’Etiopia.

Etiopia: sceglie il percorso “verde”

Fonte: Geopolitica.info (Caricato da Monica Origgi) Cosa prevede l’accordo Il concordato firmato dall’Etiopia va ad inquadrarsi all’interno del

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Fonte: Geopolitica.info (Caricato da Monica Origgi)

Cosa prevede l’accordo

Il concordato firmato dall’Etiopia va ad inquadrarsi all’interno del più ambizioso progetto all’attivo dal 2013 della Banca Mondiale, denominato BioCarbon Fund Initiative for Sustainable Forest Landscapes (ISFL) e indirizzato a qualunque nazione decida di integrarlo nelle proprie politiche ambientali.
L’ISFL si muove lungo più direttive: da una parte si pone come obiettivo la riduzione dell’effetto serra – una delle principali cause dell’innalzamento delle temperature globali – dall’altra si cerca di limitare il rilascio dell’anidride carbonica nell’atmosfera, altro fattore chiave implicato nel cambiamento climatico. Il fine ultimo è quello di perseguire questi risultati senza impattare eccessivamente sull’apparato economico del Paese in questione, cercando alternative ecocompatibili le quali includono il rimboschimento delle aree forestali e l’impiego di un modello agricolo capace di far fronte alla situazione climatica mutevole, sostenuto quest’ultimo da un utilizzo ottimale del suolo che non ne causi l’impoverimento nel tempo mantenendo così la resa stabile.
Il raggiungimento di una quantità di emissioni inquinanti ideali è agevolato da un meccanismo di incentivazione: l’ISFL garantisce la fornitura di assistenza e supporto alle comunità coinvolte che si traduce in una forma di finanziamento indirizzato sia verso il settore pubblico che quello delle aziende private operanti in Etiopia; queste ultime, secondo le direttive stabilite dalla Banca Mondiale, sono libere di proporre partnerships volte a valorizzare e rafforzare la sinergia del progetto.  Una volta dotati di sistemi di monitoraggio, in base all’Emission Reductions Purchase Agreement – un ulteriore contratto che prevede una concessione di denaro proporzionata alle tonnellate di CO2 emesse – si passa alla fase di revisione durante la quale verrà stanziato un pagamento diviso in tranches commisurato ai risultati raggiunti in termini di riduzione. In caso di mancato raggiungimento dei punti prefissati, il finanziamento verrà interrotto finché i valori non verranno riportati nella norma.

Oromia, il banco di prova

La scelta della regione Oromia come test dell’ecosostenibilità etiope non è stata dettata dal fatto che da sola fornisce il 45% di tutta la produzione agricola del Paese, ma soprattutto dal suo passato travagliato. Tra il 1970 e il 1980 circa, l’11% delle foreste etiopi è stato abbattuto a causa della politica agricola estensiva adottata dallo Stato, la quale mirava ad ampliare il più possibile il terreno coltivabile per fare spazio alle piantagioni della principale fonte di guadagno del Paese, il caffè. Così le fattorie sono cresciute di numero e si sono espanse portando ad un disboscamento incontrollato aggravato successivamente dalla costruzione di nuove infrastrutture destinate a potenziare l’apparato economico dell’Etiopia; nel giro di pochi anni, più di 100mila chilometri quadrati di foresta sono stati convertiti in piantagioni di caffè. A questo va ad aggiungersi un altro fattore critico, la crisi alimentare, che a causa del clima è spesso ricorrente nella regione. A tale problema si è sempre cercato di sopperire incrementando i terreni coltivabili con il conseguente abbattimento delle aree verdi.
Durante il ventennio 2001-2021, secondo Global Forest Watch, il territorio dell’Oromia ha assistito ad una perdita del 4.5% di aree forestali, equivalenti all’incirca a 350mila ettari – un risultato che seppur negativo resta contenuto – nonostante abbia inevitabilmente portato, durante questi anni, ad un aumento delle emissioni di CO2 stimabile attorno alle 105millioni di tonnellate, un numero che, malgrado l’aspetto negativo, lascia intendere che nell’ultimo periodo le misure di contenimento e controllo sono state impiegate con efficacia.

La rivoluzione dei metodi di coltivazione
Arrestare la deforestazione richiede non solo di sostenere alte spese, ma anche di trovare un nuovo equilibrio economico poiché bisogna differenziare il prodotto e trovare nuovo spazio nel mercato. Infine, la collaborazione con i produttori locali diventa strettamente necessaria per la riuscita della transizione. Per venire incontro a queste necessità, l’ISFL ha lanciato nel 2017 il progetto Oromia Forested Landscape Program (OFLP) attraverso il quale ha fornito ai coltivatori nuovi strumenti e somministrato corsi di formazione finalizzati all’apprendimento di tecniche di coltivazione che permettono di mantenere la resa stabile senza il bisogno di ampliare i terreni a danno del manto forestale. Ulteriori campagne di sensibilizzazione alla problematica hanno coinvolto anche gli abitanti, tanto che è divenuta usanza comune piantare un nuovo albero per ogni albero che viene tagliato.
L’impatto ambientale delle piantagioni di caffè, coltivate nelle aree forestali, è minore . Ne risulta così un prodotto caratteristico con potenziali guadagni per il quale le grandi aziende importatrici offrono un compenso maggiore incentivandone così la produzione, con i lavoratori che non devono più ricorrere ai metodi del passato. Questo nuovo equilibrio che si sta raggiungendo sottolinea l’importanza che il Governo di Addis Abeba sta dando all’obiettivo di rendere entro il 2030 l’economia etiope più verde e soprattutto resiliente al cambiamento climatico.
Il progetto non si ferma qui, dato che i migliori risultati in termini di riduzione dell’impatto della CO2 si raggiungono ampliando il manto forestale in quanto questo assorbe il diossido di carbonio attraverso il processo di fotosintesi. Così, un ulteriore incentivo fornito consiste in un pagamento di 5$ per ogni tonnellata di emissioni ridotte verificata entro il 2029, quando il progetto sarà prossimo alla fine.

Il futuro sempre più green
L’Etiopia ha davanti a sé una grande sfida. Infatti, è la prima volta che l’ISFL fornisce una ricompensa per la riduzione delle emissioni e i risultati del Paese africano potrebbero influenzare le future modalità di approccio alla risoluzione del problema, garantendo anche ad altre nazioni la possibilità di estensione di questo sostegno economico.
Addis Abeba dovrà dimostrare entro il 2030, scadenza del termine massimo, di essere stata in grado di ridurre di almeno 4 milioni di tonnellate la propria produzione di C02; una cifra alta, ma non un obiettivo irraggiungibile. Dall’implementazione dell’OFLP, come affermato dal coordinatore del progetto Taye Dhugaasa, sono stati piantati oltre 207mila ettari di foresta ed è stato risparmiato all’ambiente l’emissione di 23 milioni di tonnellate di agente inquinante.
In caso di successo, l’80% della cifra verrà destinata alle associazioni che hanno preso parte e contribuito attivamente al progetto. Il denaro verrà quindi investito nello sviluppo della regione, migliorando le strutture scolastiche, quelle ospedaliere e, in generale, le infrastrutture. Il restante andrà nelle casse dello Stato come sostegno economico alla crescita.
Nonostante l’intenso disboscamento avvenuto in passato, l’Etiopia è cambiata. Essa è riuscita a sviluppare una nuova strategia per la conservazione del patrimonio boschivo e un nuovo modo di produrre, dimostrando che la svolta green non solo rappresenta una valida alternativa, ma al momento anche l’unica perseguibile che riesca a coadiuvare, almeno nel lungo periodo, le scelte economiche con quelle ambientali.

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