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Bugie verdi: due promesse su tre sono solo marketing aziendale

Bugie verdi: due promesse su tre sono solo marketing aziendale

Diverse aziende alimentari europee non riescono a realizzare le proprie promesse di utilizzare la plastica in maniera più ecologica, o comunque non fo

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Diverse aziende alimentari europee non riescono a realizzare le proprie promesse di utilizzare la plastica in maniera più ecologica, o comunque non forniscono alcun aggiornamento a riguardo: è quanto si desume da un’inchiesta di Deutsche Welle, che in collaborazione con l’European Data Journalism Network ha analizzato la condotta di alcune delle più grandi società europee di produzione alimentare e di bevande. In totale, sono state esaminate 98 promesse fatte in relazione alla plastica negli ultimi 20 anni: secondo le tempistiche annunciate dalle aziende, 37 di queste avrebbero già dovuto essere trasformate in realtà, ma di fatto il 68% non sono state mantenute o, in alternativa, l’azienda non ha fatto sapere più niente in proposito. “Quando le aziende non riescono a rispettare i propri impegni, di solito non lo dicono apertamente”, si legge infatti nel rapporto, in cui viene specificato che le aziende generalmente “abbandonano silenziosamente l’obiettivo oppure ne modificano la portata o l’anno di riferimento”.

Insomma risultati complessivamente non positivi per le 24 aziende aventi sede in Europa che sono state esaminate. Basterà citare il caso del colosso alimentare francese Danone, che nel 2009 aveva fatto una promessa ambiziosa: entro due anni, tra il 20 e il 30% della plastica usata per le bottiglie d’acqua prodotte dall’azienda avrebbe dovuto essere ottenuto da materiali riciclati. Nel 2014, tuttavia, l’obiettivo della multinazionale era cambiato: come riportato all’epoca sul sito dell’azienda, infatti, l’obiettivo era divenuto quello di “raggiungere una percentuale del 25% di PET riciclato – ovverosia plastica riciclata – entro il 2020”. “Ma nel 2020 Danone utilizzava ancora solo il 20% di PET riciclato nelle sue bottiglie d’acqua in tutto il mondo”, viene però sottolineato nel rapporto, in cui viene poi specificato che “per il 2025, a 14 anni dalla prima scadenza autoimposta, Danone si è data un nuovo obiettivo: il 50% di plastica riciclata nelle bottiglie d’acqua”. Certo, come precisato nel report “Danone ha successivamente rivisto il suo obiettivo per il 2020 per applicarlo solo ai paesi ‘dove le normative consentono’ il PET riciclato, escludendo dai calcoli Cina, Turchia e Iran”, e dunque non prendendo in considerazione questi paesi “l’azienda ha raggiunto il 25,5% di PET riciclato nelle sue bottiglie d’acqua nel 2020”. Tuttavia il rapporto “riflette la versione originale dell’impegno”, che appunto inizialmente non prevedeva tale specifica.

Tra le 24 aziende esaminate, poi, sono 11 quelle italiane. Come infatti sottolineato dal quotidiano Il Sole 24 Ore – che riveste il ruolo di membro dell’European Data Journalism Network – le aziende analizzate residenti nel nostro Paese sono state: Aia, Cremonini, Veronesi, Barilla, Agricola tre valli, Inalca, Lavazza, Gesco (Amadori), Casillo e Granlatte, ovvero le prime 10 società italiane nel settore per vendite (escluse le sussidiarie e quelle con sede in paesi esteri), alle quali è stata aggiunta Ferrero, tra le principali aziende europee, ma con sede in Lussemburgo. Ebbene, le aziende con sede in Italia hanno fatto solo 5 promesse sugli imballaggi in plastica, ma nessuna è stata mantenuta (due infrante, due ambigue ed una fissata per il 2025). Da citare il caso di Inalca che – sempre secondo quanto specificato da Il Sole 24 Ore – nel 2018 aveva promesso di aumentare l’impiego di plastica riciclata per gli imballaggi dal 20% al 30% ma stando ai dati del 2020 tale quota risulta invece addirittura calata al 17%, così come il caso di Barilla, che invece aveva dichiarato di voler sostituire il 100% degli imballaggi in plastica con contenitori in materiali riciclabili entro il 2020 e che è riuscita sì a mantenere tale promessa ma con tempistiche più lunghe di quelle annunciate. Per quanto riguarda Ferrero, invece, le promesse sono otto delle quali solo una rispettata – riguardante l’aumento dell’utilizzo di PET riciclato negli imballaggi secondari – e 5 da realizzare in futuro.

Certo, alcune buone notizie ci sono: ad esempio, oltre all’appena citato aumento dell’utilizzo di PET riciclato da parte della Ferrero, va ricordato che Coca-Cola HBC (azienda svizzera che imbottiglia la Coca-Cola) ha lanciato una bottiglia realizzata al 100% con PET riciclato per quattro dei suoi marchi di acqua nel 2019, dopo averlo annunciato nell’anno precedente. Tuttavia, complessivamente la situazione non pare rassicurante: come sottolineato nel rapporto, infatti, l’industria alimentare e delle bevande è uno dei maggiori inquinatori di plastica al mondo, con la produzione globale di plastica che è ancora in crescita e si prevede che continuerà ad esserlo nei prossimi decenni. Un problema di non poco conto: basterà ricordare che la plastica non è solo uno dei principali prodotti a base di combustibili fossili, ma è anche uno dei più duraturi. Le bottiglie di plastica, ad esempio, possono richiedere fino a 450 anni per decomporsi, e la microplastica da esse derivante è in grado di danneggiare animali, esseri umani ed ambiente.

Fonte: Indipendente.online

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