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Corte tedesca congela il Recovery: che succede adesso?

Aiuti europei fermi sino al pronunciamento

Corte tedesca congela il Recovery: che succede adesso?

Si scrive Recovery Fund, si legge strada in salita. L’ultimo ostacolo – in ordine di tempo – arriva nientemeno dalla Germania che – insieme a Francia

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Si scrive Recovery Fund, si legge strada in salita. L’ultimo ostacolo – in ordine di tempo – arriva nientemeno dalla Germania che – insieme a Francia e Italia è sicuramente tra i Paesi che maggiormente lo hanno sostenuto. Dopo il semaforo verde del Bundestag e il varo del Bundesrat che aveva approvato in via definitiva la partecipazione al programma di aiuti da 750 miliardi pensato per risollevare le economie dei Paesi membri fiaccate da oltre un anno di pandemia, a guastare momentaneamente la festa ci ha pensato la Corte Suprema tedesca che ha sospeso l’iter di approvazione della legge di ratifica del Recovery Fund.

Prima della firma del presidente della Repubblica Frank-Walter Steinmeier, I giudici di Karlsruhe – balzati agli onori della cronaca nei mesi scorsi per essere intervenuti già sul Quantitative easing – dovranno pronunciarsi sui ricorsi arrivati a pioggia sin dalle prime ore dell’approvazione del Parlamento.

Su tutti, quello annunciato nei giorni scorsi dall’ economista e fondatore dell’AfD Bernd Lucke preoccupato dal fatto che alcuni Stati Ue potrebbero non essere in grado di ripagare la loro quota di debito e che il Recovery Fund si traduca in nuovi obblighi finanziari per il Paese. Stop, dunque, temporaneo, ai fondi europei in attesa del pronunciamento dei togati.

Finora,tredici i Paesi che hanno dato semaforo verde al Recovery Fund: Italia, Spagna, Francia, Portogallo, Grecia, Cipro, Lettonia, Belgio, Lussemburgo, Malta, Slovenia, Croazia e Bulgaria con la Commissione in pressing sugli altri Paesi membri per favorire un rapido avvio dell’erogazione delle risorse, adesso in “freezer” .

L’Italia resta alla finestra impegnata nella stesura del Recovery Plan, atteso a Bruxelles entro fine aprile. Ad indicare la via, il Presidente del Consiglio Draghi che nei giorni scorsi ha fissato il perimetro: obiettivo è “divenire capaci di spendere i fondi” europei a partire da quelli di Next generation Eu “e farlo bene”, ha detto intervenendo a “SUD – Progetti per ripartire”, l’iniziativa di ascolto e confronto promossa dal ministro Carfagna, spiegando di voler “fermare l’allargamento del divario e dirigere questi fondi in particolare su donne e giovani”.

Vietato sbagliare. Stavolta non c’è margine di errore. Il meccanismo è molto simile a quello scolastico con Bruxelles che – nei panni del professore “severo” – monitorerà ogni step dando i voti agli alunni, in questo caso, gli Stati beneficiari.I piani nazionali saranno, infatti, valutati in base a una griglia inserita nel regolamento. 11 i criteri indicati per ognuno dei quali verrà assegnato un certo “rating” – definito così da regolamento – espresso in voti: A, B o C.

Per superare il test servono otto A “tra cui quattro per i criteri che riguardano la capacità del piano di affrontare in modo efficace le sfide individuate nelle Raccomandazioni specifiche per Paese e di contribuire “all’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali anche tramite politiche per l’infanzia e la gioventù”, “alla transizione verde, compresa la biodiversità” (a questo va dedicato almeno il 37% delle risorse) e “alla transizione digitale” (20% delle risorse)”.Non c’è spazio per le insufficienze, pena la bocciatura. O, in questo caso, addio risorse.

Fonte: www.quifinanza.it

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