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Mondo degli acquisti: punta sul capitale umano e sulle tecnologie

Le competenze relazionali sono fondamentali per allineare obiettivi e piani di sviluppo dei fornitori con le esigenze dell’impresa e dei clienti

Mondo degli acquisti: punta sul capitale umano e sulle tecnologie

Ogni anno Mediobanca pubblica i dati aggregati dei bilanci depositati dalle grandi imprese italiane. Alcune semplici analisi di tali dati dimostrano c

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Ogni anno Mediobanca pubblica i dati aggregati dei bilanci depositati dalle grandi imprese italiane. Alcune semplici analisi di tali dati dimostrano che oltre l’80% dell’intero conto economico di una grande impresa è costituito da spese di acquisto di beni e servizi (nel 2020 il rapporto tra Acquisti e Fatturato è pari all’81%). Pur non esistendo per le piccole e medie imprese una rilevazione altrettanto puntuale, possiamo affermare che tale rapporto si aggira intorno al 70%. Naturalmente il dato varia significativamente da settore a settore, e come ci si aspetta è più alto nei settori manifatturieri e più basso nei settori dei servizi; in ogni caso gli acquisti rappresentano la voce principale di costo per la maggior parte delle imprese italiane.

Ne consegue che una gestione attenta, ottimizzata e strategica di tutto il processo di acquisto rappresenta una delle più importanti leve di aumento delle prestazioni di un’azienda con impatti sulla profittabilità, sul cash flow, sulla capacità competitiva di lungo termine e sulla creazione di valore condiviso.

Consideriamo innanzitutto l’impatto che gli acquisti hanno sulla profittabilità: un miglioramento delle condizioni di fornitura, non solo in termini di riduzione di costo, ma anche come aumento della qualità o del servizio offerti, ha un impatto sul Roa (Return on asset) più alto della maggior parte delle altre leve che si possono azionare in azienda (una riduzione del 5% dei costi complessivi di acquisto ha, ad esempio, lo stesso impatto di un aumento di fatturato del 20%).

Per quanto riguarda la posizione finanziaria dell’azienda è chiaro che gli acquisti generano la maggior parte dei flussi di cassa in uscita e la gestione dei termini di pagamento e la scelta delle tecniche di supply chain financing più adatte al contesto possono fare la differenza sulla liquidità aziendale, spesso parametro assai più critico e di difficile gestione dello stesso risultato economico. Inoltre, in un momento in cui la capacità dell’azienda di rimanere competitiva nel medio lungo termine è sempre più legata alla capacità di innovazione e anticipo dei trend di consumo, i fornitori giocano un ruolo primario nel processo di sviluppo di nuovi prodotti e servizi.

Infine, la capacità di creare valore condiviso di un’azienda passa attraverso modelli di sostenibilità sociale e ambientale per i quali l’azienda si fa garante di fronte al cliente dell’impatto complessivo della propria rete di fornitura, composta non solo dai fornitori di primo livello, ma anche dai loro fornitori e così via fino all’inizio di filiere sempre più globali.

Riuscire a utilizzare al meglio la leva del procurement per incidere sulle prestazioni aziendali è tutt’altro che facile tanto da rappresentare un vero e proprio vantaggio competitivo per le aziende da questo punto di vista più virtuose. Il processo di acquisto è infatti già per natura vasto nei contenuti e complesso: a seconda della dimensione aziendale è frequente dover gestire centinaia o migliaia di fornitori, spesso su scala internazionale; occorre gestire attività che spaziano dalla negoziazione strategica alla messa a punto dei singoli contratti; dalla gestione dalla pianificazione di medio/lungo termine all’operatività della singola consegna; dalla definizione delle specifiche tecniche e di qualità al monitoraggio costante delle prestazioni dei fornitori per guidare il miglioramento continuo.

A tutto questo si aggiunge la necessità di indirizzare e mitigare gli impatti dei repentini cambiamenti di contesto economico e delle interruzioni nelle filiere di approvvigionamento a cui assistiamo con sempre maggior frequenza: disastri ambientali, crisi finanziarie e successive strette creditizie, volatilità dei prezzi delle materie prime anche indotte da politiche monetarie post crisi, il contesto pandemico degli ultimi due anni, la carenza di materie prime e di vettori logistici in questi ultimi mesi di ripresa, sono solo alcuni esempi.

Quindi come fare a gestire al meglio un’area in grado di condizionare il risultato aziendale e dai contenuti tanto vasti e complessi? Bisogna puntare sul capitale umano e sulle nuove tecnologie. Ricordando che una filiera è un sistema concatenato che lega attori esterni (fornitori e clienti) ad attori interni (le diverse funzioni aziendali), e che tali attori prendono decisioni ogni giorno in base ad obiettivi spesso in forte contrasto tra loro, occorre riconoscere che le competenze relazionali di chi opera nel mondo Acquisti sono fondamentali per allineare gli obiettivi e i piani di sviluppo dei fornitori con le esigenze dell’impresa e prima ancora dei suoi clienti.

Occorre però anche riqualificare le competenze dei professionisti degli acquisti per aggiungere alla tradizionale e generica “dimestichezza con dati e numeri”, la capacità di mettere in relazione molteplici dati lungo tutta la catena di fornitura, la capacità di elaborare analisi statistiche e predittive in ambito produttivo, economico e finanziario, e la capacità di usare e comprendere i risultati degli algoritmi di intelligenza artificiale.

I rischi non possono essere eliminati, ma possono essere compresi, calcolati e gestiti. Naturalmente perché questo avvenga è necessario avere organizzato le informazioni, digitalizzato le fonti dei dati, implementato algoritmi che rendano disponibili le informazioni giuste in tempi brevi per prendere decisioni informate. Troppo spesso, invece, le informazioni che cerchiamo relative alla spesa in una determinata categoria merceologica, ad un contratto, ad un fornitore, o ad una consegna specifica, sono errate o non sono facilmente reperibili.

Occorre dotarsi di una infrastruttura digitale, che non significa avere il software di ultima generazione o l’ultima applicazione disponibile sul mercato (le soluzioni migliori sono spesso anche le più semplici), bensì creare una cultura alla gestione ordinata dei processi di acquisto. Da questo punto di vista, la tecnologia va vista come un mezzo e non un fine, i processi aziendali non si devono “piegare” alla tecnologia, ma deve avvenire esattamente il contrario nella ricerca di cosa è meglio per l’impresa specifica. Se investimenti in capitale umano e nuove tecnologie sono già in corso da tempo in molte aziende di grandi dimensioni si assiste ad un generale ritardo, che rischia di costare caro in termini di competitività, per le piccole e medie imprese.

Fonte: Il Sole 24 ore

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