HomeTecnofinanza

Il 2021 sarà l’anno delle Ipo fintech a Wall Street. A che punto è l’Italia

Il 2021 sarà l’anno delle Ipo fintech a Wall Street. A che punto è l’Italia

Se in passato le Ipo del settore fintech non hanno brillato, il 2021 potrebbe essere il loro anno d’oro. Le ultime due ad approdare sul listino sono A

Banche: le più in crisi dopo il Covid-19 sono quelle italiane
Ricerca Ipsos: migliora il risparmio ma solo al Nord
Fca. Elkann: “Valutiamo le soluzioni per trovare un nuovo ad”

Se in passato le Ipo del settore fintech non hanno brillato, il 2021 potrebbe essere il loro anno d’oro. Le ultime due ad approdare sul listino sono Affirm, una società che permette ai consumatori di acquistare subito ma di pagare successivamente attraverso prestiti rateali, e SoFi, specializzata nell’erogazione di prestiti agli studenti. Sono ad oggi le due fintech più finanziate degli Stati Uniti.

Un anno che potrebbe segnare un ulteriore consacrazione a livello internazionale per un settore che, già nel 2020, ha lanciato importanti segnali. Basti pensare che Lemonade, lo scorso anno, è stata l’Ipo che ha fatto meglio in Borsa.

Secondo le voci che circolano nel mercato, in fase avanzata verso l’Ipo ci sarebbero Robinhood, la piattaforma per il trading online nell’occhio del ciclone per aver bloccato gli acquisti del retail che ha scatenato la corsa a Gamestop contro gli hedge fund, e la svedese Klarna, che opera nel lending e precisamente offre un servizio di prestiti finalizzati consumer attraverso accordi con operatori della grande distribuzione. E sarebbe pronta a sbarcare sul listino anche Coinbase, exchange per lo scambio di criptovalute, per un valore stimato tra i 70 e i 100 milioni di dollari.

Nel 2020, secondo i dati di Pitchbook, le exit FinTech (di cui le IPO sono una parte) hanno raggiunto il valore record di 29,1 miliardi di dollari in 80 operazioni, tra cui spiccano l’acquisizione di 7,1 miliardi di Credit Karma da parte di Intuit a dicembre e l’Ipo da 6 miliardi della compagnia di assicurazioni automobilistiche Root. Nel 2020 d’altronde, il numero di mega-deal FinTech negli Stati Uniti è salito al massimo di dieci anni, con 44 transazioni che hanno registrato un valore cumulativo di 12,2 miliardi, sempre secondo PitchBook. Anche i finanziamenti late stage sono ai massimi di un decennio e rappresentano più di tre quarti dei finanziamenti totali per le società FinTech Usa.

I casi delle challenger bank in Italia
Quanto all’Italia, siamo ancora un passo indietro. Il nostro settore è nato nel 2015, quando le già citate Lending Club e OnDeck erano già quotate in Borsa – un decennio dopo rispetto all’avvio nel mondo anglosassone. È cresciuto però in maniera esponenziale, tanto che alcune startup sono già entrate nel radar di investitori internazionali e diventate dei veri e propri colossi (come ad esempio Satispay) e anche gli altri attori, tra cui BorsadelCredito.it, sono passati a una fase 2.0, togliendosi di dosso il vestito della startup. Il settore si sta consolidando con tassi di crescita importanti e una posizione di dominio nell’Europa Continentale.

La lezione che possiamo imparare dal contesto globale
Che il 2021 sarà un anno di grande fermento a livello internazionale per il FinTech lo dimostra anche un altro dato: nelle sole prime due settimane dell’anno, le startup fintech hanno già chiuso dieci deal per un valore di 100 milioni di dollari almeno, rispetto ai tre dello stesso periodo dell’anno scorso. Nel 2020 la raccolta dal Venture Capital era ammontata a 41,7 miliardi, un valore record che rischia di essere polverizzato.

Solo nella seconda settimana di gennaio la raccolta ha superato il miliardo e 700 milioni. Da MX, che fornisce tecnologia alle banche per analizzare i dati finanziari, all’operatore di pagamenti globale Rapyd, alla divisione di servizi finanziari della società indonesiana di delivery Grab: sono tutte sulla lista delle più finanziate. E la prossima frontiera, spiegano gli analisti, sarà delle fintech B2B. Come la britannica Checkout.com, che elabora le transazioni per le FinTech, o il produttore di software per la gestione delle spese Divvy, o ancora la società di software bancaria Mambu. Il flusso di denaro segue quello che sarà un trend inarrestabile anche nel nostro Paese e ci conferma che la strada da seguire anche a livello di strategia di gruppo non può che essere questa: l’integrazione dei servizi FinTech nelle istituzioni finanziarie tradizionali. Anche in virtù del nostro prodotto unico sul mercato, il software proprietario per l’analisi del rischio di credito che ci differenzia e ci distingue anche in un ambito che va oltre i confini nazionali.

Fonte: www.forbes.it

Commenti