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Evasione fiscale, Ubs paga al Fisco 111 milioni. Scoperto manuale anti-Gdf

Evasione fiscale, Ubs paga al Fisco 111 milioni. Scoperto manuale anti-Gdf

Ubs, la principale banca svizzera, verserà all’agenzia delle Entrate 111,5 milioni di euro per chiudere un contenzioso fiscale con risvolti penali

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Ubs, la principale banca svizzera, verserà all’agenzia delle Entrate 111,5 milioni di euro per chiudere un contenzioso fiscale con risvolti penali

C’era anche un manuale segreto che illustrava ai gestori patrimoniali di Ubs le precauzioni da adottare quando, senza esserne autorizzati, venivano in Italia per incontrare i clienti che investivano il proprio denaro nel colosso bancario svizzero. Slide e istruzioni simili a quelle ritrovate nel 2014 dagli uomini della Guardia di Finanza nella sede milanese del Credit Suisse durante un’inchiesta che aveva portato alla scoperta di un’evasione fiscale da 14 miliardi di euro e che s era chiusa con il pagamento di oltre 100 milioni al Fisco italiano. Ora quel copione si ripete per Ubs, la principale banca svizzera, che verserà all’Agenzia delle Entrate 111,5 milioni di euro per chiudere un contenzioso fiscale con risvolti penali. L’accordo è stato firmato la scorsa settimana nella sede della direzione provinciale di Milano dell’Agenzia. Il fronte penale, con un probabile patteggiamento, non si è invece ancora concluso.

Grazie all’attività svolta proprio dall’Agenzia delle Entrate sono infatti 220 le banche estere sulle quali la procura di Milano ha acceso un riflettore e sta da tempo indagando con un pool di magistrati apposito guidato dal procuratore Francesco Greco. Si tratta di istituti finanziari non solo svizzeri ma anche domiciliati in altri paradisi fiscali come Lussemburgo, Liechtenstein, Principato di Monaco, Isole Vergini Britanniche, Bahamas, San Marino, Panama, Dubai e molti altri.

Per mesi sono stati passati al setaccio i movimenti e le telefonate che I gestori patrimoniali di Ubs e delle altre banche si sono scambiati tra loro e con I clienti. I colloqui telefonici con i relativi metadati (posizione, celle agganciate, durata, giorno e ora) sono stati monitorati e classificati da un pool di agenti della Guardia di Finanza e di Vigili urbani di Milano in servizio presso la polizia giudiziaria della procura di Milano. Una quantità di dati e di informazioni impressionante.

Poiché tutti i redditi di capitale percepiti da soggetti non residenti sono assoggettati alla ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, le banche estere sono tenute a trattenere l’imposta sulle commissioni percepite sui mutui o sulla gestione patrimoniale e a girarla al Fisco italiano. Ma questo, per anni, non è stato fatto. Ed è su questo che gli uomini dell’Agenzia delle Entrate hanno lavorato in collaborazione con la Procura di Milano sfruttando l’enorme mole di dati finanziari ricavati dalla voluntary disclosure.

Le prossime banche nella lista
Ora, dopo l’accordo raggiunto da Ubs, toccherà alle altre banche trovare un’intesa con il Fisco italiano. La prossima nella lista potrebbe essere proprio la Private Kredit Bank (Pkb), istituto svizzero che controlla l’italiana Cassa Lombarda. La sede milanese della Pkb fu perquisita lo scorso novembre dai militari del Nucleo di polizia Economico finanziaria della Guardia di Finanza di Milano alla ricerca di carte, files e tabulati di corrispondenza elettronica sui rapporti intrattenuti nel corso di dieci anni dalla banca con la clientela italiana. Diciotto manager erano stati indagati con l’ipotesi di reati di riciclaggio e frode fiscale. L’inchiesta era nata dalle verifiche su 198 clienti italiani che avevano portato 409 milioni di euro a Lugano per nasconderli al Fisco e poi li avevano fatti riemergere con la «voluntary disclosure». Sulla Pkb gli investigatori hanno raccolto un’enorme mole di informazioni. Dati, cifre e movimenti dettagliatissimi ora tutti catalogati digitalmente.

Così, dopo Ubs, le previsioni sono che anche le altre 219 banche degli altri paesi trovino, più o meno in fretta, un accordo con il Fisco italiano. Gli importi dovrebbero essere inferiori a quanto Ubs ha accettato oggi di pagare e comunque proporzionati alle mancate imposte versate negli anni.

L’avvio dell’inchiesta
L’indagine condotta dalla Sezione contrasto illeciti internazionali di Milano dell’Agenzia delle Entrate e dalla procura di Milano ha avuto origine dai riscontri effettuati sulle istanze di adesione alla procedura di collaborazione volontaria (voluntary disclosure) presentate dai contribuenti che hanno dichiarato il possesso di attività finanziarie detenute all’estero presso istituti di credito non residenti. Nella documentazione inviata i contribuenti hanno segnalato anche finanziamenti infruttiferi come, ad esempio, i mutui.

Ulteriori punti di partenza delle indagini sono state le segnalazioni di operazioni sospette ai fini antiriciclaggio e i relativi approfondimenti legati sempre alla voluntary disclosure girate dall’Uif (l’Unità di informazione finanziaria) alla procura della Repubblica per le sue valutazioni.

Gli approfondimenti hanno riguardato, inoltre, lo svolgimento dell’attività di gestione patrimoniale resa a soggetti residenti in Italia da specifiche figure professionali come i “relationship manager” di Ubs con l’obiettivo di valutare l’eventuale esistenza di una stabile organizzazione in Italia.

Dalle indagini è emerso che in alcuni casi il personale dipendente di Ubs si è recato presso gli uffici, le abitazioni personali dei clienti, i golf club da loro frequentati e grandi alberghi per rendere loro servizi di consulenza, come ad esempio la raccolta di ordini di compravendita di attività finanziarie per le quali i clienti corrispondevano alla banca estera una commissione.

In alcuni casi è stata riscontrata l’esistenza di strutture funzionali alla “pianificazione finanziaria” come trust, fondazioni, società anonime, create con l’obiettivo di nascondere capitali detenuti all’estero, mantenendo l’anonimato in caso di un’eventuale richiesta di scambio di informazioni fiscali, minimizzare la pressione fiscale e sottrarsi all’euroritenuta, cioé alla tassazione sugli interessi maturati sui depositi di capitali detenuti in Svizzera.

I vantaggi della legislazione italiana
L’esistenza di una stabile organizzazione di Ubs e delle altre banche monitorate comporta, oltre alla presentazione del modello Unico della dichiarazione dei redditi, anche gli adempimenti relativi al monitoraggio dei movimenti di capitale ex articolo 1 del Dl 167/90 che prevedono sanzioni fino al 25% dei flussi finanziari non comunicati all’amministrazione finanziaria.

Il Dlgs 60/2018 ha disciplinato l’accesso da parte delle autorità fiscali ai dati e alle informazioni in materia di antiriciclaggio nell’ambito della cooperazione amministrativa. Il decreto recepisce la Direttiva 2016/2258/Ue (la cosiddetta Dac5) che ha integrato la Direttiva 2011/16 sullo scambio di informazioni in materia fiscale tra amministrazioni finanziarie secondo uno standard comune di comunicazione (il cosiddetto Common reporting standard o Crs).

Gli scandali fiscali degli ultimi anni hanno portato alla luce l’esistenza di meccanismi transnazionali di pianificazione fiscale aggressiva per riciclare soldi di attività criminose, occultare la la titolarità dei patrimoni ed evadere o eludere i relativi redditi.

L’obiettivo di queste leggi è di fornire alle amministrazioni finanziarie un patrimonio informativo e gli strumenti idonei a contrastare questi meccanismi illeciti, concedendo alle autorità fiscali la possibilità di accedere ai dati e ai documenti acquisiti dai soggetti obbligati dalle procedure antiriciclaggio, che consentono l’individuazione dei beneficiari effettivi di strutture intermedie, che hanno la titolarità formale di conti finanziari.

I poteri di Agenzia delle Entrate e Gdf
Uno dei principali obiettivi raggiunti è la possibilità di incrociare i dati provenienti dallo scambio di informazioni fiscali con le prove già in possesso dell’amministrazione finanziaria contenute nelle istanze di voluntary disclosure. Quella dello scambio automatico dei dati finanziari è dunque un’area destinata a diventare sempre più centrale nei prossimi anni, visto che le prospettive d’impiego sono vastissime.

Secondo l’articolo 2 del Dl 167/1990, in deroga a qualsiasi disposizione di legge, l’unità centrale per il contrasto all’evasione internazionale dell’Agenzia delle Entrate (ora denominata Sezione analisi e strategie per il contrasto agli illeciti fiscali internazionali) e i Reparti speciali della Guardia di Finanza possono richiedere agli intermediari destinatari degli obblighi di monitoraggio fiscale di fornire evidenza delle operazioni con l’estero anche per masse di contribuenti; agli stessi intermediari finanziari e ai professionisti possono chiedere inoltre l’identità dei titolari effettivi individuali ai fini antiriciclaggio.

I poteri previsti dal nuovo articolo 2 del Dl 167/1990 hanno permesso, anche nel caso di Ubs e delle altre banche coinvolte nelle indagini, di acquisire informazioni sui movimenti transfrontalieri verso soggetti esteri fornendo indici utili in grado di evidenziare operazioni di esterovestizione o, comunque, di pianificazione fiscale volta a spostare soldi verso l’estero. Per esempio, gli ordini di accreditamento con specifiche casuali come finanziamento soci, che possono giustificare controlli sulla natura del beneficiario, soprattutto quando il paese verso il quale è disposto il bonifico non rientra tra quelli che consentono lo scambio di informazioni con l’Italia.

Questi poteri, e la capillare analisi dei dati della voluntary disclosure, permetteranno al Fisco italiano di incassare nei prossimi mesi altre centinaia di milioni dopo i 2,5 miliardi miliardi versati dal gruppo Kering e quelli pagati negli anni scorsi dai giganti del web come AppleGoogleAmazon e Facebook.

 

 

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