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Banche, 4.900 comuni rimasti senza sportelli. Il calo delle filiali frena i prestiti

Banche, 4.900 comuni rimasti senza sportelli. Il calo delle filiali frena i prestiti

Più che di corsa agli sportelli, è tempo di caccia agli sportelli bancari. Per lo meno al sud Italia, dove ormai sono la metà in rapporto al

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Più che di corsa agli sportelli, è tempo di caccia agli sportelli bancari. Per lo meno al sud Italia, dove ormai sono la metà in rapporto alla popolazione rispetto al nord Italia. Parallelamente, le imprese meridionali scontano un costo del credito sensibilmente più alto. E’ l’allarme lanciato dall’Osservatorio sul Terziario di Manageritalia, che ha scattato una fotografia del sistema bancario italiano. Vediamo i dati nel dettaglio.

Quanti sportelli bancari ci sono in Italia e nel sud?

Secondo i dati di Manageritalia, nel 2021 le filiali bancarie sono scese da 23.481 di fine 2020 a 21.650 a fine 2021: ben 1.831 sportelli chiusi in un solo anno. La diminuzione ha riguardato tutte le regioni italiane e sono ben 4.902 i comuni della Penisola che non hanno neanche uno sportello bancario nei propri confini. Al sud, dove la presenza fisica degli istituti sul territorio era già molto ridotta, si conta la minore presenza pro-capite di sportelli, che sono concentrati solo nei grandi centri.

Nello stesso periodo in Italia gli sportelli sono scesi dai 48 ogni 100.000 abitanti del 2015 ai 35 nel 2021, con una maggiore densità nel nord-est, in cui nell’ultimo anno si contano ancora 49 sportelli attivi ogni 100.000 abitanti (ma erano 69 nel 2015).

A livello regionale, il fanalino di coda per numero di sportelli è la Calabria: 340 sportelli, ossia 18 ogni 100 mila residenti. In generale, a livello geografico il nord est e il centro sono caratterizzati in maggioranza da una copertura del territorio superiore all’80%, con picchi di oltre 90% in Emilia Romagna, Toscana e Trentino- Alto Adige.
Dall’altro lato le regioni  del sud e isole mostrano una copertura molto varia ma, in generale, più bassa, con una media del 50% di comuni coperti, tra il picco della Puglia all’80% e il Molise, in cui i 27 sportelli presenti riescono a coprire appena il 20% dei comuni mentre in Calabria, penultima regione per copertura territoriale, solo 127 comuni (il 31%) hanno almeno uno sportello bancario mentre ben 277 non ne hanno nemmeno uno. L’eccezione in questo caso è il Piemonte, quartultima regione d’Italia, in cui solo il 40% dei comuni ha almeno uno sportello, meno dell’Abruzzo e della media italiana che è del 58%. La provincia con il maggior numero di filiali è stata Trento (66 sportelli) e l’ultima Caserta (15).

Perché le banche hanno tagliato gli sportelli?

Sono numerose le ragioni dietro alla chiusura delle filiali degli istituti di credito. In primis l’avvento di internet e dell’home banking, che hanno spinto le banche a spostare online la maggior parte dei servizi offerti: tra il 2004 e il 2020 la quota di persone che utilizzano servizi bancari online in Italia è aumentata da meno dell’8% al 40%.

In secondo luogo, le banche non decidono di aprire gli sportelli in base al numero di abitanti, bensì in base all’attività economica delle imprese del luogo: questo spiega l’alto numero di istituti di credito nel nord est e che le chiusure abbiano riguardato soprattutto il sud.

Nel sud e nelle isole si osservano costi medi di finanziamento della liquidità più alti di oltre il 2% rispetto al nord e una minore disponibilità di credito in rapporto all’occupazione. Il costo dei prestiti per esigenze di liquidità (TAE) nelle regioni del nord e del centro è inferiore al 3,5% del finanziamento, mentre nelle regioni del sud il costo del credito arriva fino al 7%. Nel 2021 la differenza media fra i tassi richiesti nel nord-est e nel meridione è stata sopra al 2%, con tassi inferiori al 3% in Veneto e Trentino e superiori al 4% in Campania e Basilicata, vicini al 7% in Calabria, che vanta il triste record di regione più cara d’Italia per il costo dei finanziamenti bancari alle imprese.

Rimangono invece più contenuti gli spread territoriali sui prestiti connessi ad esigenze di investimento: a registrare un costo medio del credito più basso sono Lazio e Piemonte, verosimilmente grazie a dei grossi prestiti concessi alle aziende di grandi dimensioni che hanno sede nei capoluoghi di queste due regioni. Anche in questo caso, comunque, sono le imprese del nord-est a godere tassi medi inferiori rispetto alle altre macro-regioni, mentre le regioni del sud e le isole subiscono condizioni di finanziamento peggiori.

Le altre determinanti dietro le differenze del costo del credito a livello regionale sono anche la diversa percezione di rischiosità imprenditoriale da parte delle banche, che a sua volta dipende da: dimensioni aziendali, presenza o meno di ecosistemi imprenditoriali sviluppati, settore di appartenenza delle imprese.

Rispetto ai fattori segnalati da Manageritalia, segnaliamo anche una maggiore focalizzazione delle banche su servizi diversi dal credito, in quanto i bassi tassi hanno eroso i guadagni associati alle attività classiche di finanziamento. Una ricerca della Fabi (il sindacato dei bancari) ha attestato lo storico sorpasso avvenuto nel 2020 tra i ricavi da commissioni e quelli da prestiti. In proposito il sindacato dei bancari aveva sottolineato che “la distanza tra le percentuali, 50,5% contro 49,5%, sembra irrilevante, ma in realtà si tratta di un sorpasso storicamente importante che si riflette anche sulla clientela”.

Da ultimo, aggiungiamo che il sud Italia è più restio del nord Italia all’utilizzo dell’internet banking e del digitale in generale, per cui la possibilità che il credito bancario sia sostituito da soluzioni fintech è limitata.

Mario Mantovani, presidente di Manageritalia, ha concluso: “Un numero di sportelli ridotto e la scarsa presenza sul territorio degli istituti generano difficoltà di accesso al credito per le imprese e minori possibilità di creare un rapporto fiduciario forte e stabile tra banche e imprenditori. Anche il costo del credito al sud è un concreto ostacolo alla crescita economica, proprio dove ce ne sarebbe più bisogno. Al sud le banche alzano i tassi perché i rating aziendali sono bassi, ma le imprese affrontano costi troppo alti per i prestiti bancari e quindi hanno più difficoltà a investire. Un circolo vizioso che la dice lunga sulla difficoltà di fare impresa al Sud”.

 

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