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Come un neolaureato di Harvard raggiunge mezzo milione di click

Come un neolaureato di Harvard raggiunge mezzo milione di click

Nel discorso che lo ha reso famoso, il giovane Livingston ricorda la sua insegnante di scuola che gli diceva: «Donovan, dobbiamo trovare il modo di sf

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indexNel discorso che lo ha reso famoso, il giovane Livingston ricorda la sua insegnante di scuola che gli diceva: «Donovan, dobbiamo trovare il modo di sfruttare questa tua energia in eccesso». Era «il lungo tempo» in cui si sentiva «in un buco nero» , ora gli sembra di toccare «le stelle». Donovan Livingston ha 29 anni, si è appena laureato da Harvard e il video del suo discorso alla cerimonia dei diplomi è diventato virale, più di 500mila visualizzazioni, cinque volte più di quello di Steven Spielberg che in giacca e scarpe da tennis veniva dopo di lui.

Come un piccolo presidente, Livingston parla di istruzione strumento per abbattere le diseguaglianze sociali e razziali, uno dei temi più cari ai leader democratici, dal Clinton degli anni Novanta che predicava l’alfabetizzazione in giro per gli stati del sud alle pagine sull’importanza di un efficiente sistema scolastico dell’«Audacia della speranza» di Barack Obama. Il successo di Livingston sembra però più figlio di quella energia che ha trovato il modo di uscire e farsi conoscere al mondo, uno speech hip hop con la spinta ideale del primo Obama ma soprattutto il ritmo di Kendrick Lamar, rapper suo coetaneo che ha vinto sette Grammy cresciuto in quella Compton, California, in cui è nato anche Straight Outta Compton, film rivelazione dell’estate scorsa sulla storia degli N.W.A. gruppo rap di fine anni ottanta, sfondo la rabbia di una periferia in cerca di riscatto.

È un momento in cui i giovani americani vedono prospettive peggiori dei loro genitori e nonni, non godono della ripresa dell’occupazione decantata dai numeri, vivono con l’incubo di non poter rimborsare il prestito con cui hanno finito l’università; alcune ricerche sostengono che non credono neanche più al capitalismo, molti si innamorano del settantenne democratico Bernie Sanders e rimangono alla larga da Clinton. In questo quadro il discorso di Livingston fa almeno bene all’umore, non foss’altro perché è già musica. Sempre sullo sfondo però rimane la questione razziale che non è migliorata ma si è acuita nonostante otto anni di un afroamericano alla Casa Bianca, osservano molti. Sono stati gli anni degli scontri a Ferguson, le morti di molti giovani neri nei sobborghi, le tensioni con la polizia persino a New York, la nascita del movimento Black lives matter, adesso gli insulti di Trump, cortei di protesta e squadre antisommossa.

Come spesso accade, gli anni di crisi sono anche i periodi in cui si sprigiona l’energia di cui parlava la professoressa di Donovan: la questione razziale ispira Ta-Nehisi Coates che scrive il celebrato Between the World and Me, si impone nel mondo intellettuale newyorkese la scrittrice di orgine nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie, sguardo acuto sul tema delle origini; le ragazze in metro a New York portano tutte i boccoli della nera Beyoncè che alla finale dell’ultimo Super Bowl fa uno show ispirato alle Pantere nere che scatena polemiche perché secondo alcuni la politica deve rimanere fuori dallo stadio. Livingston vola un po’ più in alto come l’omonimo gabbiano, anche più del maestro Spielberg che incita i neolaureati a «individuare un nemico», forse retaggio del baby boomer che per fortuna non sembra interessare al neoleader millennial, parte della Rete ringrazia.

Fonte: ilsole24ore.com

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