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Covid, come stanno le banche italiane tra studio First Cisl e analisi di Repubblica

Covid, come stanno le banche italiane tra studio First Cisl e analisi di Repubblica

La salute delle principali banche italiane in tempo di Covid. First Cisl ha lanciato il tema pubblicando un dettagliato report del suo ufficio studi.

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La salute delle principali banche italiane in tempo di Covid. First Cisl ha lanciato il tema pubblicando un dettagliato report del suo ufficio studi. L’analisi è stata ripresa da vari organi d’informazione riportandone cifre e dati. La Repubblica, attraverso il supplemento settimanale Affari&Finanza, torna sull’argomento con un articolo di Andrea Greco dal titolo  “Le banche sono in salvo ma la tempesta deve ancora arrivare”.

“La peggior recessione dal Dopoguerra – si legge nel quotidiano romano – pressa i bilanci delle banche italiane al 30 giugno: ma neanche tanto. I dati di Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Ubi, Bper, Mps, che valgono circa metà del settore domestico e sono stati aggregati da Goldman Sachs, mostrano ricavi in calo attorno al 5%, utili operativi ridotti di un quinto, accantonamenti su crediti per 5,8 miliardi…”.

Il giornalista Andrea Greco riporta i contenuti dell’elaborato targato Ufficio studi First Cisl scrivendo che “i sindacati parlano di grande resilienza chiedendo ai datori di lavoro di andarci piano con i tagli, che hanno visto chiudere 500 filiali e l’uscita volontaria di 5 mila addetti nel primo semestre. In effetti – rimarca nel suo articolo Greco – l’analisi dei numeri non è così drammatica come farebbe pensare il tessuto economico, di cui le banche sono un volano (e una spia, essendo le più cicliche aziende del settore finanza). Tuttavia, banchieri, investitori, regolatori sanno che i bilanci non sono mai stati tanto distorti come oggi: dalle incerte previsioni macro, dalle misure pubbliche per agevolare il credito, dal rischio di ricadute pandemiche”.

La Repubblica dà un sguardo al futuro evidenziando come “quattro sono gli elementi che rendono arduo stimare le prossime perdite sui crediti. Il primo sono le moratorie. Ci sono, ai dati più aggiornati dell’Abi, 298 miliardi di euro di prestiti con rate sospese, e la sospensione è appena stata allungata dal 30 settembre al 31 gennaio 2021 (…) Quanto di questi 298 miliardi, circa un quinto dei prestiti ai privati italiani, sarà rimborsato l’anno prossimo? (…) Un secondo elemento vischioso, ma che mostra il peggioramento degli attivi bancari, sono le classificazioni dei “modelli interni” di ponderazione creditizia. A differenza delle ormai rigide classificazioni ufficiali stabilite da Bce e Ue, i modelli non sono omogenei perché customizzati per ogni istituto: quindi non ci sono serie storiche o comparazioni. Spulciando i data base di Intesa Sanpaolo e di Unicredit, però, si nota tra marzo e giugno un certo esodo dai livelli stage 1 (i migliori), a stage 2, che sono crediti ancora performanti ma sottoposti ad accantonamenti moltiplicati, perché chi deve rimborsarli opera nei settori merceologici più esposti; spesso peraltro sfrutta le moratorie”.

Nel suo elenco delle possibili criticità il giornalista Andrea Greco inserisce “i crediti garantiti dallo Stato: rapidamente lievitati agli attuali 82 miliardi, tra i minori coperti dal fondo Mcc e i maggiori di Sace. È un meccanismo di ripartizione delle perdite con l’Erario protagonista, e che fa crollare le serie storiche con cui le banche erogatrici prezzano l’attivo. Esempio: se lo Stato garantisce l’80% di una fascia di crediti, con un tasso di default elevato – poniamo il 15% – di quella perdita l’istituto si intesterà solo un 3%, il resto tocca al Tesoro. Così crollano gli accantonamenti e il consumo di capitale, anche perché sulla parte garantita dallo Stato la ponderazione per il rischio è nulla”.

Ultimo fattore, definito da la Repubblica “più tattico, è la beauty parade in corso tra diversi istituti nostrani. Intesa Sanpaolo per la chiusura in gloria dell’Opas su Ubi, Ubi per l’orgoglio e l’interesse a “vendersi bene”, Banco Bpm per la determinazione a non finire preda (come Ubi) aumentando il valore di scambio della sua carta depressa, Bper nello slancio di integrare le 532 filiali Ubi pensando a prossime fusioni, Popolare di Sondrio e Creval per parare eventuali scalate (…) Diversi banchieri italiani, insomma, sono intenti a mostrarsi in ghingheri, con poca voglia di prefigurare perdite future. Del resto la stessa vigilanza Bce da mesi consente il più grande lassismo contabile agli istituti europei: e altrove non si vedono casi di severità contabile, tolte le eccezioni delle spagnole Santander e Bbva o della britannica Hsbc, dove le svalutazioni si contano a miliardi ma sono legate all’esposizione globale”.

L’articolo di Repubblica sull’impatto dell’emergenza da Coronavirus sui bilanci delle big five bancarie italiane si conclude richiamando un’analisi , dell’Associazione italiana dei risk manager del settore finanza Airfim per la quale la crisi «avrà un impatto strutturale sui business model delle banche, e porterà a ripensare la metodologia di misura dei rischi e i loro processi di gestione».

Fonte : www.firstcisl.it

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