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Il Green Pass del ‘600 durante la peste manzoniana: un lasciapassare dalla Val Seriana

Il Green Pass del ‘600 durante la peste manzoniana: un lasciapassare dalla Val Seriana

Il governo Draghi non ha inventato nulla, se non una riproposizione di strumenti antichi, in chiave moderna, per tutelare la collettività (che per i n

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Il governo Draghi non ha inventato nulla, se non una riproposizione di strumenti antichi, in chiave moderna, per tutelare la collettività (che per i no vax fa rima con limitare la libertà, ma è un’altra storia). E così, se la storia torna quasi provocando un fremito quando si legge che la peste del 1630, in provincia di Bergamo, colpì soprattutto Nembro e Alzano, è sempre dalla Val Seriana, stavolta alta, che arriva un altro documento: la certificazione di una zona libera dal Male, o se si vuole semplificare, un green pass di allora.

A trovarlo è stato Gianpiero Crotti: instancabile pensionato di città che suona e fa ricerca con l’amico Valter Biella (volto noto, per esempio, tra gli appassionati di musica che hanno riscoperto il baghèt, l’antica cornamusa bergamasca) . «Pochi giorni fa stavo pensando al green pass e a tutte le polemiche che c’erano e c’era qualcosa che mi ronzava in testa — racconta —. Poi ho pensato ad alcune ricerche che avevo fatto all’archivio di Stato di Venezia. E sono andato a cercare nel mio, di archivio».

Crotti cerca e studia documenti, per poi memorizzarli con fotografie, dove gli è consentito farlo. E tra quelle immagini, aveva ragione, ce n’era una che doveva per forza ronzargli in testa. È un permesso firmato dal deputato di sanità Mario Morando (nei secoli successivi i Morandi sono stati molti, in alta Val Seriana). A chiederlo è stato tale Jacomo Algaroto, che vuole andare a «Bergomo» a piedi, e «si parte di questa valle gratia di nostro signore libera dal mal contagioso». «In Fumnegro», con ogni probabilità Fiumenero (territorio di Valbondione), il 28 marzo del 1630. Ovvero, il viandante parte da una zona che è libera dalla peste e non rischia di portare altrove il contagio. Il documento lo descrive anche: di statura mediocre e con barba «rosa», dal dialetto, quindi «rossa», parte con «soij arme», sue armi.

«Muoversi con certe certificazioni 400 anni fa era l’unico modo per creare un argine alla peste — commenta Crotti —. Ricordo anche una relazione di un certo Ghirardelli, deputato di sanità invece a Bergamo, che relazionava sulle quarantene, decisamente forzate del tempo, per esempio addirittura murando le porte delle case per costringere le persone a stare dentro. Oppure ancora, ci sono documenti che dimostrano come le autorità civili favorissero il culto di San Rocco. Perché? Da appestato decise di ritirarsi da solo in una caverna, era un atteggiamento da considerare virtuoso».

Fonte: Corrierebergamo.it

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