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Barbera: “La legge sulla Concorrenza non apre il mercato nei porti ma crea possibili monopoli come PSA-Sech”

Il presidente di Uniport è molto critico sul Ddl approvato dal CdM: “La norma dovrebbe difendere le Pmi operanti nei porti, e non il contrario”

Barbera: “La legge sulla Concorrenza non apre il mercato nei porti ma crea possibili monopoli come PSA-Sech”

Accoglienza decisamente negativa, quella del mondo portuale nei confronti della nuova legge sulla Concorrenza approvata dal Consiglio dei Ministri. Al

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Accoglienza decisamente negativa, quella del mondo portuale nei confronti della nuova legge sulla Concorrenza approvata dal Consiglio dei Ministri. Al fronte compatto delle sigle sindacali, contrarie al testo uscito da Palazzo Chigi, si unisce anche Uniport, l’Unione Nazionale delle Imprese Portuali, che lo scorso giugno ha incassato l’ingresso nell’associazione di 12 nuovi membri, tutti terminal del network MSC, che operano in tutti i principali porti del Paese, da Genova a Venezia, da Trieste a Livorno, da Napoli a Gioia Tauro e che rappresentano oltre il 50% dei contenitori movimentati nel 2020 (5,5 milioni di Teu).

Il presidente Federico Barbera, raggiunto da ShipMag, è netto nel suo giudizio: “La cosa bizzarra è affermare che il decreto si occupi di concorrenza, visto che la linea scelta è quella di destrutturare la regolamentazione della legge 84/94”. Nel decreto si legge, ad esempio, che il divieto di cumuli di concessioni non si andrà ad applicare nei porti di rilevanza economica internazionale e nazionale, il che porterebbe a “situazioni limite” andando a creare “possibili monopoli”.

“In sostanza”, dice Barbera, “si andrebbe a prendere atto di condizioni che abbiamo sempre denunciato, come ad esempio la fusione a Genova tra PSA e Sech. Una condizione di monopolio de facto, che rende un terminalista molto più pesante dei suoi concorrenti. Che senso ha legiferare in questa direzione?”, s’interroga il presidente di Uninport.

Se promuovere la concorrenza è alla base dell’impianto della legge, è vero che saranno molte le azioni volte alla trasparenza per il singolo consumatore. “Ma non per le attività portuali: purtroppo, nella legge non c’è alcuna riferimento a questa struttura ideale”, denuncia Barbera. Che osserva: “Visto che le attività nei porti non rispondono solo alla legge di mercato, ma fanno riferimento a infrastrutture e investimenti pubblici che vengono dati in concessione, esiste già un sistema di regolamentazione. Ecco perché la legge dovrebbe andare nella direzione di salvaguardia delle piccole e medie imprese operanti nei porti, e non il contrario”.

Barbera avverte: “L’occupazione deve restare sul territorio, è giusto che una norma, se seria, si prenda delle responsabilità e dica quali siano i lavori portuali che vengono regolamentati nuovamente”. La domanda chiave, secondo il presidente di Uniport, è: “Perché non si va verso un’apertura del mercato, come richiesto dall’Unione Europea e dall’Antitrust, ma verso una chiusura?”. Quindi, Barbera sollecita il governo a prendere una posizione chiara in materia: “Se si vuole regolamentare l’autoproduzione e il monopolio, che lo dica e si faccia carico di questa responsabilità”.

Le domande di Barbera trovano riscontro anche sul tema del lavoro portuale, visto che, si legge: “L’Autorità concedente può autorizzare l’affidamento ad altre imprese portuali, autorizzate ai sensi dell’articolo 16, dell’esercizio di alcune attività comprese nel ciclo operativo”. Il decreto potrà subire modifiche, e quasi probabilmente verrà rivisto anche su quest’ultimo punto. “Se abbiamo piccole imprese portuali, è necessario che il governo se ne faccia carico per aiutarle, non per gettarle nel baratro della precarietà – segnala il presidente – . Quando parliamo di articoli 17, ad esempio, va distinto chi è un art. 17 impresa, a tempo indeterminato, da chi invece fa parte di un’Agenzia per il lavoro, e quindi basa le sue prestazioni su un ambito instabile di lavoro”.

L’auspicio di Barbera è dunque quello di guardare con occhio critico agli errori del passato, considerando però il contesto nel quale si opera. “Come Uniport siamo rimasti perplessi dal fatto che non si sia utilizzato uno strumento estremamente efficace come il Tavolo del Contratto Nazionale del Lavoro, a cui si siedono il 98% delle imprese portuali italiane. Ci aspettiamo di essere sentiti al più presto, per dare il nostro contributo e poter dare una visione diversa, se davvero si vuole procedere sul tema di una vera concorrenza”.

Fonte: Shipmag

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