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Sostenibilità e moda, in rapido aumento i brand che sperimentano nuovi materiali bio

Secondo il rapporto di Material Innovation Initiative sono almeno 150 i marchi già al lavoro con startup che hanno iniziato a produrre materiali di nuova generazione

Sostenibilità e moda, in rapido aumento i brand che sperimentano nuovi materiali bio

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Sono appena terminate le sfilate di New York, sono in pieno svolgimento quelle di Londra e subito a seguire arriveranno quelle di Milano e Parigi. Si tratta di centinaia di presentazioni che preludono all’apparizione di altrettante nuove collezioni femminili presto diffuse sui mercati di ogni parte del pianeta.

Dal backstage produttivo del fashion system arrivano questa volta notizie positive. È difatti in rapido aumento il numero di marchi moda che stanno sperimentando materiali di nuova generazione come la pelle di origine vegetale. Secondo il rapporto diffuso di recente da Material Innovation Initaitive si tratta di un cambiamento che ha il potenziale per ridurre tanto l’enorme flusso di rifiuti che la consistente quantità di carbonio immessa nell’atmosfera dalla catena produttiva di questo settore. Secondo i ricercatori di Material Innovation Initiative sono almeno 150 i marchi già al lavoro con startup che hanno iniziato a produrre materiali di nuova generazione.

Come è il caso MycoWorks, azienda californiana di biotecnologie che ha creato un nuovo materiale utilizzando il micelio. Con questo vocabolo i botanici indicano la fitta rete radicale all’origine dei funghi. Il materiale che MycoWorks ha battezzato Fine Mycelium imita l’aspetto e persino la sensazione tattile della pelle di origine animale. Per ottenerlo vengono ingegnerizzate cellule di micelio che crescono in strutture 3-D formando alla fine un prodotto, che ha la resistenza, la durata e le prestazioni della pelle tradizionale… ma al contrario della prima è completamente sostenibile.

Nel marzo 2021 Hermés un brand di prima linea nella moda ha proposto la sua borsa Victoria, costruita proprio con il Fine Mycelium di MycoWork. Altre pelli a base vegetale sono già in lavorazione. Ananas Anam crea un tessuto naturale chiamato Piñatex dalla fibra di foglie di ananas di e la messicana  Adriano Di Marti ha inventato Deserttex, un materiale derivato dai cactus utilizzabile tanto dall’industria della moda che da quella dell’arredamento.

Si tratta di materiali che certo non risolveranno i giganteschi problemi legati al carbon footprint delle produzioni di questo settore ma hanno comunque il potenziale per ridurne la gravità. Il loro impiego inoltre (e non è cosa da poco) indica una reale volontà di trasformazione da parte di chi ha cominciato ad utilizzarli.

Va infatti sgombrato il campo da un pregiudizio molto comune. Quello secondo cui i materiali di origine animale – utilizzati non solo dall’industria della moda, ma pure da quella dell’arredamento e delle automobili – siano semplicemente sottoprodotti dell’allevamento industriale destinato all’industria alimentare. Si tratta in realtà di un alibi: se è vero come è vero che la pelle risulta il secondo prodotto più redditizio dell’allevamento bovino, mentre per pellicce, seta e pelli esotiche (rettili, pesci o altro) è direttamente questo l’utilizzo più redditizio.

L’uso dei materiali di nuova generazione non a caso arriva in un periodo in cui scienziati e ricercatori stanno cercando di trovare soluzioni per il terribile impatto provocato dall’allevamento intensivo costituisce da solo oltre il 14 percento delle emissioni di gas serra del mondo. Nel 2021 molti produttori di materiali di origine vegetale hanno annunciato piani per aumentare la produzione, nonché il sostegno o la partnership con marchi  celeberrimi. Lo scorso ottobre Stella McCarthy ha presentato la sua borsa Mylo Frayme a base di micelio. Anche il gruppo del lusso Richemont (Alaia, Cartier, Chloé tra gli altri) si è mosso in questa direzione. E non è il solo: Adidas, ma pure da Gap, H&M e Patagonia stanno sperimentando. Nel settore automobilistico lo stanno facendo  Bentley, Mercedes, Bmw e Volkswagen. In quello dell’home design da Ikea.

Ralph Lauren lavora con Mirum, che produce un’alternativa alla pelle animale realizzata con sughero e materiali di scarto della startup statunitense Natural Fiber Welding, lo stesso materiale che sta sperimentando Porsche. Il mese scorso, Capri Holdings (Versace e Michael Kors, Jimmy Choo tra gli altri) ha acquisito una partecipazione del 30% in Adriano Di Marti.

Un primato spetta a Gucci che già lo scorso giungo ha presentato tre modelli sneaker confezionate con Demetra (dal nome della divinità greca che presiede alla natura), un’alternativa bio alla pelle bovina. Dopo la fase di lancio il marchio prevede di espandere il suo utilizzo nel 2022, addirittura di mettere a disposizione Demetra a utilizzatori esterni.

Siamo solo all’inizio di una trasformazione che richiederà impegno da parte di tutti, produttori e consumatori. Queste innovazioni offrono un aiuto concreto alla moda per decarbonizzare drasticamente il settore. Leggere il rapporto di Fashion for Good e Apparel Impact Institute pubblicato lo scorso novembre è da un parte una conferma della gravità della situazione e induce a dare un caldo benvenuto al crescente interesse riservato all’utilizzo delle nuove biotecnologie.

Fonte: Huffpost

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