Mario Draghi vuole ergersi dal Colle più alto della Repubblica come capo dello Stato dopo l’imminente voto sul Quirinale, ma c’è un dossier strategico
Mario Draghi vuole ergersi dal Colle più alto della Repubblica come capo dello Stato dopo l’imminente voto sul Quirinale, ma c’è un dossier strategico del suo governo che contraddice il “sogno verticale” dell’ex governatore di Banca d’Italia e Bce. Stiamo parlando della questione dello spazio. Partita fondamentale in un settore che vede l’Italia avere, in potenza, uno dei migliori cluster industriali e alcune vere e proprie eccellenze produttive (si pensi ad Avio o alle attività di Leonardo) ma in cui Roma ha rinunciato a svolgere un ruolo chiaro durante tutta la fase del nuovo esecutivo.
Nel quale, anzi, si è assistito a un vero e proprio passo indietro dopo le pur interlocutorie gestioni dei governi Gentiloni, Conte I e Conte II.
L’Italia delega la space economy all’Agenzia spaziale europea
Il fatto che i denari del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) dedicati alla space economy e alla ricerca in campo spaziale siano stati dall’Italia consegnati, chiavi in mano, a un attore terzo come l’Agenzia spaziale europea (Esa) la dice lunga sulle reali possibilità avute dal governo Draghi per “trasformare” il sistema-Paese.
Fondi per 1,4 miliardi di euro dirottati verso Esrin
Fondi dal valore di circa 1,4 miliardi di euro per i programmi di osservazione della Terra e per il trasporto saranno affidati a Esrin, il direttorato dell’Esa che ha sede a Frascati, appena fuori i perimetri di Roma e che dal 1° gennaio prossimo sarà guidato da Simonetta Cheli.
Un passo indietro rispetto agli ultimi anni
Intendiamoci: Esa e Esrin svolgono un lavoro importante e rappresentano presidi di eccellenza tecnologica e operativa. E in ogni caso siamo certi che la quota di ricerca presidiata da attori nazionali, assieme ai relativi dividendi industriali, possa esser vigilata. Il Comitato interministeriale per le politiche relative allo Spazio e alla ricerca aerospaziale, decidendo in questo modo a metà dicembre, ha però mandato un messaggio politico in controtendenza con una prassi che ha visto negli ultimi anni Roma assurgere a potenza spaziale, aprendo alla partecipazione al programma Artemis, studiando la conversione a lanciatore della portaeromobili “Garibaldi”, movimentando una serie di Pmi vivaci nel settore.
L’Agenzia spaziale italiana non riesce a stare al passo
Lasciando esplicitamente intendere che il suo apparato ministeriale e l’Asi non sono in grado di stare al passo della strategia italiana dello Spazio, che in totale impegna 4,5 miliardi di euro, Colao ha reso evidente il punto di caduta principale dell’agenda Draghi, migliore nell’organizzare cordate di potere e apparati dotati di specifiche competenze piuttosto che di disegnare presunte palingenesi statuali impossibili, oggigiorno, nel solco ristretto del sistema-Paese dell’era pandemica.
Agenzia spaziale e Pnrr: uno spartito già visto
Ma del resto il problema dello spazio è, a livello generale, quello dell’intero Pnrr, che si affida eccessivamente all’attività di supplenza, dichiarata o meno, di terzi. Per lo spazio è l’Esa, per molti progetti saranno i grandi gruppi prime contractor: WeBuild, Eni, Enel, Leonardo e via dicendo, aziende capaci di avere una potenzialità programmatica di cui lo Stato è tuttora carente rispetto ai fasti del passato. Il combo tra esternalizzazione e “modello Genova” per le opere commissariate da sbloccare è stato adottato anche dal cosiddetto governo dei Migliori. E Draghi, assieme a un Colao dato in pole come suo sostituto in caso di elezione al Colle, sullo spazio fa oggettivamente una magra figura. Il cui peso politico è addirittura maggiore rispetto alla pur fondamentale perdita di fondi a disposizione che l’Italia ha, in sostanza, certificato.
Fonte: True-news.it