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Sul deposito nazionale delle scorie nucleari si decide nel 2023

Il ministro della Transizione ecologica Cingolani indica dicembre 2023 come scadenza per decidere dove collocare l'impianto che ospiterà rifiuti nucleari

Sul deposito nazionale delle scorie nucleari si decide nel 2023

Quando si parla di deposito nazionale delle scorie nucleari, sono due gli anni da cerchiare in rosso sul calendario, secondo il ministro del

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Quando si parla di deposito nazionale delle scorie nucleari, sono due gli anni da cerchiare in rosso sul calendario, secondo il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani. La prima è dicembre 2023. La seconda il 2029. Stando al numero uno del dicastero dell’ambiente, entro la fine del prossimo anno il governo conta di chiudere la partita per individuare la località dove sorgerà l’impianto in cui stoccare 95mila metri cubi di rifiuti radioattivi, tra scarti della filiera dell’atomo ormai dismessa e scorie dalla medicina nucleare e dall’industria. Mentre entro il 2029 si punta ad avviare il deposito.

Questo almeno è la tabella di marcia del governo. Tuttavia, quando si parla di scorie nucleari, si sa che il rischio ritardi è sempre dietro l’angolo. Basti pensare che, prima di avviare il processo per la scelta del luogo dove sorgerà il deposito, la carta con le aree potenzialmente idonee (Cnapi) è rimasta segreta per quasi cinque anni, con continui rimpalli e rinvii dei governi rispetto alla pubblicazione di un documento che, si sapeva, avrebbe provocato mal di pancia. Che si sono puntualmente presentati quando il documento è stato svelato, all’improvviso, il 5 gennaio 2021, provocando una levata di scudi tra i Comuni delle 67 località individuate.

L’iter di scelta prevede un accordo per ospitare il deposito tra Sogin, la società di stato incaricata del decommissioning nucleare e la gestione dell’impianto, e le autorità locali. Finora nessuno dei 67 siti interessati si è mostrato disponibile. Anzi, dai Comuni alle Regioni, le autorità si sono attivati per contestare i criteri della Cnapi e addurre ragioni per non doversi sobbarcare il deposito delle scorie atomiche. La partita, insomma, è in salita.

Dove eravamo rimasti

Il 15 marzo, come da programma, Sogin ha inviato al ministero per la Transizione ecologica (Mite) la mappa aggiornata delle località che hanno tutte le carte in regola per ospitare il deposito nazionale delle scorie nucleari. In gergo tecnico è la Carta nazionale delle aree idonee. In una sigla Cnai. Un documento al momento secretato, perché dovrà ricevere una serie di autorizzazioni prima di essere pubblicato.

La Cnai sancirà quali siano in Italia le località che possiedono tutte le caratteristiche per poter ospitare l’infrastruttura. La scelta ricade già su una rosa ristretta di 67 aree, dislocate tra Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna, frutto di un precedente lavoro di selezione. Dodici in particolare, tra le province di Torino, Alessandria e Viterbo, rispondono a pieni voti ai criteri stabiliti da Sogin. Il deposito occuperà 150 ettari e sarà composto da novanta costruzioni in calcestruzzo armato, dette le celle, che a loro volta conterranno i moduli in cemento, dove saranno collocati i contenitori di metallo con i rifiuti. Un sistema a matrioska per sigillarli per i successivi 300 anni. Sorgerà anche un parco tecnologico per la ricerca e lo studio sui rifiuti nucleari.

I prossimi passi

La società dell’atomo ha ricevuto 600 tra domande, osservazioni e proposte, per un totale di 25mila pagine di documenti. A valle di una serie incontri e di altri dati che ha ricevuto nel 2021, Sogin ha preso la prima bozza la Cnapi e l’ha sfrondata. La Cnai, consegnata al ministero guidato da Roberto Cingolani, dovrà ottenere il via libera dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare (Isin), l’ente nazionale che vigila la filiera dell’atomo. Dopodiché ministero delle Infrastrutture e mobilità sostenibile (Mitm) e Mite dovranno approvarla e pubblicarla. A quel punto si conoscerà la rosa di potenziali indirizzi del deposito delle scorie.

Autocandidature cercansi

Cingolani ha anche precisato che “ad oggi non sono state prese in considerazione le autocandidature perché l’iter previsto dalla normativa non lo prevede”. Come ha riassunto il ministro, “entro trenta giorni dall’approvazione della carta (Cnai, ndr), la Sogin inviterà le Regioni e gli enti locali delle aree idonee alla localizzazione del parco tecnologico a comunicare, entro i sessanta giorni successivi, il loro interesse a ospitare il parco stesso avviando, nel contempo, le trattative bilaterali finalizzate al suo insediamento. In caso di assenza di manifestazioni d’interesse, la Sogin spa promuoverà trattative bilaterali con tutte le Regioni nel cui territorio ricadono le aree idonee”. Se anche queste fallissero, toccherà al governo decidere d’imperio dove costruire il deposito.

È un’ipotesi che la politica vuole evitare. Nonostante esempi nel resto d’Europa, come quello di Aube in Francia o Cabril in Spagna, dimostrino che questi impianti possono convivere con agricoltura tradizionale e turismo (quello francese è nella regione dello Champagne) o con oasi naturali (nei cui pressi sorge quello iberico), il deposito è inviso. Né attirano le compensazioni di cui beneficerebbero le comunità locali. L’Italia non si può permettere altre esitazioni. È uno dei pochi paesi in Europa a non avere ancora una struttura di questo tipo. E ha contratti milionari per tenere alcune scorie in Francia e nel Regno Unito, benché Sogin sia riuscita a strappare qualche sconto. Parigi e Londra, tuttavia, vogliono rassicurazioni sul rientro dei rifiuti in patria.

Fonte: Wired.it

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