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Manifattura italiana, il saldo demografico è negativo

Manifattura italiana, il saldo demografico è negativo

Le imprese subiscono una forte contrazione che ridimensiona la loro presenza nell'economia italiana. Il numero delle realtà imprenditoriali attive nel

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Le imprese subiscono una forte contrazione che ridimensiona la loro presenza nell’economia italiana. Il numero delle realtà imprenditoriali attive nella manifattura accusa, soprattutto negli anni successivi alla crisi economica del 2008, una costante riduzione. Conviene osservare i dati forniti dagli Archivi camerali dal 2008 al 2018, i quali registrano una contrazione di oltre 100mila unità. È una perdita preoccupante perché impoverisce il tessuto economico, causando problemi occupazionali rilevanti. Ed è proprio in questi anni che assistiamo a crisi aziendali costanti dove il margine di salvezza delle imprese è davvero minimo. Scendiamo nel dettaglio per conoscere in maniera più approfondita la situazione economica. Tutto comincia tra il 2016 e il 2018 quando la flessione cumulata rileva ancora quasi 21mila imprese. La stima per il 2019 (primo semestre annualizzato) indica una ulteriore accentuazione di questa tendenza, a causa sia di un aumento delle uscite sia di una flessione delle entrate. Questo scenario non rassicura rendendo ancora più vulnerabile l’impresa italiana nel contesto internazionale.

Questo dato si inserisce in un quadro di nuovo deterioramento delle prospettive di crescita, come mostrato dall’andamento della produzione industriale manifatturiera, le cui variazioni tendenziali risultano negative dalla metà del 2018. La crisi economica coinvolge molte persone influenzando negativamente la produzione italiana. Se la nostra manifattura non riesce a risalire i livelli standard registrati prima della crisi sarà un delicato problema che l’Italia dovrà gestire nei prossimi anni.

C’è da tenere in considerazione anche lo studio realizzato dall’Ocse ad aprile 2019. «Negli ultimi anni l’Italia ha realizzato – si legge nel documento – una modesta ripresa, sostenuta dalle condizioni economiche globali, dalla politica monetaria espansiva e dalle riforme strutturali. Tuttavia, la ripresa si è recentemente indebolita e l’Italia continua a soffrire di problemi sociali ed economici di vecchia data. Gli standard di vita sono all’incirca gli stessi del 2000 e il tasso di povertà dei giovani rimane elevato. Le grandi disparità regionali si sono ampliate negli ultimi decenni. Un pacchetto di riforme globale, che aumenta la produttività e la crescita dell’occupazione, è la chiave per una crescita più forte e l’inclusione sociale. I benefici sul lavoro e un regime di reddito garantito moderato aumenterebbero l’occupazione e ridurrebbero la povertà, se sostenuti da programmi di ricerca e formazione professionale migliorati. Razionalizzare e migliorare il coordinamento tra gli organismi coinvolti nelle politiche di sviluppo regionale e rafforzare la capacità a livello delle amministrazioni locali contribuirebbe a stimolare la crescita e l’inclusione sociale nelle regioni in ritardo di sviluppo».

f.f.

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