C'è ancora molta strada da fare, ma il percorso sembra tracciato: il numero di imprese fintech con una leadership al femminile
C’è ancora molta strada da fare, ma il percorso sembra tracciato: il numero di imprese fintech con una leadership al femminile sta crescendo. A fotografare una parte dello stato dell’arte del settore sono i numeri del Fintech District, l’aggregatore milanese che vanta al suo interno 280 imprese. Oggi nella community del distretto del capoluogo lombardo sono 22 quelle fondate da una donna, attualmente attiva in azienda con un ruolo manageriale, e 15 quelle che hanno una amministratrice delegata. Anche se non si riesce ancora a raggiungere il 10% del totale, dal Fintech District precisano che fino a pochi anni fa si contavano sulle dita di una mano. E se secondo l’Osservatorio dedicato all’imprenditoria femminile di Unioncamere e Infocamere, nel 2022 le imprese femminili nei settori tradizionali sono diminuite di 6.000 unità rispetto all’anno precedente, in quelle innovative si registra una crescita: tra il 2022 e il primo semestre del 2023 ne sono state costituite 2.000 (+ 40% rispetto al biennio precedente).
“In questo contesto dinamico diventa cruciale la formazione e la creazione di percorsi ad hoc – racconta Clelia Tosi, direttrice del Fintech District a Milano -. Bisogna diffondere sempre più le storie di donne leader nell’ambito tecnologico e finanziario affinché diventino modelli di riferimento: ci sono colleghe in questo mondo che stanno portando avanti percorsi costruttivi e di successo. La leadership femminile è inclusiva, collaborativa e aperta al feedback, ed è sicuramente un approccio cruciale nei settori innovativi”.
Fintech e investimenti alle imprese
“Il fintech è ancora oggi un mondo molto maschile, dove le grandi startup del settore, gli unicorni, sono guidati da uomini. Arrendersi però allo stato delle cose vuol dire accettare che domani non ci saranno leader femminili. Se già alla partenza non c’è un po’ di leadership femminile non la ritroveremo dopo. La sfida parte da qui”. A parlare è Enrica Angelone, che dopo una carriera ventennale nel mondo finanziario, è cofondatrice e ad di Wallife, oltre a essere attiva anche come business angel nel mercato dell’insurtech, collaborando con varie realtà in Italia e all’estero come Growth Advisor. Dal 2020 Wallife propone soluzioni assicurative di protezione dai rischi derivanti dall’innovazione tecnologica e dal progresso scientifico.
Secondo Angelone, un passato da responsabile finanziaria in Venere.com (viaggi) e Octo Telematics (telematica per le assicurazioni), un futuro diverso si costruisce solo puntando sui finanziamenti. Nel 2022, a livello mondiale, secondo il portale specializzato Venturebeat.com, le fondatrici di startup innovative sono state il 15%. Negli Stati Uniti le startup guidate da donne hanno ricevuto solo l’1,9% dei finanziamenti (in calo dello -0,5% rispetto all’anno precedente): “La realtà è che le startup guidate da donne non vengono praticamente finanziate. In Italia nel 2022 sono stati investiti 2 miliardi in start up, contro i 14 della Francia, quindi è evidente che meno se ne fanno e meno possibilità ci saranno anche per le donne – prosegue Angelone, che con Wallife ha raccolto 16 milioni di euro, vantando tra gli investitori United Ventures e Aptafin. – Si investe poco in startup rosa perché negli stessi fondi di venture capital ci sono poche donne investitrici, creando un circolo vizioso che va spezzato. Inoltre, in generale, le donne considerano la carriera da start up troppo rischiosa rispetto a un progetto di vita con un lavoro stabile. Si dovrebbe invece vedere questo mondo come una possibilità di crescita, pensando magari all’inizio di proseguire come libera professionista, smettendola di temere che il possibile fallimento di un progetto innovativo si traduca nella fine della propria carriera. La startup è una realtà alla quale sono arrivata a 50 anni e sto imparando più adesso che negli ultimi 25 anni”.
Il nodo della cultura
“La situazione sta un po’ cambiando, in molti ambienti cominciano a vedersi sempre più donne in posizioni di leadership e il fattore generazionale conta molto: i giovani sono diversi, hanno già assimilato dei passaggi culturali importanti, come quello di considerare un professionista in quanto tale e non in base al genere”. Con in tasca una laurea magistrale in Economia politica alla Bocconi di Milano, Serena Torielli ha iniziato la sua carriera nel 1992 nella banca d’affari JP Morgan, dove, dopo un’iniziale esperienza nel trading di titoli di stato italiani, si è occupata della distribuzione di prodotti a reddito fisso a compagnie assicurative e asset manager italiani, in qualità di vice presidente del comparto. Dopo 7 anni in Goldman Sachs dove è stata anche responsabile del team commerciale dedicato al settore assicurativo, nel 2010 ha co-fondato Virtual B, oggi Wealthype, azienda fintech italiana che si occupa di data analytics, AI e digital marketing per banche e assicurazioni, nella quale ricopre la carica di ad.
Il fintech è un settore molto impegnativo e non è stato facile inserirsi in un mondo prettamente maschile: “Ho avvertito spesso negli occhi dei miei interlocutori quasi della diffidenza, o la volontà di dirmi come avrebbero fatto le cose meglio di me, ma sinceramente non ci ho mai dato troppo peso”. Per incentivare la presenza femminile in un percorso che unisce economia e tecnologia, molte volte competitivo, serve una visione strategica e a lungo termine: “Per avere un’effettiva parità di genere servirebbe un supporto sociale: certi lavori richiedono molte energie e determinate carriere sono ancora considerate attraenti solo per un pubblico maschile. Per questo è necessario prevedere incentivi precisi, un sistema di welfare adeguato, anche perché le donne sono un arricchimento in un settore molto specifico come il nostro. Le figure femminili che incontro nel nostro mondo portano sul tavolo una visione più ampia e anche per le aziende è importante non rivolgersi solo a metà del pubblico potenziale, sarebbe una scelta perdente”.
Un settore in evoluzione cerca risorse formate
“Il fintech, non essendo un settore solo tradizionale ma anche tecnologico, è più meritocratico e flessibile, permette di stare al passo con i tempi, con i cambiamenti del mercato”. Adriana Caione ha un Phd in Ingegneria dell’Informazione ed è assegnista post-doc presso il dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione dell’Università del Salento. Dal 2015 è co-fondatrice della startup VidyaSoft, della quale è ad da giugno 2019. Per Caione il fatto di avvicinare a una formazione altamente qualificata anche le ragazze è cruciale, anche per una maggiore presenza in futuro di donne alla guida di aziende innovative: “I giovani hanno bisogno di avere dei punti di riferimento, qualcuno in cui rispecchiarsi. Io vedo un cambiamento in positivo, c’è maggior interesse e opportunità per le donne di ricoprire ruoli manageriali. Per questo ogni iniziativa, ad esempio come quella di ‘She Fintech’ del Politecnico di Milano, può fare la differenza”.
Il fintech, secondo Caione, ha bisogno alcune caratteristiche che contraddistinguono la mente femminile: “Le idee provenienti da una donna risolvono spesso dei problemi che non si potevano cogliere a un primo sguardo. Nella mia carriera professionale ho visto in più occasioni i benefici del nostro pragmatismo applicato alla tecnologia, anticipando anche dei comportamenti degli utenti”. E aggiunge: “Gli istituti bancari si stanno sempre più aprendo verso le innovazioni tecnologiche che migliorano i processi e permettono agli utenti finali di usufruire di servizi migliori. Pensiamo all’utilizzo della blockchain per avere tutto tracciato in maniera sicura e certa, o all’intelligenza artificiale per individuare in maniera tempestiva eventuali frodi nelle carte di credito”.