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Uno stato per due popoli in Israele-Palestina

Uno stato per due popoli in Israele-Palestina

Se durante la propria amministrazione Donald Trump ha garantito un incondizionato appoggio alle politiche coloniali israeliane – plasticamente rap

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Se durante la propria amministrazione Donald Trump ha garantito un incondizionato appoggio alle politiche coloniali israeliane – plasticamente rappresentato dalla decisione di spostare l’ambasciata americana da Tel Aviv a GerusalemmeJoe Biden sembra aver scelto la strada della non-ingerenza nelle questioni israelo-palestinesi. Il risultato è che l’espansione israeliana nei territori palestinesi prosegue indisturbata. Nel giro di poche settimane potrebbero essere approvate nuove imponenti edificazioni ebraiche a Gerusalemme Est – che è un territorio occupato da Israele e abitato da centinaia di migliaia di palestinesi. Queste ultime, insieme a quelle varate pochi giorni fa, costituirebbero una delle più imponenti ondate di colonizzazione ebraica della città degli ultimi 30 anni.

In blu le aree di nuova edificazione ebraica a Gerusalemme Est

Il termine “colonizzazione”, ripetuto più volte in queste prime righe, potrebbe suonare desueto. In verità è l’unico termine appropriato per descrivere precisamente l’azione israeliana nei territori palestinesi. In sintonia con i processi coloniali dei secoli passati, a partire dal 1967 lo stato di Israele ha ininterrottamente espanso la propria presenza fisica e il proprio dominio su territori che, secondo il diritto internazionale, non gli appartengono. L’esito di questi 54 anni di colonizzazione, chiaro in qualunque angolo della Cisgiordania, diviene plateale a Gerusalemme.

La Città Santa è passata dall’essere nel 1967 una città divisa – per metà controllata e abitata da israeliani (Gerusalemme Ovest) e per metà controllata e abitata da palestinesi (Gerusalemme Est) – all’essere oggi una città quasi interamente israeliana. Oggi le aree ebraiche si estendono senza soluzione di continuità tanto a Gerusalemme Ovest quanto a Gerusalemme Est, con qualche sporadica interruzione costituita dai quartieri palestinesi, per lo più poveri e degradati.

A fronte della terribile efficacia e apparente inarrestabilità del processo di colonizzazione israeliana, viene da chiedersi se abbia ancora senso parlare della possibilità di creare in Israele/Palestina due stati (per due popoli). Quello della “soluzione dei due Stati” è un mantra decennale. C’è tuttavia chi sostiene che sia tempo di fare un passo oltre, semplicemente perché questa opzione non è più praticabile in forme accettabili, proprio per effetto di mezzo secolo di colonizzazione israeliana. Continuare a parlare della ridivisione di Israele/Palestina (e di Gerusalemme) più o meno lungo il perimetro della cosiddetta Linea Verde – il confine che separava Israele dai territori palestinesi prima della guerra del 1967 e della successiva occupazione israeliana della Cisgiordania – non solo non ha più senso, ma rischia di essere deleterio. Ostacola infatti l’emergere di altre proposte.

Tra queste, quella sostenuta da una rete di intellettuali, accademici e attivisti israeliani e palestinesi (riuniti sotto lo slogan di One State Campaign) è la creazione di un unico stato democratico nell’intero territorio di Israele/Palestina. Su questo territorio, infatti, c’è già de facto un unico stato che governa. Ed è quello israeliano – l’autorità palestinese è talmente limitata in termini di potere e aree controllate da essere quasi insignificante. Ma lo stato israeliano che oggi governa Israele/Palestina non è uno stato realmente democratico. Si tratta – per usare le parole di un noto studioso israeliano, Oren Yiftachel – di una etnocrazia, ossia di uno stato che garantisce e promuove la supremazia e il dominio di un gruppo (gli ebrei-israeliani) su un altro (gli arabo-palestinesi). Ciò avviene tanto all’interno dei confini legittimi di Israele (in cui gli arabo-israeliani sono cittadini di seconda classe da molti punti di vista), quando all’interno dei territori palestinesi occupati.

È su questo sfondo che il nuovo orizzonte politico per chi vuole una soluzione pacifica e giusta per quella terra dovrebbe essere la costituzione di un’unica democrazia costituzionale in Israele/Palestina, che assicuri a tutti i cittadini uguali diritti, libertà e sicurezza, senza discriminazione alcuna basata su etnia, appartenenza culturale o altro. Uno stato che garantisca la protezione dei diritti dei diversi gruppi che abitano l’area, senza che alcun gruppo ne controlli o domini un altro. Uno stato che cerchi di garantire giustizia economica e sociale per gruppi (gli ebrei-israeliani e gli arabo-palestinesi) che partono da una situazione economica radicalmente squilibrata – anche e soprattutto a causa dell’occupazione militare israeliana. È sicuramente una soluzione politica non facile da attuare (ma quale lo è?).  Tuttavia, per lo meno, delinea una prospettiva di uscita, possibile e giusta, dal vicolo cieco nel quale la colonizzazione israeliana ha cacciato le prospettive di pace nell’area.

Fonte: Huffingtonpost.it

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