Può apparire una ovvietà, ma nel nostro Paese non lo è per le istituzioni e per una parte non trascurabile dei media che ancora cercano di negare, ad
Può apparire una ovvietà, ma nel nostro Paese non lo è per le istituzioni e per una parte non trascurabile dei media che ancora cercano di negare, ad esempio, la correlazione tre la produzione dell’ex Ilva e il tasso di tumori sopra la media della città di Taranto. La mortalità legata ai tumori “supera la media nazionale soprattutto quando l’inquinamento ambientale è maggiore”, anche se si tratta di zone in cui le abitudini di vita sono “più sane”: è quanto emerso da uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment, con cui sono stati analizzati i “legami tra la mortalità per cancro, i fattori socio-economici e le fonti di inquinamento ambientale in Italia, sia su scala regionale che su scala provinciale, tramite un approccio basato sull’intelligenza artificiale”. A condurre la ricerca è stato un team di scienziati delle Università di Bologna e Bari nonché del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, arrivati alla conclusione che la riduzione e la prevenzione della contaminazione ambientale debba essere “una delle principali azioni prioritarie da mettere in campo nella dura lotta contro i tumori”.
Prendendo in considerazione 35 fonti di inquinamento ambientale, è infatti emerso che la qualità dell’aria è al primo posto per quanto riguarda l’associazione col tasso medio di mortalità per cancro. Nello specifico la qualità dell’aria – insieme ad altri fattori quali l’estensione delle aree coltivate e l’uso di pesticidi – è risultata “fortemente correlata ai tumori dell’apparato gastrointestinale”, mentre è emerso che l’estensione delle aree urbane è “legata ai tumori del sistema respiratorio” e che i siti da bonificare sono “maggiormente associati ai tumori dell’epidermide e del sistema nervoso”. Anche altre fonti di inquinamento ambientale, però, sono risultate essere rilevanti per la mortalità legata ad alcuni tipi di cancro: le acciaierie, ad esempio, si sono rivelate una “fonte comune” dei tumori dell’apparato urinario, mentre una combinazione di fattori come la qualità dell’aria, la densità dei veicoli e l’esposizione a pollini e fertilizzanti allergenici sembra contribuire in modo importante alla mortalità legata ai tumori del sistema riproduttivo femminile.
Per quanto concerne poi le aree in cui la mortalità connessa ai tumori raggiunge i livelli più alti, è emerso che per le persone che vivono nelle regioni del Nord Italia – dove i livelli di inquinamento sono molto elevati – vi è un “eccesso di mortalità per cancro significativo rispetto a quelle che vivono nelle regioni meridionali”, nonostante le condizioni di salute migliori (fumano meno e sono meno in sovrappeso), il reddito più elevato, il maggiore consumo di alimenti di origine vegetale rispetto a quelli di origine animale e la più facile accessibilità all’assistenza sanitaria. Si tratta dunque di “buoni indizi, anche se preliminari, per cui un migliore stile di vita e una maggiore attenzione ai problemi socio-economici e sanitari possono ridurre solo in parte il rischio di morire di cancro nell’intera popolazione se la qualità dell’ambiente in cui si vive viene sottovalutata”. Del resto, anche i risultati emersi a livello provinciale sono alquanto coerenti con quelli relativi alle regioni, essendo stato riscontrato un “SMR (Rapporto di Mortalità Normalizzato) più elevato (come media decennale dei tumori maligni) nelle province centro-settentrionali rispetto a quelle meridionali”. Precisamente, la provincia di Lodi è al “primo posto per mortalità legata ai tumori maligni su 107 province italiane”, ed è seguita dalle province di “Napoli, Bergamo, Pavia, Sondrio, Cremona, Gorizia, Caserta, Brescia e Piacenza”: in pratica al Sud, oltre alla provincia di Napoli al secondo posto, solo quella di Caserta rientra nelle prime 10.
È per tutti questi motivi, dunque, che gli studiosi chiedono di rivedere le priorità della ricerca sul cancro e della sua cura, concentrandosi sulla riduzione e sulla prevenzione della contaminazione ambientale. Infatti, seppur i ricercatori riconoscano che anche fattori come la dieta e l’obesità sono “fattori chiave” nello sviluppo di tumori – e che “in molti casi non sono correlati alle scelte individuali ma alla classe sociale e alla povertà” – sottolineano altresì che la qualità dell’ambiente circostante è fondamentale. Al momento, però, specifica lo studio, tali evidenze “non sono sempre state seguite da governi e istituzioni, che ancora non portano avanti la ricerca sulle connessioni ambientali del cancro”.
Fonte: Indipendente.online