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L’ Angola al voto: analisi e prospettive tra Cina e Stati Uniti

Nel Paese si è da poco svolta la quinta elezione della storia in una situazione sociale e politica alquanto tesa, come testimoniato dagli scontri avvenuti e dalle continue proteste dell’opposizione. La vittoria del presidente uscente João Lourenço (JLo), leader del MPLA (Movimento Popolare per la Liberazione dell’Angola), è stata meno scontata rispetto a cinque anni fa (51,17%), mentre il suo principale sfidante, il leader dell’UNITA (Unione Nazionale per la Totale Indipendenza dell’Angola), Adalberto Costa Júnior si è fermato al 43,95%, confermando l’ascesa del suo partito e la voglia di cambiamento di un numero sempre crescente di angolani. Sebbene i due principali partiti abbiano dedicato poco spazio alla politica estera, come testimoniato dalle poche righe nei loro programmi, quest’ultima ha giocato e continuerà a giocare un ruolo importante da un punto di vista regionale ed internazionale durante la presidenza Lourenço.

L’ Angola al voto: analisi e prospettive tra Cina e Stati Uniti

Luanda più distante dalla Repubblica Popolare Cinese? Se la presenza cinese ha giocato un ruolo sempre maggiore nella ricostruzione del Paese sotto

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Luanda più distante dalla Repubblica Popolare Cinese?

Se la presenza cinese ha giocato un ruolo sempre maggiore nella ricostruzione del Paese sotto la presidenza di José Eduardo Dos Santos (1979-2017) dopo il termine della guerra civile interna nel 2002, la tendenza si è invertita da qualche anno. Infatti, il numero di residenti cinesi in Angola è sceso considerevolmente dopo aver raggiunto il picco una decina di anni fa, passando da 300.000 a meno di 20.000 abitanti. Sebbene tale tendenza sia iniziata ancor prima dell’inizio della presidenza Lourenço, con quest’ultimo tale politica sembra aver subìto un’accelerazione sotto diversi punti di vista. In effetti, JLo ha privilegiato le linee-guida delle istituzioni economico-finanziarie come il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale (BM), guidate perlopiù dagli Stati Uniti per mezzo del cosiddetto Washington Consesus. La motivazione della scelta di Lourenço risiede soprattutto nella volontà di diversificare l’economia, definendola una “questione di vita o di morte”. L’obiettivo è dunque la riduzione della dipendenza dalle esportazioni, in primis dal petrolio, il quale vale quasi l’85% delle esportazioni angolane. Tuttavia, la RPC continua ancora ad essere un partner importante a livello commerciale, specialmente per quanto riguarda le esportazioni di petrolio. Ugualmente, dal punto di vista commerciale Pechino ha raggiunto il picco in termini percentuali come prima destinazione dell’export angolano (60,5%), nonostante la pandemia. Inoltre, sono da segnalare sia la visita dello scorso novembre a Dakar del ministro degli Affari Esteri cinese, Wang Yi, durante la quale la RPC si è detta disposta ad aiutare l’Angola nella ripresa post-pandemica, così come l’assistenza cinese nella fornitura di attrezzatura medica e dei vaccini in contrasto alla pandemia di Covid-19 e la firma di un memorandum d’intesa per la costruzione di un parco industriale al fine di rafforzare la cooperazione economica e il trasferimento di tecnologia.

Angola e Stati Uniti: un futuro legame più stretto?

Mentre nel 2002, anno del termine della guerra civile angolana, gli Stati Uniti erano il primo paese di destinazione dell’export angolano, oggi la percentuale si attesta a poco più del 2% del totale. Questo a testimonianza del crescente disinteresse statunitense verso l’Angola e l’Africa in generale. Eppure, l’interesse di Washington per tale regione africana non è mai svanito del tutto e potrebbe assumere maggiore centralità alla luce della competizione con la RPC e la Russia. Infatti, sebbene tre senatori statunitensi abbiano firmato un documento nel quale si chiedeva il rispetto delle libertà e dei processi democratici in Angola, la quale non eccelle in tale categoria come mostrato dall’ultimo rapporto dell’Indice di Democrazia, non sono mancati episodi di supporto da Washington, come l’elogio pubblico dell’ambasciatore statunitense a João Lourenço. C’è di più. Luanda può fungere da elemento pacificatore nella zona dei Grandi Laghi, in particolar modo nel caso delle tensioni tra Ruanda e Repubblica Democratica del Congo. A tal proposito, il segretario di Stato, Anthony Blinken, ha recentemente compiuto due viaggi diplomatici esattamente in questi due ultimi Paesi, a testimonianza di come tali aree rappresentino una priorità nel contesto africano per gli Stati Uniti. Inoltre, Blinken stesso, durante il suo secondo viaggio diplomatico in Africa, ha sottolineato il supporto statunitense al ruolo da mediatore per la pace svolto dal presidente Lourenço in occasione di diversi conflitti, come quello tra Repubblica Democratica del Congo e Ruanda. In tal senso, è da rimarcare il vertice tenutosi a Luanda lo scorso luglio tra Félix Tsishekedi, presidente della RDC, e Paul Kagame, presidente del Ruanda, nel tentativo di raggiungere un accordo di pace e far cessare le tensioni nella regione nordorientale della RDC. Non solo, anche l’ex inviato speciale statunitense nella regione dei Grandi Laghi Africani dal 2018 al 2021, John Peter Pham, ha definito la regione dei Grandi Laghi molto più stabile, molto più pacifica e con un clima molto migliore per gli investimenti rispetto al 2018. Tali risultati sono visibili nel miglioramento dei rapporti tra Uganda e Ruanda, così come nel miglioramento delle relazioni tra la RDC e il Ruanda. Ciò, a suo dire, è dovuto in buona parte alla mediazione di Lourenço. Sebbene le tensioni nella regione non si siano placate del tutto, Washington potrebbe continuare a fare affidamento all’Angola per portare stabilità regionale, considerate anche le crescenti tensioni nell’Indo-Pacifico, Taiwan in primis, teatro geopolitico prioritario per gli interessi del Paese a stelle e strisce.

L’Angola come possibile potenza regionale

Sebbene la minor presenza cinese in fatto di numero di residenti che di imprese impegnate sul territorio angolano sia un dato di fatto, la RPC continua ad intrattenere rapporti stretti con l’Angola, come dimostrato anche dalla partecipazione di alcuni membri del MPLA alla scuola di formazione politica guidata dal Partito Comunista Cinese nei pressi di Dar Es Salam, oltre che dall’intensificarsi dei rapporti commerciali. Lo stesso ambasciatore della RPC in Angola, Gong Tao, aveva dichiarato, prima delle elezioni, l’intenzione di mantenere dei buoni rapporti a prescindere dal partito vincente, ritenendolo “un paese fratello” e auspicando delle elezioni democratiche. Da Washington, così come da Pechino, è plausibile aspettarsi dei tentativi di portare Luanda sempre di più nel proprio campo, la quale si è astenuta nelle votazioni di condanna dell’invasione russa e nella decisione di escludere la Russia dal Consiglio dei Diritti Umani, preferendo dunque una posizione neutralità come la RPC. Se la riconferma della maggior parte della squadra dei ministri, specialmente quelli delle finanze e degli affari esteri, di Lourenço può andare più a favore degli States dato il progressivo allontanamento dalla RPC, è proprio la questione dei diritti umani che potrebbe continuare a favorire quest’ultima ai primi. Dal momento che gli Stati Uniti danno grande importanza a tale tematica anche nel contesto africano, come dichiarato recentemente da Blinken nel caso ruandese, i diritti umani potrebbero destare una certa preoccupazione in un Paese come l’Angola, data la sua posizione nelle classifiche di rispetto dei diritti umani e delle libertà democratiche, nonostante passi in avanti come la decriminalizzazione dell’omosessualità. Infine, l’Angola potrà ergersi definitivamente a Stato-guida nelle trattative di pace a livello regionale solo quando avrà trovato la piena stabilità interna, la quale sembra ancora lontana date le proteste di presunti brogli elettorali dei partiti di opposizione UNITA e CASA-CE in seguito alle elezioni, al punto da presentare ricorso, poi rigettato, al Tribunale Costituzionale. In tal senso, è possibile evincere la secondarietà della politica esterna, come precedentemente confermato dai programmi elettorali di entrambi i principali partiti, prettamente incentrati sul sostegno alle fasce più fragili della popolazione e sullo sviluppo economico nazionale.

Fonte: Geopolitica.info

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