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Italia ancora in ritardo per la creazione di nuove imprese

Forse è un problema di burocrazia e incentivi. I dati non sono incoraggianti, soprattutto se confrontati con paesi a noi vicini

Italia ancora in ritardo per la creazione di nuove imprese

Recentemente si sta dando molta attenzione agli investimenti in nuove imprese. Ma, per poter investire, Venture Capital e Business Angel devono trovar

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Recentemente si sta dando molta attenzione agli investimenti in nuove imprese. Ma, per poter investire, Venture Capital e Business Angel devono trovare startup su cui abbia senso investire. E purtroppo la crescita del numero di nuove imprese in Italia non è ancora tornata a livelli pre-pandemia.

Nei paesi più sviluppati c’è stata e probabilmente continuerà una contrazione degli investimenti a causa in particolare dell’aumento dei tassi di interesse e della flessione delle borse. Ci sarà anche in Italia questa flessione? O il nostro paese continuerà la lentissima rincorsa ai volumi di investimenti almeno di Francia e Germania? Considerati i legami con la finanza internazionale difficilmente si potranno evitare conseguenze anche da noi. Ma è anche vero che il nostro Paese ha diverse risorse inespresse e, in particolare sui round di finanziamento più piccoli, potrebbe continuare una crescita verso standard internazionali.

Tutto questo però solo se continueranno a nascere un numero significativo di nuove imprese. I dati purtroppo non sono incoraggianti, soprattutto se confrontati con paesi a noi vicini. Nel primo trimestre del 2022 i dati Infocamere dicono che c’è stata addirittura una contrazione del numero di imprese (per la ripresa delle cessazioni) e che il tasso di crescita non è ancora ai livelli pre-pandemia. Anche nel 2021, nonostante la crescita rispetto al difficile 2020, il numero di nuove imprese ha mantenuto un gap con il 2019 e con il decennio precedente.

Questi numeri si riferiscono a tutte le tipologie di imprese e non solo a quelle con maggiori aspirazioni di crescita (startup). Ma il trend italiano è in forte contrasto con quello di altri paesi con cui dovremmo confrontarci.

In un recente articolo, l’Economist segnala che in molti paesi OECD, nel quarto trimestre del 2021, il numero di imprese di nuova costituzione, è stato superiore del 15% rispetto alla media precedente alla pandemia. Come riportato già mesi fa dal The New York Times, un rinnovato interesse per l’imprenditorialità è particolarmente forte negli Stati Uniti (+25% di nuove imprese rispetto al 2019).

Sono tanti i motivi di questa crescita. Ci sono sempre più esempi positivi, più formazione e più supporto per la crescita di nuove imprese. Ci sono nuove opportunità imprenditoriali legate ai cambiamenti sociali ed economici (es: decongestionamento delle città, nuove forme di mobilità, nuova attenzione all’ambiente e all’energia, streaming online di intrattenimento e formazione di qualsiasi tipo, vendita online e delivery di qualsiasi cosa). Ci sono nuove tecnologie, servizi e pratiche che rendono più semplice far partire una nuova impresa anche con capitali ridotti (es: cloud services, no code e low code, lavoro in remoto, freelance anche internazionali a distanza di un click, bandi e agevolazioni). C’è sempre più consapevolezza che la vita è breve e che ha senso avere il coraggio di provare a realizzare le proprie aspirazioni.

Tutte queste considerazioni valgono anche per l’Italia. Come mai quindi il minor tasso di crescita? I dati dicono che non è un problema localizzato: il Mezzogiorno è l’area del Paese che registra nel 2021 il maggior numero di nuove imprese. Forse è un problema di burocrazia: è ancora troppo costoso e faticoso creare nuove organizzazioni. Forse è un problema di incentivi: con il PNRR stanno arrivando tante risorse a organizzazioni e istituzioni esistenti che assumono (temporaneamente) persone che forse avrebbero potuto creare nuove realtà. Probabilmente c’è un problema di attenzione: non è sufficiente guardare investitori e investimenti, serve anche favorire la nascita di nuove imprese.

Fonte: Huffpost.it

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