È la Food and agriculture organization (Fao) a mettere in luce l’importanza dell’automazione in agricoltura nel suo ultimo rapporto sullo St
È la Food and agriculture organization (Fao) a mettere in luce l’importanza dell’automazione in agricoltura nel suo ultimo rapporto sullo Stato dell’alimentazione e dell’agricoltura. Portare software, robot e internet delle cose nei campi e all’interno delle attrezzature agricole può contribuire enormemente a rendere la produzione alimentare più efficiente e sostenibile. D’altra parte, queste innovazioni devono essere accessibili ai piccoli produttori e ai giovani coltivatori per essere davvero il faro di sviluppo della produzione alimentare che il mondo cerca per il prossimo futuro. Infatti, la domanda globale di prodotti agricoli e alimentari crescerà del 50% entro il 2050, quando la popolazione mondiale sarà passata da 8 miliardi a poco meno di 10. Tecnologie innovative come quelle che il 5G renderà sempre più fruibili. Di fatto, robot, oggetti connessi e software di precisione sono strumenti ormai diffusi anche in Italia, come spiegano i dati dell’Osservatorio Smart Agrifood del Politecnico di Milano e del Laboratorio Rise dell’Università di Brescia:
Sono sempre i dati, nella loro misurazione e applicazione, a catturare l’attenzione degli agricoltori.
I software per l’agricoltura di precisione
“Abbiamo sviluppato una piattaforma che permette ai diversi attori coinvolti nelle filiere agroalimentari di amministrare tutti gli aspetti di una azienda agricola: dalla gestione delle macchine a quella delle coltivazioni, delle irrigazioni, della burocrazia, dei trattamenti”, spiega Matteo Vanotti, ad di xFarm. L’azienda è uno dei player in ascesa del mondo dell’agricoltura 4.0: l’ultima estate ha chiuso un nuovo round di finanziamenti da 17 milioni di euro. Attraverso la sua piattaforma digitale, oggi xFarm Technologies supporta e semplifica il lavoro di 130 mila aziende agricole estese su 1,8 milioni di ettari in oltre 100 paesi del mondo.
“La nostra piattaforma risolve anche il problema della frammentazione tecnologica, perché permette di gestire sia macchine non ancora digitalizzate, grazie a opportune integrazioni, che flotte con marchi diversi: tutto direttamente dall’app”, segue Vanotti. In questo modo gli agricoltori possono avere sempre sotto controllo, attraverso una piattaforma semplice e intuitiva, le proprie lavorazioni, gli indici vegetativi, le giacenze, le capienza dei silos, ma anche le caratteristiche degli appezzamenti per ottimizzare gli interventi in campo e ridurre l’impatto ambientale.
Applicazioni che dall’agricoltura arrivano anche agli allevamenti, come spiega Giovanni Pomella, direttore generale di Lactalis in Italia, uno dei clienti di xFarm: “Crediamo che solo ciò che è misurabile sia migliorabile. La digitalizzazione dei dati relativi ai principali parametri di una stalla, quelli che ruotano attorno al benessere animale e alla nutrizione delle bovine, migliorerà la qualità delle informazioni disponibili e potremo così condividere le soluzioni più opportune all’interno della filiera”.
Come integrare la forza lavoro nei campi? Attraverso l’uso della robotica, come spiega Roberto Minetto, ad di Hortobot. La sua azienda made in Italy, presentata durante l’edizione milanese di Smau (appuntamento di riferimento in Italia sull’innovazione e le startup) offre la prima soluzione al mondo di questo tipo per campi in pluricoltura. “Hortobot è un robot autonomo che ti permette di automatizzare alcuni processi in agricoltura: dalla preparazione del terreno alla semina fino al ciclo finito della coltura. La raccolta avviene in maniera collaborativa: il robot porta la persona, questa è seduta comodamente, usa comandi vocali e ha le mani libere per poterla effettuare”. Un robot progettato interamente dall’azienda, dalla meccanica all’elettronica.
Il complesso di Hortobot varia da 6 metri di larghezza iniziali fino ai 27 metri, per coltivare circa 200 metri di campi, coprendo quindi una fascia di quasi un ettaro. Il modello di base costa circa 60mila euro: si tratta di macchine che necessitano chiaramente di manutenzione (il costo è di circa duemila euro l’anno) ma che hanno una vita media di almeno 12 anni. “Il ritorno dell’investimento è pensato in 2 o 3 anni”, segue Minetto, che ci tiene a precisare: “Hortobot ha consumi energetici contenuti: circa 1 kWh per un impianto dai 6 ai 10 metri, ovvero quanto un phon. Siamo stati attenti a creare una soluzione non energivora, nonostante il progetto sia nato 4 anni fa quindi ben prima della crisi energetica che stiamo vivendo”.
Il 25 ottobre scorso, Cnh Industrial ha presentato nel suo centro di ricerca e sviluppo di Modena il Dynamic simulator, il primo simulatore a livello mondiale dedicato al settore agricolo e pensato per i trattori. Non è un caso che la presentazione sia stata fatta a Modena: l’Italia ricopre un ruolo importante per Cnhi, tanto che è al primo posto per numero di dipendenti (4.500) e ospita 4 stabilimenti di produzione (sui 10 in Europa).
In questo modo, non si producono prototipi inservibili e si risparmiano risorse nella messa in prova delle nuove macchine. Con vantaggi in termini complessivi a livello di sostenibilità. “Questo strumento ci farà risparmiare tanta emissione di CO2, tempo e guadagnare sicurezza per i lavoratori. Oggi per sviluppare trattori ci vogliono anni: con questo simulatore potremo ridurli, passando da una media di 5 a 2 anni. È una richiesta che arriva anche dalle nuove leve: i giovani farmer vogliono tecnologia nei campi”, spiega Carlo Alberto Sisto, presidente di Cnh Industrial per l’area Emea (Europa, Medio oriente e Africa). E aggiunge: “Questa tecnologia ha origine nel mondo automotive, e viene introdotta nel mondo agricolo per la prima volta in assoluto.
Fonte: Wired.it