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Tutti quelli che vogliono comprare Twitter

Tutti quelli che vogliono comprare Twitter

La società di Jack Dorsey sarà presto in vendita. Ecco i possibili acquirenti I rumors di Wall Street non sono mai stati così trancianti: Twitter v

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I rumors di Wall Street non sono mai stati così trancianti: Twitter verrà venduta, non più tardi del 2017 e qualunque cosa accada. I casi sono due: se Jack Dorsey non riesce a risollevare le sorti della società, la cessione è obbligata. Se ci riesce, la cessione è comunque altamente probabile, dato che Twitter diventerebbe un target molto più appetibile di quanto ora non sia.

Perché Twitter, una società target, lo è eccome. I criteri che hanno portato Microsoft ad acquisire LinkedIn lo scorso 13 giugno (ad esempio le azioni in calo del 25%) hanno reso possibile annoverare Twitter tra le principali candidate a essere oggetto di acquisizione nel prossimo futuro. Il social dei 140 caratteri, però, è messo molto peggio della collega dal taglio professionale. Un anno fa l’ex CEO Dick Costolo ha abbandonato la nave: da quel momento le azioni hanno perso il 60% del loro valore, passando da 35,35 dollari l’una al minimo storico di 14,02 (toccato il 10 giugno), per assestarsi, oggi, sui 17,14.

Il valore di mercato è passato da 23,5 miliardi a poco più di 10; il fatturato da inizio 2016 è una linea ripida e inclinata verso il basso e gli ultimi dati finanziari parlano di un primo trimestre sotto le aspettative e in perdita di 80 milioni.

L’acquisizione sembrerebbe l’unica, più che l’ultima, spiaggia. È per questo che una coppia di esperti del settore, l’analista di Wall Street James Cakmak e Victor Anthony di Axiom Capital, ha stilato un elenco di chi, tra i big del tech, potrebbe plausibilmente presentare un’offerta e perché.

Google si aggiudica il primo posto con un “molto probabile”: le due società sono già piuttosto integrate (si pensi ai tweet sponsorizzati a fianco dei google ads), il colosso di Mountain View potrebbe soddisfare il suo desiderio di social media (dopo il tentativo fallito di Google+) e al contempo ottenere maggiore disponibilità e controllo di dati sull’attività degli utenti. Unico contro? L’antitrust, con cui Google ha un rapporto già abbastanza complicato.

Quattro sono i candidati sul secondo gradino, quello del “possibile”. C’è l’opzione fondo di private equity, che imporrebbe un focus sull’efficienza, riorganizzerebbe il management, snellirebbe la forza lavoro, rafforzerebbe i ricavi pubblicitari e rilancerebbe Twitter sul mercato più forte che mai. Il problema qui è che i conti in rosso, l’andamento azionario in discesa e le prospettive di crescita vicine allo zero rendono Twitter un pessimo affare anche per il fondo di private equity più coraggioso.

C’è Microsoft, da sempre avida di dati (e Twitter ne ha da vendere, in tempo reale) e che potrebbe voler rivitalizzare So.cl, il social network/motore di ricerca creato nel 2011. Magari però in un altro momento, dato che c’è un qualcosa come un processo di integrazione con LinkedIn a tenerla occupata.

Sempre sul piano del possibile si collocano i vari player delle telecomunicazioni: la combo telco-social ha il potenziale di attrarre enormi volumi di pubblicità, e qualche acquisizione di successo è già avvenuta o è in procinto di (Verizon ha comprato AOL, sta combattendo con AT&T per Yahoo e vuole puntare ai contenuti live della web-tv). Il fatto che i giganti telecom abbiano già enormi basi di utenti e che Twitter in qualche modo esuli dalla loro comfort zone fa pensare anche a un possibile interesse diFacebook. Le due si integrerebbero alla perfezione pur rimanendo separate, un po’ come già accade per Instagram, Whatsapp e Messenger. Ma Zuckerberg sembra più interessato a emulare che ad acquisire, avendo già replicato le principali caratteristiche di Twitter (hashtag, tendenze) sul proprio social.

La classifica si chiude con un trio di acquirenti “poco plausibili” ma comunque degni di menzione. Amazon, che combinerebbe l’esperienza e-commerce al profilo social degli utenti ma che sembra al momento più focalizzata sui propri Web Services. Apple, che ha un sacco di cassa e che potrebbe accedere a un nuovo mercato (magari lasciando perdere quello dello streaming, su cui Spotify la fa ancora da padrone) se solo non fosse che i due business sono del tutto privi di una connessione diretta su cui far leva (e soldi).

E infine News Corp, l’enorme gruppo editoriale di Rupert Murdoch, che aveva già fatto un tentativo social comprando MySpace per poi liberarsene dopo aver perso il 94% del suo valore. Twitter farebbe certamente di meglio, dato il legame diretto e l’utilizzo smodato che ne fa il parterre di politici e giornalisti. Il problema, però, è che un gruppo editoriale più vicino alla stampa che al web potrebbe imporre notevoli restrizioni a quell’unica cosa che Twitter non può permettersi di perdere: la libertà.

 

fonte wired.it

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