L’Italia avvicenderà la Danimarca al comando della Nato training mission in Iraq. Non è né una sorpresa né un evento imposto. Il ministro Lorenzo Guer
L’Italia avvicenderà la Danimarca al comando della Nato training mission in Iraq. Non è né una sorpresa né un evento imposto. Il ministro Lorenzo Guerini ne aveva già fatto cenno alle commissioni Difesa oltre un anno fa e, successivamente, aveva proposto all’Alleanza la nostra candidatura, ufficialmente accettata e comunicata dal segretario generale Jens Stoltenberg non molto tempo dopo l’offerta. Il rilancio della missione in Iraq, arrivato (casualmente?) subito dopo l’annuncio di un sostanzioso ritiro americano, era dato per scontato. Infatti era chiaro che la Nato si sarebbe sentita in dovere di coprire il vuoto che avrebbero lasciato i soldati statunitensi, la cui presenza nel Paese non destava grande simpatia. E, questo, non solo dopo l’uccisione del generale dei pasdaran iraniani.
Infatti anche noi a suo tempo abbiamo sbagliato, lasciando troppo velocemente l’Iraq dopo i fatti di Nassiriya. Per noi l’Iraq si era già mostrato in varie occasioni luogo di interesse, con una nostra presenza varia e ricorrente. È vero che nel 1991 lo abbiamo bombardato con i Tornado, ma più pacificamente siamo poi ritornati a presidiare il Dhi Qar con “Antica Babilonia”. Abbiamo anche combattuto (chi ricorda la “battaglia dei ponti”?) per difenderci dagli irregolari dell’esercito del Mahdi. Siamo ritornati per la terza volta, e in forze, con “Prima Parthica”, nome suggestivo che a noi ricorda il grande Settimio Severo. Non solo, ma nell’ambito della coalizione “Inherent Resolve” abbiamo anche contribuito a organizzare contro l’Isis i peshmerga curdi e i governativi iracheni.
Se la continuità della nostra presenza in Iraq era ormai già data per acquisita, la nuova assertività dell’Unione europea verso la Nato a seguito della crisi russo-ucraina la rende ineluttabile e, probabilmente, duratura nel tempo. La pianificazione delle missioni internazionali in vigore aveva confermato la proroga del nostro assetto in Iraq con un impegno totale, allora, di mille unità, 270 mezzi terrestri e dodici mezzi aerei, per un impegno finanziario di circa 260 milioni di euro. Ora, con il conferimento del comando della missione, tutto andrà potenziato in proporzione anche con nuovi arrivi dall’Italia. Per quanto riguarda il nostro personale e i mezzi già presenti sul territorio, una parziale transizione verso la struttura Nato, che prevede una forza totale di quattromila militari, era già stata da tempo autorizzata.
Fonte: Formiche.net