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Usare il DNA per stampare in 3D nano-oggetti complessi: uno studio ci è riuscito

La tecnica è conosciuta, si chiama DNA origami, ma finora era difficile creare forme complesse. Ci è riuscito un software open source che con relativa semplicità può importare progetti dai programmi CAD più comuni.

Usare il DNA per stampare in 3D nano-oggetti complessi: uno studio ci è riuscito

Alla Duke University, in Arizona, sono in grado di realizzare origami di DNA complessi, cioè piccoli oggetti tridimensionali come vasi, ampolle, coni

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Alla Duke University, in Arizona, sono in grado di realizzare origami di DNA complessi, cioè piccoli oggetti tridimensionali come vasi, ampolle, coni e strutture cave in genere, composti da molecole di DNA e che un giorno potrebbero essere usati anche per la somministrazione di farmaci.

In senso generale, i ricercatori della Duke University non hanno inventato niente di nuovo. Gli origami di DNA sono conosciuti con questo nome dal 2006, grazie a un articolo pubblicato su Nature, ma la tecnica è nota dai primi anni 80 e consente di creare strutture su scala nanometrica utilizzando come mattoni le basi azotate del DNA che vengono incastrati secondo le regole di appaiamento dei nucleotidi già conosciute dalla scienza: A con T e C con G.

In generale, il metodo di creazione dell’oggetto attraverso la tecnica degli origami di DNA prevede la piegatura di lunghi pezzi di DNA a singolo filamento, composti da migliaia di basi, servendosi di alcune centinaia di filamenti di DNA più corti che si legano a sequenze complementari sui filamenti lunghi, fissandoli al loro posto come se svolgessero la funzione di spilli o graffette.

Finora però la tecnica permetteva di creare solo forme molto semplici e senza curve o rotondità.

Un CAD per DNA

La novità della Duke University, che è sfociata in uno studio pubblicato su Science Advances, è la capacità di creare forme complesse grazie a un nuovo software open source che permette di caricare progetti 3D realizzati con programmi CAD comuni, come SolidWorks, Blender, Autodesk Fusion 360, per citarne solo alcuni.

Il software si chiama DNAxiS e consente di caricare anche file di tipo STL. Una volta importato il progetto, DNAxiS lo interpreta secondo le regole di appaiamento delle basi azotate.

DNAxiS avvolge una lunga doppia elica di DNA in anelli concentrici che si impilano l’uno sull’altro per formare i contorni dell’oggetto, come se si usassero spirali di argilla per fare un vaso, e in un modo molto simile all’attuale stampa 3D (anche se avviene solo nel contesto dell’ambiente software). Per rendere le strutture più resistenti, il team di sviluppo del software ha reso anche possibile rinforzarle con strati aggiuntivi.

Una volta sintetizzati i filamenti e combinati in una provetta, il “composto” viene riscaldato e raffreddato, poi, nel giro di 12 ore, si ripiega nella nanostruttura di DNA così come è stata disegnata nel progetto 3D.

A riprova della bontà del software e della tecnica di realizzazione, gli studiosi hanno realizzato alcuni oggetti e li hanno fotografati con un microscopio elettronico. Ogni oggetto è così piccolo che più di 50.000 di essi potrebbero stare sulla punta di uno spillo.

La possibilità di creare forme geometriche curve e cave usando il DNA come materiale da costruzione, potrebbe consentire l’utilizzo di questi oggetti su scala nanometrica per somministrare farmaci, oppure per creare trappole per virus. La scienza sta ancora valutando le numerose possibilità degli origami di DNA.

Fonte: Dday.it

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