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Kazakistan: la fine della crisi, ora il paese è più libero dal vecchio regime

Kazakistan: la fine della crisi, ora il paese è più libero dal vecchio regime

Si avvia a conclusione l’incendio scoppiato in Kazakistan e appare sempre più evidente che ad andare in cenere sia stato il sistema di potere ancora i

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Si avvia a conclusione l’incendio scoppiato in Kazakistan e appare sempre più evidente che ad andare in cenere sia stato il sistema di potere ancora in piedi dell’ex padre padrone Nursultan Nazarbayev. Se avevate dubbi che fosse in corso un regime change, considerate solo che tutti gli uomini dell’ex presidente sono agli arresti con l’accusa di alto tradimento, che lui stesso non appare in pubblico da molti giorni e che le figlie Dinara e Aliya sono riparate all’estero. Quest’ultima pare abbia portato con sé nel suo buen ritiro londinese la bellezza di 300 milioni di dollari. È prevedibile che il Kazakistan in futuro chiederà conto al Regno Unito dei suoi rapporti con l’ex satrapo.

Le accuse al vecchio regime

Negli ultimi due giorni Tokayev, finalmente libero dalle catene del vecchio leader, ha parlato alla pancia della nazione sottolineando le cattive condizioni in cui il suo predecessore ha lasciato il Paese con molte persone abbandonate in uno stato di disoccupazione e insicurezza sociale. Questo fatto significa, a suo dire, che c’è bisogno di un rinnovamento qualitativo delle politiche sociali e del lavoro. È, inoltre, necessario rafforzare quantitativamente e qualitativamente la Guardia Nazionale formando nuove divisioni nelle regioni e rafforzando quelle già esistenti. Tokayev ha anche ventilato la possibilità di creare un fondo sovrano del Kazakistan costringendo i funzionari corrotti a consegnare denaro per evitare procedimenti giudiziari.

Ultimo ma non meno importante, è stato proprio l’attacco al Comitato per la sicurezza nazionale, accusato di aver abbandonato gli edifici governativi senza impegnarsi nello scontro con i “terroristi stranieri”, nonostante avessero una quantità sufficiente di armi, lasciando dette armi e molti documenti proprio ai rivoltosi. Il Comitato per la sicurezza nazionale – ha detto il presidente – poteva e non voleva dare una valutazione accurata di questa insurrezione, ma non ha voluto vedere le minacce critiche alla sicurezza nazionale.

Crisi seria con Mosca?

L’Agenzia federale russa per gli affari con la Comunità degli Stati indipendenti ha definito Askar Umarov, il nuovo ministro dell’Informazione e degli affari sociali, un russofobico e ha dichiarato che non intende collaborarvi. Né è benvenuta la sua visita al cosmodromo di Baikonur, in territorio kazako, secondo il capo dell’agenzia spaziale russa Roskosmos Rogozin. Calca la mano in modo pensante anche Sergey Markov, analista politico vicino al Cremlino, definendo il nuovo ministro un “russofobico radicale”, termine che nel lessico dei nazionalisti russi precede quello di nazista, per qualificare il nemico.

L’accusa contro Umarov è di essere un apostolo della necessità di allontanare la coscienza kazaka dalla “russificazione” di fatto avvenuta in epoca sovietica e anche dopo.

Il ritiro della missione CSTO è già cominciato

il segretario generale della CSTO ha notificato a Tokayev l’inizio del ritiro delle truppe entro il termine indicato dalla presidenza kazaka. Ad Almaty si è tenuta la cerimonia di conclusione della missione militare della CSTO. Il ministero della Difesa bielorusso ha comunicato la fine della missione dell’esercito bielorusso in Kazakistan. Il loro ritiro è iniziato oggi e si concluderà entro 10 giorni. I soldati kirghizi del contingente CSTO torneranno in Kirghizistan domani, 14 gennaio.

Fino a due giorni fa Mosca parlava del termine della missione in termini più generici: Il ministro della Difesa russo Shoigu aveva sostenuto che le forze di pace della CSTO avrebbero completato la loro missione in Kazakistan solo dopo la completa stabilizzazione della situazione del Paese.

Fonte: Difesaonline.it

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