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IL JINGLE DI URSULA E LA TRAGICA REALTÀ UCRAINA

IL JINGLE DI URSULA E LA TRAGICA REALTÀ UCRAINA

Per Gentile Concessione del Nuovo Giornale Nazionale.it L’inconsistenza, la nullità, la vacuità della leadership europea è tutta nelle parole della

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Per Gentile Concessione del Nuovo Giornale Nazionale.it

L’inconsistenza, la nullità, la vacuità della leadership europea è tutta nelle parole della baronessa Ursula von der Leyen, purtroppo per noi alla guida della Commissione dell’Unione Europea, quando afferma: “Un cessate il fuoco che porti in un conflitto congelato non creerà alcuna pace duratura. No. Una pace giusta deve comportare il ritiro delle forze russe e del loro equipaggiamento dal territorio dell’Ucraina”.

La baronessa canta il jingle Nato quando, come assicurano gli esperti, la stessa Nato non ha mai chiuso i rapporti con la Russia.

Il jingle purtroppo lo cantano tutti gli ectoplasmatici esponenti della leadership europea che è riuscita anche ad elaborare la grande idea di incriminare Putin per crimini contro l’umanità, ben sapendo che, prima o poi, con Putin dovranno parlare, trattare, discutere di come chiudere questa vicenda ormai durata troppo a lungo e già costata 250 mila morti.

Partiamo dunque dai morti e dai vivi, ossia dagli esseri umani che si trovano al fronte a combattere. La signora von der Leyen si era lasciata scappare, a novembre 2022, che l’invasione russa dell’Ucraina aveva causato la morte di “oltre 20 mila civili e 100 mila soldati”. Oggi saranno molti di più. Se le statistiche macabre della guerra hanno un senso e ci dicono che ad ogni morto corrispondono tre feriti, a novembre quattrocento mila ucraini erano stati messi in condizione di non combattere.

Nessuna delle nazioni che cantano il jingle è disposta ad inviare proprie truppe in Ucraina, la qual cosa ci rende chiaro che saranno gli ucraini, fino ad esaurimento, a dover reggere la guerra.

Gli Usa non si sognano nemmeno di mettere gli stivali dei loro militari in territorio ucraino, anche perché è in caduta libera l’arruolamento e, come scrive Federico Petroni su Limes (4/2023), il 77% dei giovani americani non è fisicamente o psicologicamente idoneo a servire sotto le armi e degli idonei il 91% non vuole arruolarsi.

Veniamo alla Germania, patria della signora Ursula. Scrive Giacomo Mariotto su Limes (4/2023): “Basta osservare lo stato della Bundeswehr, per anni considerata dalla popolazione tedesca alla stregua di un’organizzazione umanitaria e di punto in bianco incaricata di provvedere alla difesa nazionale. Sembra essersene accorto il generale Carsten Breuer, capo di stato maggiore della Difesa, quando a marzo ha rilevato con irritazione che la svolta «non è solo questione di bilancio», ma deve avvenire «nelle teste» del personale. Quello che prometteva di trasformarsi nell’esercito «meglio equipaggiato d’Europa» (parole di Sholz) resta per lo più una forza disarmata. Durante un’esercitazione Nato di dicembre i carri armati tedeschi Puma, ritenuti all’avanguardia, hanno sofferto guasti di massa. I soldati sono pochi e in caso di guerra avrebbero munizioni sufficienti per due soli giorni di combattimento. Le apparecchiature radio hanno quarant’anni e sono ancora analogiche”.

Tuttavia le leadership ectoplasmatiche europee suonano il jingle, come i cani di Pavlov. Associando per un certo numero di volte la presentazione di carne ad un cane con un suono di campanello, alla fine il solo suono del campanello determinerà la salivazione nel cane. La salivazione è perciò indotta nel cane da un riflesso condizionato provocato artificialmente.

Ecco: salivazioni.

Mentre gli ectoplasmi salivano, guarda caso gli Stati Uniti hanno espulso il Kosovo da un’esercitazione militare Nato a guida americana, Defender 23, in corso da aprile a giugno in Europa con la partecipazione di una ventina di Paesi alleati. Lo ha annunciato l’ambasciatore Usa a Pristina, Jeffrey Hovenier. “Per il Kosovo questa esercitazione è finita”, ha detto ai media locali dopo che il premier Albin Kurti ha rifiutato di ritirare i sindaci kosovari-albanesi dal nord del Paese, zona a maggioranza serba. Si tratta della prima sanzione Usa nei confronti del governo kosovaro dopo il riaccendersi delle tensioni etniche.

Motivo? Considerato che la Serbia è legata alla Russia e alla Cina, gli Usa e la Nato non hanno alcuna intenzione di esporsi in un nuovo possibile conflitto.

Tuttavia a Bruxelles suona il campanellino e si attiva il jingle.

Passiamo ad un altro capitolo: all’arma decisiva per cacciare i russi. Si tratta degli F16.

Ci affidiamo ad un esperto quale è Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa, il quale nell’editoriale del 23 maggio scrive: “«Ho avuto la netta assicurazione da Zelensky che non useranno gli F-16 su territorio geografico della Russia» ha detto Joe Biden nella conferenza stampa finale del G7, spiegando che l’eventuale fornitura di questi caccia è intesa in una prospettiva lunga e non avrebbe nessun ruolo in questa fase in cui ci si attende la controffensiva di Kiev.  Per Biden è «molto improbabile che gli F-16 abbiano un ruolo in questo contesto ma lo avranno in un contesto in cui gli ucraini abbiano successo nel prossimo futuro, e dovranno continuare a combattere con i russi che si saranno spostati in aree che non sono più raggiungibili con le attuali capacità»”.

“La decisione statunitense di sostenere gli alleati europei disposti a cedere i propri vecchi F-16 A/B (aggiornati ma risalenti agli anni ’80) all’Ucraina – aggiunge Gaiani – conferma quanto emerso già nei mesi scorsi e che più volte abbiamo evidenziato su Analisi Difesa: la conversione delle forze aeree di Kiev da velivoli e dotazioni di tipo russo/sovietico potrà avvenire solo a guerra finita o in seguito a un prolungato cessate il fuoco e non certo in tempi brevi. I tempi necessari ad addestrare il personale tecnico e i piloti richiedono almeno 18/24 mesi (in tempo di pace) e l’intero pacchetto che comprende velivoli, ricambi e sostegno logistico per motori, armi e dotazioni elettroniche non può venire realizzato nelle basi aeree ucraine minacciate dai bombardamenti russi e già in gran parte compromesse da 15 mesi di guerra. Al tempo stesso sembra da escludere che F-16 con le insegne ucraine possano colpire le forze russe operando da basi aeree situate in nazioni aderenti alla NATO, come ipotizzato oggi dall’ambasciatore russo a Washington Anatoly Antonov”.

Secondo Gaiani, “in base alle disponibilità rese note potrebbero essere 100/110 gli F-16 cedibili entro un paio d’anni da almeno quattro nazioni della NATO all’Ucraina anche se probabilmente non tutti in condizioni di volare, più forse qualche altra decina tra qualche anno. Altre nazioni europee che impiegano o riceveranno F-16 (portoghesi, rumeni, slovacchi, bulgari) potrebbero offrire formazione e supporto tecnico a Kiev. L’intera operazione richiederà alcuni miliardi di euro di investimenti, considerando anche la necessità di riconfigurare l’intera struttura dell’Aeronautica Ucraina e delle sue basi su mezzi ed equipaggiamento standard NATO”.

A questo punto Gaiani affronta anche una questione che riguarda quello che chiama “l’ennesimo autogol dell’Europa” ed è legata all’industria delle armi.

“Del resto – scrive Gaiani – dopo aver compromesso la stabilità energetica, economica e sociale dell’Europa, la guerra in Ucraina minaccia anche le prospettive dell’industria della Difesa europea non solo perché gli anglo-americani sono i “maggiori azionisti” della NATO e delle forze armate ucraine ma anche perché molti partner dell’Alleanza Atlantica e della stanno facendo incetta di sistemi d’arma anglo-americani a spese dei prodotti continentali. In questo contesto le pressioni di alcune nazioni del Nord Europa per fornire gli F-16 all’Ucraina costituiscono un enorme autogol oppure, a seconda dei punti di vista, un enorme regalo all’industria della Difesa degli Stati Uniti. Washington non intende fornire a Kiev propri velivoli (cioè F-16 surplus dell’USAF) per non accentuare gli attriti con Mosca a pochi mesi dall’inizio della campagna elettorale presidenziale ma ha tutto l’interesse a vedere la futura Aeronautica Ucraina riconfigurarsi su un velivolo “made in USA”. Questo significa che ricambi, armi imbarcate ed eventuali aggiornamenti per i vecchi F-16 ceduti dalle forze aeree europee saranno acquistati negli USA e che tra qualche anno l’Ucraina guarderà con ogni probabilità alle nuove versioni di questo versatile velivolo, come la Viper (se non addirittura agli F-35) per ammodernare la sua flotta da combattimento. L’Europa e la sua industria della Difesa hanno perso l’occasione di imporre all’Ucraina (in cambio degli aiuti militari ed economici e dell’impegno a farla entrare nella Ue) di pianificare il futuro della sua forza aerea nel dopoguerra su velivoli europei, ipoteticamente addestratori avanzati Leonardo M-346 e aerei da combattimento Eurofighter Typhoon e/o Dassault Rafale. Velivoli disponibili oggi anche di seconda mano e già equipaggiabili con i missili da crociera Storm Shadow/SCALP di MBDA che la Gran Bretagna ha fornito a Kiev (che li ha impiegati per colpire depositi e comandi russi a Lugansk e Berdyansk) e la Francia fornirà presto e che non sono mai stati integrati sugli F-16 di Lockheed Martin. Del resto proprio oggi l’alto rappresentante della politica estera UE, Josep Borrell, ha dichiarato che grazie ai fondi dell’European Peace Facility abbiamo reso disponibili aiuti militari all’Ucraina per un valore di 10 miliardi di euro  fornendo 220 mila munizioni d’artiglieria e 1.300 missili”.

Con quali ritorni?, chiede Gaiani.

Bella domanda, da rivolgere agli ectoplasmatici leader europei che cantano il jingle.

Se guardiamo ai tempi sin qui descritti, alle potenzialità degli eserciti e alle volontà di combattere per l’Ucraina, premesso che della sorte del signor Zelensky non ci importa nulla, ci importa moltissimo il destino dei poveracci che dovranno continuare a morire su un fronte che potrebbe durare anni.

Quanti ucraini devono ancora morire per gli errori commessi da amministrazioni americane prone al neoliberismo e all’illusione che il dio mercato fosse ormai inarrestabile, grazie anche alle teorie folli della fine della storia del politologo Francis Fukuyama?

Forse, al netto degli interventi della Nuland e di Soros, sarebbe interessante riprendere le lezioni del centenario Henry Kissinger, il quale, in un’intervista al Walla Street Journal, ha affermato: “Penso che la proposta di accettare l’Ucraina nella NATO sia stato un grave errore e abbia portato a questa guerra”.

Una constatazione ovvia che l’establishment d’Occidente nega in maniera ossessiva.

Arriviamo ad un ragionamento finale.

Se non si chiude la vicenda ucraina con un cessate il fuoco è possibile che, arrivati all’esaurimento i soldati ucraini, possano entrare in scena i mercenari, cosa già evidente con la Wagner sul fronte opposto.

La Wagner si finanzia con l’oro e con i diamanti delle miniere dei paesi africani e Evgenij Viktorovič Prigožin gioca all’interno della Russia proponendosi sempre di più come un leader non solo militare.

Quale capitano di ventura assolderanno gli ectoplasmatici canterini europei? E, visto che la storia insegna, se ci si affida ai capitani di ventura, prima o poi i capitani si trasformano in signori di sventure.

E allora, per ribadire un concetto inviso alla signora Ursula abitante della foresta nera, un cessate il fuoco si impone.

A bocce ferme sarà necessario che gli Stati Uniti e la Russia (gli ectoplasmi attuali non servono) stabiliscano nuove regole riguardanti la sicurezza europea, in quanto è impensabile che si mantenga in essere una tensione continua che demolirebbe, nel tempo, anche gli alleati europei.

P.S.

I confini nazionali sono sempre stati tracciati dai vincitori delle guerre, alla faccia dei popoli. E’ stato così anche nell’ultima guerra mondiale, Ne sanno qualcosa, ad esempio, i profughi italiani dalmati. Studiare storia e geografia insieme non farebbe male a certi tromboni. Altro che cancel culture.

A cura di Silvio Danesi

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