Nell’anno 2100, se seguiamo le previsioni delle Nazioni Unite che raccolgono un buon consenso tra gli esperti, quasi 11 miliardi di umani potrebbero a
Nell’anno 2100, se seguiamo le previsioni delle Nazioni Unite che raccolgono un buon consenso tra gli esperti, quasi 11 miliardi di umani potrebbero abitare la Terra, tre miliardi in più degli attuali otto. Tre miliardi in più in 79 anni è un dato impressionante, ma sono bastati 36 anni ad aggiungere una cifra simile ai cinque miliardi raggiunti nel 1985. Infatti, il tasso d’incremento della popolazione del mondo è in continua flessione: il 2% l’anno mezzo secolo fa, meno dell’1% attualmente, all’incirca zero – si ritiene – verso la fine del secolo.
Un’altra conseguenza della pressione demografica è costituita dall’espansione di grandi aggregati umani: le grandi megalopoli con oltre 10 milioni di abitanti (cresciute da 10 a 33 tra il 1990 e il 2018), con il 7% della popolazione mondiale, producono il 13% dei rifiuti e consumano il 10% dell’energia, generando un inquinamento assai maggiore del loro impatto demografico ed economico.
Il processo di riscaldamento globale in corso, inoltre, può determinare la desertificazione di regioni aride, nelle quali vivono centinaia di milioni di persone dedite soprattutto all’agricoltura e alla pastorizia, generando pressioni negative sui livelli di vita e alimentando spinte migratorie.
Le pressioni demografiche sull’ambiente sono, perciò, molteplici; non tutte sono irreversibili; sono graduali nel tempo; esistono processi di adattamento e di difesa. “Gli abitanti della Terra del Fuoco, del Capo di Buona Speranza o della Tasmania in un emisfero, e delle regioni Artiche, nell’altra” – scrisse Darwin – “debbono essere passati per molti climi ed aver cambiato le loro abitudini molte volte, prima di raggiungere le loro dimore abituali”. Però, quando Darwin scriveva, la popolazione del mondo era un quinto dell’attuale, e le forze di adattamento per lui connaturate all’umanità potrebbero non bastare, oggi e nel nel futuro, a proteggerci dal deterioramento ambientale.
Fonte: Huffpost.it