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Così il Global South africano sceglie il non allineamento. Report Ispi

Nel lavoro dell’Ispi sul rapporto tra Occidente e Africa, Sidiropolous e de Carvalho dedicano un capitolo al complesso rapporto tra Global South e confronto tra potenze, analizzando le ragioni del non-allineamento che è tornato a essere la traiettoria seguita da molti Paesi africani per delineare il loro posto del mondo

Così il Global South africano sceglie il non allineamento. Report Ispi

Fonte: Le Formiche.net Il non allineamento non deve essere considerato una mera convenienza o una posizione politica, ma piuttosto un piano proatti

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Fonte: Le Formiche.net

Il non allineamento non deve essere considerato una mera convenienza o una posizione politica, ma piuttosto un piano proattivo per affrontare le sfide comuni del Sud globale. Al centro, dovrebbe promuovere l’autonomia, non l’isolamento, richiedendo una comprensione più profonda delle diverse sfide e opportunità nel panorama geopolitico in evoluzione”, scrivono Elizabeth Sidiropoulos e Gustavo de Carvalho, rispettivamente chief executive del South African Institute of International Affairs e Senior Researcher on African Governance and Diplomacy al South African Institute of International Affairs. “Nell’attraversare il XXI secolo, il non allineamento è più di una neutralità o di una posizione di copertura2. Rappresenta un’opportunità per sfruttare il potenziale di un mondo multipolare, pur riconoscendo e mitigando i rischi intrinseci. In un panorama ricco di sfide e opportunità, l’Africa e in più ampio il Sud globale devono cogliere l’opportunità di ridefinire questo principio e i valori che dovrebbe promuovere nel XXI secolo”. Concludono così la loro analisi “The Global South and the Resurgence of Non-alignment: An African Perspective”, inserita all’interno dello studio “Is Africa Turning Against The West”, curato dall’Ispi in collaborazione con la Farnesina.

In un mondo segnato da divisioni e conflitti geopolitici, dalla guerra in Ucraina a quella a Gaza sino alle tensioni nel Sud-est asiatico, molti Paesi in via di sviluppo, soprattutto in Africa, stanno riabbracciando il non allineamento come posizione di politica estera. L’Africa, invischiata in complesse relazioni diplomatiche con attori del Nord e del Sud del mondo, e lanciata verso una traiettoria di sviluppo, ha la necessità di bilanciare delicatamente la propria posizione. Il non allineamento è una scelta pragmatica, che potrebbe consentire a queste nazioni di preservare l’autonomia, salvaguardare gli interessi e mantenere la stabilità interna. Tanto che l’attenzione al non allineamento in Africa non è una tendenza nuova, ma ha radici storiche, in particolare durante e dopo la Guerra Fredda, anche se le dinamiche si sono evolute con l’emergere delle rivalità contemporanee che coinvolgono l’Occidente, la Russia e la Cina. E soprattutto che toccano un continente che, differentemente a cinquanta anni fa, ha maggiori capacità di muoversi sia a livello diplomatico che economico-commerciale, aumentando – anche per la dimensione demografica – il protagonismo africano sul futuro del mondo.

Nel suo discorso al “Vertice G77 + Cina” del settembre 2023 a L’Avana, la ministra sudafricana delle Relazioni internazionali e della Cooperazione, Naledi Pandor, ha fatto risuonare non solo i sentimenti del suo Paese, ma anche quelli di un più ampio coro di voci del Sud globale sulle sfide che le attuali rivalità geopolitiche pongono a quella che (numericamente intanto, economicamente in futuro) è la dimensione maggioritaria della popolazione umana. “La lotta per l’anima del Sud e per il dominio globale unilaterale non è mai stata così intensa e, come Sud, dobbiamo cogliere questo momento storico per assicurarci di sviluppare la capacità di essere agenti liberi di un’agenda di sviluppo che farà avanzare la nostra battaglia contro la povertà, la disuguaglianza e la disoccupazione”, ha detto la ministra. Arrivando dal Sudafrica, per ora unica economia africana nel G20 (ad eccezione dell’inserimento dell’Unione Africana, voluto dall’India quest’anno con l’istituzione del formato G21), le affermazioni hanno maggior rilievo. Anche perché Pretoria, è un di quei Paesi che ha la capacità e la forza di dialogare con l’Occidente tanto quanto con le potenze antagoniste occidentali – si veda la sua intensa partecipazione al gruppo Brics, ma anche le relazioni con Russia e Cina.
Nota tecnica prima di andare avanti: nell’analisi dell’Ispi, si tocca un argomento che sta caratterizzando l’analisi delle relazioni internazionali, ossia la definizione di “Global South”. Su Formiche.net, seguiamo con attenzione le evoluzioni del dibattito, per esempio abbiamo evidenziato il ragionamento semantico di Joseph Nye, docente di Harvard e padre nominale del concetto strategico di “soft power”. È evidente che la definizione ha valore politico, tanto che i due autori dell’analisi del think tank italiano sottolineano che “ai fini di questo articolo, il termine Sud globale si riferisce a un insieme eterogeneo di Paesi in via di sviluppo provenienti principalmente da Africa, Asia e America Latina. Sebbene il concetto abbia acquisito importanza nei circoli accademici e politici, la sua portata è talvolta criticata per la sua opacità concettuale dovuta all’inclusione di Paesi con dimensioni economiche e influenza politica diverse. Tuttavia, il termine serve a raggruppare le nazioni che percepiscono l’attuale ordine mondiale come discriminatorio nei loro confronti, anche se non c’è un accordo uniforme sui cambiamenti specifici necessari”.

Sidiropolous e de Carvalho citano pensatori latinoamericani come Carlos OminamiCarlos Fontin e Jorge Heine hanno proposto la nozione di non allineamento attivo, il cui programma comprende, tra l’altro: mantenere una posizione equidistante di coordinamento tra le due potenze concorrenti sulle questioni globali; rafforzare gli organismi regionali; impegnarsi nel multilateralismo; coordinarsi a livello regionale sulla governance economica globale; aderire alle nuove istituzioni finanziarie internazionali; riorientare le politiche estere e i ministeri degli Esteri; ridefinire le nozioni obsolete di sicurezza nazionale. Per i due autori, “la guerra in Ucraina è stata il catalizzatore del non allineamento, che è diventato più forte, in quanto molti Paesi africani hanno subito pressioni significative da parte dell’Occidente per allinearsi alla sua posizione sull’invasione russa, anche con l’imposizione di sanzioni. La Russia ha inoltre intrapreso charme offensive per tutto il 2022 e il 2023, per rafforzare la sua narrativa sulle cause della guerra e consolidare i suoi legami con le élite al potere in molti Stati africani”

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