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Il curriculum nascosto delle Big Pharm

Il curriculum nascosto delle Big Pharm

Immaginate che un pluricondannato per reati commessi nello svolgimento del suo lavoro continui indisturbato a svolgere tale lavoro e che, addirittura,

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Immaginate che un pluricondannato per reati commessi nello svolgimento del suo lavoro continui indisturbato a svolgere tale lavoro e che, addirittura, goda di prestigio, autorevolezza e credibilità proprio nel settore in cui opera e per cui è stato condannato più di una volta e che ha raggiunto svariati patteggiamenti per evitare altre condanne. Accettereste che una tale persona continui ad operare e che abbia in qualche modo a che fare con voi? Vi rivolgereste mai ad una persona di questo tipo per affidargli un lavoro?

La Repubblica, in una chiara manifestazione di bipolarismo, nel recensire la nuova serie tv statunitense – Dopesick – che racconta della problematica del massiccio abuso di oppiacei in quel Paese, titola il suo articolo nel seguente modo: “Big Pharma, la spacciatrice più grande d’America”. Eppure, sul medesimo giornale – come su altri – troviamo una sequela di articoli che riportano in maniera acritica quanto il cartello di Big Pharma, e i suoi componenti, propone in riferimento all’emergenza scaturita dal Sars-Cov2: non ci sono e non ci possono essere dubbi su quanto di buono «la spacciatrice più grande d’America» sta facendo oggi.

Sì, perché nonostante il curriculum poco rassicurante dei componenti del cartello farmaceutico sembra che questo non importi e che non si debba farsi troppe domande ed essere dubbiosi circa le innumerevoli commistioni d’interessi in gioco e l’operato sul piano etico di coloro che certamente non sono enti di beneficenza – visto anche il costo dei “vaccini” in Occidente e della pernacchia rivolta ai paesi poveri.

Fedina penale sporca

Tra il 2000 e il 2019, soltanto negli Stati Uniti, le case farmaceutiche hanno sborsato circa 25 miliardi di dollari per 233 casi di sentenze, sanzioni di enti controllori e regolatori, oppure a seguito di patteggiamenti e accordi privati (per evitare processi e nuove condanne): promozione off-label o non approvata di prodotti medicali, violazione della sicurezza delle apparecchiature farmaceutiche o mediche, pratica di fissazione dei prezzi o anticoncorrenziali, pubblicità ingannevole, sono alcune delle regioni delle condanne. Pfizer è la prima della classe sia per numero di condanne risarcitorie sia per cifra pagata: 47 casi per un valore che si aggira sui 4,5 miliardi di dollari. Merck segue con 42 condanne per cui ha pagato 3 miliardi di dollari e Johnson & Johnson si piazza sul gradino più basso del podio con 27 condanne e circa 3,4 miliardi di dollari pagati. Queste cifre si riferiscono agli Stati Uniti e prendono in considerazione solo le “case madri”, senza quindi contare le numerosissime affiliate e/o controllate. Nonostante le cifre assolutamente notevoli non si può non sottolineare come queste siano di gran lunga inferiori ai fatturati annuali delle aziende coinvolte. Inoltre, dobbiamo ricordare che dietro a questi freddi numeri ci sono storie di migliaia e milioni di persone che hanno subito gravi danni o che addirittura sono morte a causa dell’utilizzo dei farmaci prodotti e venduti da queste case farmaceutiche.

La strage degli oppioidi

Negli Stati Uniti, nel solo 2021, centomila persone sono morte per overdose da sostanze oppiacee. Una grossa fetta di questi decessi sono stati causati da farmaci oppioidi come Fentanyl OxyContin, utilizzati come droga a basso costo per larghissime fasce povere delle società statunitense. L’eroina è stata sostituita con farmaci prescritti da medici e acquistati in farmacia oppure sul mercato illegale, e molti sono coloro che iniziano direttamente con tali farmaci. Sono più di 2 milioni le persone registrate ufficialmente come dipendenti dai farmaci oppioidi, seppure classificata col più rassicurante nome di disturbo da uso di oppioidi (OUD). I decessi per overdose derivante da oppioidi è in evidente crescita dal 1999 ma il tasso di mortalità è aumentato in maniera repentina a partire dal 2015, come si evince dal Drug Overdose Deaths in the United States, 1999–2020, pubblicato nel dicembre scorso dal National Center for Health Statistics del CDC (Centers for Disease Control and Prevention).

Uno studio dimostra come tra il 2013 e il 2015 vi siano stati 434.754 pagamenti elargiti a 67.507 medici, in 2.208 contee, per una cifra totale di 39,7 milioni di dollari, per una massiccia campagna marketing di farmaci oppioidi. La ricerca conclude affermando che per tutte le contee coinvolte, la commercializzazione di prodotti oppioidi ai medici è stata associata ad un aumento della prescrizione di oppioidi e, successivamente, a un’elevata mortalità per overdose. Corruzione, malafede e sete di profitto sono gli ingredienti che hanno portato a spaventose cifre di sofferenza.

Lo scorso anno, il colosso dei servizi di consulenza McKinsey ha accettato di pagare 573 milioni di dollari in accordo con le richieste di 49 stati USA secondo cui avrebbe contribuito all’esplosione dell’utilizzo dei farmaci oppioidi fornendo indicazioni di marketing ad aziende del cartello farmaceutico come Johnson & Johnson e Purdue Pharma. Quest’ultima, nel 1997, iniziò a commercializzare il farmaco OxyContin nascondendo ai medici e alla comunità scientifica che il farmaco era più potente della morfina e causava forte dipendenza: dieci anni più tardi, nel 2007, una sentenza federale ha condannato l’azienda farmaceutica per tale comportamento. Purdue Pharma, di proprietà della ricca famiglia Sackler (a cui è stata garantita l’immunità penale e che tutt’ora non riconoscono la propria colpa), ha un contenzioso aperto, iniziato nel 2019, che vede sul piatto la cifra di 4,5 miliardi di dollari per i danni causati a circa 138.000 persone. In un rimpallo di sentenze, tra condanne, appelli, ribaltoni, nuove condanne e accordi privati, Johnson & Johnson, Mallinckrodt Pharmaceuticals, Teva Pharmaceuticals, Allergan e i distributori AmerisourceBergen, Cardinal Health e McKesson hanno raggiunti accordi a livello nazionale per un valore complessivo di 30 miliardi di dollari che dovranno servire per programmi di recupero e prevenzione della tossicodipendenza da sostanze oppiacee; molti di questi accordi sembrano però non essere destinati a decollare. Nel novembre scorso anche le tre più grandi catene di distribuzione statunitensi sono state considerate co-responsabili dell’immane tragedia: CVS, Walgreens e Walmart, sono state ritenute responsabili di aver contribuito ad alimentare la crisi degli oppioidi negli Stati Uniti.

Profitto e povertà: esperimenti e zero etica

Nei paesi poveri del mondo, dove la povertà è dilagante e la sopravvivenza è l’unico pensiero nella vita, gli attori del cartello farmaceutico si muovono con disinvoltura, con la storia che li vede come avanguardia nella risoluzione dei problemi umani, nel tentativo di portare aiuto a persone in forte bisogno di sostegno. Come già raccontato dalle colonne del The Washington Post, più di vent’anni fa, tra promesse e speranze si sono compiuti – e certamente ancor oggi – esperimenti che coinvolgono persone ignare e inconsapevoli di essere delle cavie. Nel caso specifico si parla della Nigeria nell’anno 1996, in cui Pfizer ha condotto una sperimentazione per un farmaco che avrebbe dovuto essere una manna dal cielo per gli azionisti. Un miliardo di dollari era la stima che si fece a Wall Street circa l’approvazione del Trovan. Tale farmaco venne poi tolto dal mercato europeo nel 1999 per gravi effetti collaterali mentre in Canada e negli USA è utilizzato in casi molto specifici, visti gli elevati rischi per la salute. In riferimento alla sperimentazione di questo farmaco sul giornale si scrisse: «Stavano usando l’epidemia di meningite in Nigeria per condurre esperimenti sui bambini con quello che Pfizer credeva fosse un nuovo antibiotico promettente, un farmaco non ancora approvato negli Stati Uniti». La morte e i danni permanenti di cui furono vittime diversi bambini è tutt’ora causa di un contenzioso che si svolge tra Stati Uniti e Nigeria, conosciuto come contezioso di Kano. In merito al caso in questione, e tutti quelli affini, il Washington Post scriveva: «Gli esperimenti sollevano domande sull’etica aziendale e sui profitti su una frontiera della globalizzazione in cui le aziende farmaceutiche esercitano un’enorme influenza e in cui i medici pagati dalle società con sede negli Stati Uniti a volte eseguono esperimenti su pazienti male informati in società autoritarie».

Perché fidarsi adesso?

I casi riportati sono una piccolo sunto delle controversie che hanno colpito le multinazionali del farmaco. Al lettore possono bastare poche ricerche per trovare una lunghissima mole di condanne, abusi e casi opachi che hanno coinvolto le big pharma e che qui abbiamo omesso per ragioni di spazio. Il curriculum di queste aziende imporrebbe di valutarne attentamente ogni azione, imponendo un controllo pubblico ferreo e indipendente al fine di valutare le loro attività e i farmaci immessi sul mercato. Peccato che gli enti regolatori pubblici, inclusa l’Ema (Agenzia del farmaco europea) sono pieni di dirigenti che almeno per parte della carriera sono stati al soldo delle aziende in questione. Un fatto che certifica un problema di salute pubblica e mancata vigilanza. Di certo ai cittadini non può essere chiesto di credere che oggi queste aziende operino per il bene comune.

Fonte: Indipendente.online

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