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Semproniano, l’oasi dei macachi: «Erano cavie, qui ritrovano la pace»

Il centro accoglie animali utilizzati nella ricerca. La Lav: «Vorremmo poter ospitare le visite degli studenti»

Semproniano, l’oasi dei macachi: «Erano cavie, qui ritrovano la pace»

SEMPRONIANO (Grosseto) - Uno spicchio di paradiso Lucio e Bob se lo sono già guadagnato. E, passato lo stupore dei primi momenti, dopo un viaggio di o

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SEMPRONIANO (Grosseto) – Uno spicchio di paradiso Lucio e Bob se lo sono già guadagnato. E, passato lo stupore dei primi momenti, dopo un viaggio di ore da Verona fino alle colline della Maremma, sono usciti dalla gabbia di protezione per abbracciare quella natura negata da anni. Charlie invece ha ancora paura. Ci guarda aprendo la bocca, come fa con i nemici. Sulla testa sono visibili orribili cicatrici. «Quel che resta di un impianto cranico», spiega Michela Kuan, biologa e responsabile Lav dell’area ricerca senza animali. «Ha subito sperimentazioni lunghe e invasive. Ha 28 anni, Charlie, è molto vecchio ma anche lui adesso ha acquisito il diritto a una nuova vita».

Nuovi arrivi

Lucio, Bob e Charlie, sono i tre macachi appena arrivati al Crase, il Centro di recupero per animali selvatici ed esotici di Semproniano, in provincia di Grosseto, non lontano dalle terme di Saturnia. Non saranno mai più animali liberi, queste scimmie, perché la loro natura è stata modificata da altri primati, gli umani, ma in questi cinquanta ettari immersi in una vegetazione spettacolare potranno trovare quella serenità che sino a oggi è stata loro negata. I tre macachi sono liberi grazie a un accordo tra Comune e Università di Verona per interrompere la sperimentazione sui primati.

I «miracolati»

Non sono i soli miracolati. Nel centro c’è un’altra cinquantina di scimmie. «Abbiamo in cura anche colonie di macachi recuperati dalle Università di Modena e Padova», spiega Gianluca Felicetti, presidente della Lav. «Arrivano qui come individui condannati all’ergastolo senza alcuna colpa, molti dei quali si portano dietro decenni di sofferenze che hanno subito nei laboratori dove hanno conosciuto sbarre di ferro e cemento e hanno vissuti in gabbie anguste. Ma con il tempo grazie al recupero di spazi, alla socializzazione e al lavoro delle nostre primatologhe, che li assistono notte e giorno, riescono poi a riconquistare la loro natura animale».

Il centro di Semproniano

A Semproniano, nei cinquanta ettari per metà di proprietà della Lega anti vivisezione e per l’altra metà del veterinario Marco Aloisi, l’ideatore del Centro, sono custoditi più di mille animali. Specie sottratte non solo ai laboratori ma anche a privati, circhi, persino a un ristorante che usava come richiamo due caimani, che oggi vivono qui in una serra dove è stato riprodotto il loro ambiente naturale. Visitare il Centro, che purtroppo per mancanza di una normativa è vietato al pubblico, è un’esperienza straordinaria. Ci sono lupi e ibridi, lama, dromedari, zebre, istrici, uccelli rapaci, serpenti tropicali, enormi pappagalli brasiliani che ti salutano con il più improbabile “ciao”. E ancora tassi, fenicotteri rosa. E leoni. Eccoli Elsa e Madiba, sdraiati al sole di un giugno (quasi) africano.

Gli ospiti

«Sono un maschio e una femmina, sequestrati a due circhi», racconta Giacomo Bottinelli, volontario Lav, «hanno subito mutilazioni. Elsa non ha le unghie delle zampe posteriori, Madiba non ha la coda». Vivono su un’ampia collinetta recintata e qui hanno assaporato un po’ di libertà che non avevano mai conosciuto. Non ci sono solo animali esotici a Semproniano. In vent’anni il Centro ha accolto più di 15 mila animali, il 70% degli ospiti è stato riammesso in natura, ma purtroppo molte specie, soprattutto quelle nate in cattività, dovranno essere accudite a vita. «Un impegno fondamentale», spiegano Aloisi e Felicetti, «anche perché il nostro centro non è uno zoo, ma un sistema complesso dove gli animali possono ritrovare se stessi». Il futuro? Il Crase accoglierà sempre più animali (è considerato un centro di eccellenza anche all’estero) e cercherà di diventare un luogo dove imparare ad amarli e rispettarli. «Vorremmo avere norme che ci consentissero di aprire al pubblico e soprattutto alle scuole», spiegano Felicetti e Aloisi, «con un progetto di grande potenzialità educative sul rispetto anche della legalità nei confronti degli animali. Spero che governo e Parlamento possano riconoscere le possibilità morali, ma anche sociali, che una nuova pedagogia sugli animali può offrire a noi umani».

Fonte: Il Corriere

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