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Al Sud l’innovazione e il lavoro diventano armonici

Intervista a Francesco Cicione, fondatore dell’Harmonic Innovation Hub che nascerà in Calabria grazie esclusivamente a investitori privati

Al Sud l’innovazione e il lavoro diventano armonici

Il futuro del lavoro è già presente, con queste parole si presenta Francesco Cicione, manager visionario ed esperto di politiche attive e inclusive ch

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Il futuro del lavoro è già presente, con queste parole si presenta Francesco Cicione, manager visionario ed esperto di politiche attive e inclusive che è riuscito a fare quello che molti non avevano mai immaginato… convincere i privati (tra cui il Fondo Infrastrutture per la Crescita di Azimut) a investire milioni di euro in Calabria per creare un centro di innovazione per le imprese e le startup unico in Europa.
Si chiama Harmonic Innovation Hub: ispirato all’affascinante concetto di Innovazione Armonica, sarà molto di più di un incubatore, ma un vero e proprio ecosistema fertile per la nascita e la crescita delle imprese rivolte a tutta l’area MEDA (Europa e Mediterraneo). Per capire come l’Armonia si può applicare all’innovazione e alla trasformazione del lavoro ne abbiamo parlato con il suo ideatore.

Cos’è l’Harmonic Innovation Hub e come nasce questo progetto?
«Harmonic Innovation Hub è una piattaforma totale per l’innovazione che si ripropone di accompagnare imprese, territori e pubbliche amministrazioni nelle sfide della transizione digitale, ambientale e socio-economica mediante il coinvolgimento dei più importanti player, centri di ricerca, startup e fondi di investimento, per l’affermazione di percorsi concreti e virtuosi di crescita sostenibile a forte impatto. Il progetto nasce dall’intuizione controintuitiva, improbabile e possibilista, di creare nel Sud Italia, in Calabria, nel cuore del Mediterraneo, un grande campus per l’innovazione sul modello dei più avanzati benchmark mondiali, con uno sguardo rivolto al Mediterraneo, più in generale alla EUMENA Region, e al ruolo geo-politico e geo-strategico che, nel solco di Braudel e La Pira, l’Italia e il Sud Italia possono e debbono svolgere in questa fase storica segnata da cambiamenti epocali».

Quante sono le aziende che partecipano all’Innovation Hub, di quali settori? E cosa trovano nell’hub?
«Ad oggi abbiamo formalizzato più di 150 manifestazioni di interesse da parte di grandi player nazionali e internazionali, pmi e startup operanti prevalentemente negli ambiti dell’economia circolare, della manifattura, delle scienze della vita, della società intelligente e della finanza tecnologica. Nell’hub, che sarà pienamente operativo dal secondo semestre del 2023, si avrà la possibilità di essere supportati in tutta la filiera dell’innovazione: dalle attività di R&D e trasferimento tecnologico alle attività di scale-up, passando per i processi di incubazione, accelerazione, venture building, R&D valorization, venture capitale, formazione ecc. Il nostro sarà uno dei pochissimi hub in cui tutti questi aspetti potranno essere presidiati in un unico e organico contesto fisico».

Quali sono gli obiettivi dell’hub che ha sede in Calabria riuscirà a varcare i confini del territorio?
«L’obiettivo è quello di porsi concretamente al servizio dei fabbisogni di crescita sostenibile dei territori dell’Area del Mediterraneo. Perseguiamo questa prospettiva con determinazione e consapevolezza. Intanto costituisce già un fatto di rilievo che importanti player nazionali e internazionali siano parte del progetto».

Lei parla spesso di innovazione armonica, cosa vuol dire?
«Il paradigma dell’innovazione armonica, frutto di un originale lavoro di ricerca sviluppato all’interno del nostro ecosistema che oggi si sta affermando nella comunità internazionale di riferimento, si pone come un ulteriore stadio evolutivo del concetto di innovazione. Per molti secoli, infatti, l’innovazione è stata caratterizzata da un modello chiuso fondato sull’idea di competizione. Nell’ultimo ventennio, poi, l’avvento della globalizzazione e della rete hanno segnato il passaggio all’era dell’innovazione aperta, contraddistinta da una forte tensione collaborativa. Oggi, a nostro avviso, è arrivato il tempo di fare un ulteriore passo in avanti. Abbiamo bisogno, sempre dal nostro punto di vista, di un’innovazione armonica, capace, nella comunione dei talenti, di garantire una crescista sostenibile, equa, inclusiva, coesiva e generativa. Un’innovazione al servizio del framework delle più importanti policy globali: Agenda Onu 2030, Green New Deal, Next Generation EU, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. E perché no, anche con il magistero espresso dalle encicliche Laudato Sii e Fratelli tutti di Papa Francesco, che in maniera profetica hanno introdotto la potente prospettiva dell’ecologia integrale».

E l’armonia che c’entra?
«Molte volte, in passato, si è fatto ricorso al concetto di “armonia” in diverse culture e discipline: nella mitologia (figlia di Ares e Afrodite, nonché sposa di Cadmo) con i significati che ne conseguono; nella matematica e nella fisica con gli equilibri che implica; nella musica con l’estasi che ne deriva; nelle scienze sociali con le aspirazioni e le utopie che ha alimentato; nella cultura orientale. La nostra è una via nuova e originale, nel contempo forte di molte radici. Nella nostra prospettiva, infatti, il richiamo al concetto di “armonia” assume una dimensione più “essenziale” e “costitutiva”. Nella cornice dell’armonia il concetto di innovazione assume nuova luce nella prospettiva pitagorica, nel contempo estetica e morale, logico-matematica e filosofico-umanistica. La cultura dell’armonia, intesa come “metodo”, può, infatti, valorizzare pensieri diversi, superando nel contempo sia la tendenza all’esasperazione del relativismo politicamente corretto che l’abitudine alla radicalizzazione intransigente del dogmatismo assolutistico, in questa perenne spinta verso la novità sempre nuova che muove l’umanità, emancipandola dal rischio del pensiero unico (o dei pensieri unici e reciprocamente escludenti). Per questo la si chiama Innovazione armonica. L’obiettivo è quello di ribadire l’urgenza ontologica che il richiamo al concetto di innovazione come soluzione o politica di reazione all’emergenza Covid-19 e, più in generale, alla costruzione di un “frammento di futuro”, abbia valore e stigma di concreta praticabilità solo se capace di recuperare un “cuore”, un “cuore” continuamente rigenerato dalla sapienza multidisciplinare che ha accompagnato il cammino dell’umanità nella sua storia».

Quale innovazione per favorire l’uscita dall’emergenza Covid-19?
«Abbiamo bisogno di un’innovazione coraggiosa e cognitivamente dissonante, capace di abilitare un tangibile slittamento paradigmatico nel modello di sviluppo consolidato che ha rivelato tutti suoi limiti, le sue contraddizioni, le sue inaccettabili diseguaglianze e ingiustizie. I prossimi saranno i decenni che transiteranno l’umanità in una nuova dimensione. Dall’economia analogica all’economia digitale e della conoscenza, dal monetarismo classico alla finanza di impatto, dai combustibili fossili alle fonti rinnovabili. Si tratta di sfide epocali. Proprio per questo abbiamo bisogno, nel contempo, di un’innovazione capace di senso. Un’innovazione eticamente fondata che sappia fare sintesi tra scienza e sapienza, tra tecnica e umanesimo, tra razionalità e spiritualità. Un’innovazione che non abbia timore di confrontarsi con il concetto di limite. Abbiamo bisogno, in definitiva, di un’innovazione amica dell’uomo e che abbia sempre presente l’origine prima, il divenire e il fine ultimo della vita, per poter essere sempre al servizio di uno sviluppo integrale della persona. Questa, appunto, è quella che noi chiamiamo Innovazione armonica».

Che ruolo può e deve svolgere l’innovazione nella trasformazione del lavoro? Come sarà il lavoro di domani?
«L’innovazione è nel contempo causa ed effetto del profondo processo trasformativo che sta interessando il mondo del lavoro. Diversi e autorevolissimi studi di scenario ci dicono che circa il 30 % dei lavori che si affermeranno già nel 2025, oggi nemmeno esistono. Inoltre, in un mondo che evolve a velocità della luce, lo “skill mismatch”, ovvero l’inefficiente allocazione delle risorse umane, è diventato una piaga globale e nel contempo uno degli indicatori più potenti di inefficienza o di ritardo di sistema. Si pensi, infatti, che il disallineamento tra le competenze richieste dalle aziende e quelle di cui sono in possesso i lavoratori colpisce addirittura 1,3 miliardi di persone al mondo, riducendo del 6% la produttività del lavoro a livello globale e generando ogni anno, sempre su scala globale, circa 5mila miliardi di dollari di mancata produttività. Se zoomiamo sull’Italia, i ritardi del nostro Paese sono evidenti: siamo ultimi per competenze informatiche, penultimi come numero di laureati, terzi al mondo per il disallineamento tra le discipline di studio scelte dai giovani e le esigenze del mercato del lavoro. Da cosa dipende tutto questo? Probabilmente da un sistema educativo, formativo, organizzativo, produttivo e normativo forgiato sulle esigenze di una società industriale, fatta di produzioni e comportamenti sociali e giuridici standardizzati. Si tratta di modelli obsoleti in un mondo del lavoro che evolve a velocità della luce. Che necessitano di innovazione per produrre innovazione. Abbiamo bisogno di favorire, anche legislativamente, la propensione all’innovazione e le relative sperimentazioni. Abbiamo bisogno di apparati statali collaborativi e non repressivi. Si tratta di quel “salto di efficienza e di stato” ormai non più derogabile cui ha fatto riferimento il presidente Mattarella nel suo discorso di insediamento».

Per realizzare tutto questo, lanciare le startup, farle durare e realizzare profitti, per fare innovazione e permettere alle pmi di collaborare in rete non pensa che ci voglia più managerialità?
«La managerialità è fondamentale. I nostri tempi esigono nuove ownership e manager inediti, aperti, creativi che, in chiave di open innovation, promuovano e favoriscano il passaggio dalla conoscenza verticale all’integrazione orizzontale dei domini diffusi di intervento, attraverso un approccio interdisciplinare, fluido e multilivello, integrato e organico, coniugando le discipline socioeconomiche e umanistiche con quelle scientifiche e tecnologiche, per essere capaci di dominare saperi dispersi, custodendone, nel contempo, il senso, la direzione e la centralità della persona e dei valori di riferimento. Questa esigenza è prioritaria sia nelle startup, dove team giovani e spesso inesperti hanno bisogno della necessaria solidità per contemperare la loro forte propensione creativa, quanto nelle società e nelle organizzazioni (anche pubbliche) più affermate dove la resistenza al cambiamento e la forte tendenza alla conservazione diventano, per contro, una barriera al futuro. “Futuro è abitare la possibilità” scriveva Emily Dickinson, in un suo straordinario e potentissimo verso. Il manager è tra gli abilitatori più potenti di ogni potenziale ancora inespresso o da esprimere».

Il concetto di temporary management o management orizzontale, manager che prestano le proprie competenze a più aziende può funzionare?
«Direi che oggi è quasi una necessità. Nell’era della società e dell’impresa fluida non può non esistere una managerialità altrettanto fluida che, in uno sforzo di continuo trespassing di dominio e di contesto, si pone come abilitatore di dinamiche collaborative estese di contaminazione e cross fertilization. A patto, però, che si coltivi una forte cultura dell’orientamento al risultato. E che ogni contributo sia reso funzionale alla creazione di organizzazione aziendali stabili, durature e sempre più consapevoli. Il ricorso al temporary manager deve essere a supporto e non sostitutivo di una sana, efficiente, efficace ed effettiva strutturazione interna».

Francesco Cicione, presidente fondatore Harmonic Innovation Hub
Fondatore e presidente di Entopan – Smart Networks & Strategies, ha promosso e coordinato la nascita di Harmonic Innovation Group Benefit Holding SPA e lo sviluppo del progetto Harmonic Innovation Hub, il più esteso e articolato campus per l’innovazione del Sud Italia e dell’Area del Mediterraneo. È advisor di importanti player sui temi dell’innovazione e venture partner di qualificati fondi di investimento e venture capital. È vicepresidente esecutivo di International Institute Colorni-Hirschman, think thank che opera su scala globale coinvolgendo in maniera stabile e organica alcuni tra i più importanti scienziati sociali ed economisti di formazione colorniana ed hirschmaniana attivi sulla scena mondiale. Ispiratore del paradigma dell’Innovazione armonica che si sta affermando su ampia scala nella comunità scientifica e operativa di riferimento, è curatore e direttore della collana editoriale Harmonic Innovation della Rubettino Editore e dell’Harmonic Innovation Festival.

Fonte: Manageritalia.it

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