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NFT: cos’è e perché se ne parla così tanto

A seconda dei punti di vista siamo tra l’ideona del secolo e l’ennesima bolla finanziaria speculativa

NFT: cos’è e perché se ne parla così tanto

L’NFT – il token non fungibile – è mio e me lo gestisco io. Proprio nel mare magnum del web dove tutto è disponibile, gratuito, scaricabile senza cost

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L’NFT – il token non fungibile – è mio e me lo gestisco io. Proprio nel mare magnum del web dove tutto è disponibile, gratuito, scaricabile senza costo alcuno, ecco che dilaga la NFT mania. L’ultimo ad usufruire di questa nuova forma di “diritto d’autore” di un contenuto online è stato Jimmy Wales. Il fondatore di Wikipedia, poche ore fa, ha messo all’asta da Christie’s la prima modifica effettuata il 15 gennaio 2021 sul suo portale Wikipedia. La schermata dove c’è scritto “Hello world” è stata congelata e immortalata in un NFT che è poi stato messo all’asta e il suo ricavato intascato all’autore. Certo, Wales darà tutto in beneficienza, ma per capirci, l’NFT di questa pagina varrebbe, secondo Christie’s tra i 100 e 150mila dollari. Chi lo acquisterà entro il 15 dicembre si porterà a casa anche l’iMac con cui Wales lavorava all’epoca e potrà modificare la pagina come preferisce, nonché ripristinarla nella sua forma originale. Straniti? Si vede che non frequentate il mondo dei games e della crypto-art, come del resto quando si parla di blockchain strabuzzate gli occhi e cadete dalla sedia. Ma andiamo con ordine. Cos’è un NFT? Prendiamo la definizione classica scritta proprio su Wikipedia di Wales (prima che qualcuno la faccia diventare un ulteriore NFT): il “non-fungible token è un tipo speciale di token crittografico che rappresenta l’atto di proprietà di un bene unico (digitale o fisico); i gettoni non fungibili non sono quindi reciprocamente intercambiabili. Ciò è in contrasto con le criptovalute, come i bitcoin e molti token di rete o di utilità, che sono per loro stessa natura fungibili”. Insomma il bitcoin si può sostituire con un altro, ma l’NFT è un pezzo unico che non può essere replicato o sostituito. Ancora: un NFT può essere un video, una foto, un file audio, un testo (come nel caso della prima pagina di Wikipedia ideata da Wales) che viene certificato come originale, proprio come ci fosse in calce la firma dell’autore. Ovviamente gli NFT – a breve ne vedremo altri esempi – si appoggiano alla blockchain (solitamente di Ethereum), sorta di registro/archivio digitale su cui vengono memorizzate le transazioni di dati inalterabili, immodificabili e men che meno eliminabili con un generico colpo di tasto canc. Insomma è come un notaio digitale che registra ufficialmente unicità e non copiabilità del NFT. Attenzione però, spiegano i redattori di The Verge in un bizzarro pezzullo sul tema: “gli NFT sono progettati per darti qualcosa che non può essere copiato, ovvero la proprietà dell’opera, sebbene l’artista possa ancora mantenere i diritti d’autore e di riproduzione, proprio come con l’opera d’arte fisica. Per dirla in termini di collezionismo d’arte fisica: chiunque può acquistare una stampa di Monet, ma solo una persona può possedere l’originale”. Proviamo a capirci qualcosa in più nell’atto pratico. Tra il 2017 e il 2018 gli NFT sono esplosi grazie a ciò che è successo attorno al gioco online CryptoKitties (cryptokitties.co) quando i giocatori hanno cominciato a poter acquistare i loro cripto gatti in forma di NFT. I gattini possono quindi essere acquistati, allevati e poi scambiati/venduti, e per farlo devono usare una cripto valuta. Ogni micetto NFT è unico e di proprietà dell’acquirente/utente che ne ha convalidato l’atto di acquisto tramite la blockchain e il suo valore può aumentare o diminuire in base al valore di mercato. I CryptoKitties non possono essere replicati e non possono essere trasferiti senza il permesso dell’utente anche dagli sviluppatori del gioco. Il valore più alto per un cripto gattino? 170mila dollari. Passiamo alla crypto-art dove questa sorta di doppio canale di mercato, altamente speculativo (aggiunta nostra ndr), ha comunque ottenuto ottimi risultati negli ultimi anni. Citiamo un caso emblematico dove l’uso degli NFT ha come fatto schizzare il valore dell’opera come non era mai accaduto nella realtà con pezzi fisici venduti all’asta. L’artista digitale noto come Beeple – Mike Winkelmann -, uno che vendeva per qualche centinaia di dollari le stampe di qualche suo lavoro, nel marzo 2021 ha fatto il botto. Il collage digitale Everydays – the first 5000 days ha raggiunto la cifra da Christie’s di ben 69 milioni di dollari. Chi si è accaparrato l’opera ora ha in mano un file digitale e può vantarsi di possedere l’originale, la può pubblicare online e la può impostare sul proprio profilo. Poi chiaro, la stessa cosa può essere fatta banalmente da chiunque con una copia digitale della stessa opera: tasto destro del mouse, poi incolla sui propri profili social. Certo, nessun dollaro girerebbe e nessun NFT verrebbe registrato, ma soprattutto nel tempo, magari il file di cui si vanterà una altisonante proprietà (anche se l’autore in questo campo ne riceve ancora percentuali di vendita in successivi passaggi). Insomma, a seconda dei punti di vista siamo tra l’ideona del secolo e l’ennesima bolla finanziaria speculativa. Ultimo capitolo nostrano, italianissimo, sugli NFT è quello che ha visto poche ore fa Achille Lauro protagonista. Sul palco del Teatro degli Arcimboldi a Milano, il 7 dicembre durante un live con orchestra sinfonica, il cantante ha mostrato in diretta la creazione di un’opera NFT ovviamente unica ed esclusiva: la riproduzione del suo battito cardiaco e delle emozioni provate durante il concerto rilevate grazie a sensori hi-tech applicati sul suo corpo durante l’esibizione. Per acquistare l’opera basterà andare su Crypto.com. E per chi fosse interessato ci sono anche altri siti per fare shopping di NFT: NiftyGateway, Markersplace, Rarible, Supersea, ma anche un sito specifico come NBA Top Shot dove acquistare momenti video del campionato di basket NBA.

Fonte: Il Fatto Quotidiano.it

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