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Gas russo, in caso di guerra Italia il paese più vulnerabile nella Ue

Gas russo, in caso di guerra Italia il paese più vulnerabile nella Ue

Con i venti di guerra che spirano tra Russia e Ucraina, crescono sui mercati i timori per una improvvisa riduzione dei flussi di gas che arrivano da M

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Con i venti di guerra che spirano tra Russia e Ucraina, crescono sui mercati i timori per una improvvisa riduzione dei flussi di gas che arrivano da Mosca.  Preoccupazioni comprensibili visto che oggi Mosca fornisce all‘Europa circa il 40% del suo gas naturale, principalmente attraverso gasdotti. E secondo l’Oxford Institute for Energy Studies, nel 2021, il 22% del gas consegnato dalla Russia all‘Europa – inclusa la Turchia – è passato attraverso l’Ucraina. Si tratta, secondo Bloomberg, di circa 177 miliardi di metri cubi, al di sotto dell’obiettivo minimo di consegne verso l‘Europa (183 miliardi di metri cubi).

Ciò rende particolarmente urgente la domanda: che cosa accadrebbe a questi flussi di gas in caso di invasione russa?

Il pericolo che, in caso di conflitto, l’Europa debba rinunciare a oltre il 30% del gas che arriva dalla Russia attraverso l’Ucraina è assolutamente reale. I segnali ci sono tutti. È già dalla metà del 2021 che le forniture di gas russe verso l’Europa sono più basse rispetto alle attese (-25%, addirittura –40% a gennaio), e anche per questo i prezzi spot del gas naturale in Europa in un anno sono quasi quintuplicati. Inoltre secondo gli analisti, almeno nel breve-medio periodo, la dipendenza europea dalle forniture russe è destinata ad aumentare perché il Vecchio Continente, attraverso il green deal, diminuirà la propria produzione.

Italia tra i paesi più vulnerabili

Tra i paesi dell’eurozona, secondo l’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale), l’Italia è fra i Paesi più esposti alle turbolenze sul gas naturale, insieme all’Austria. L’analisi si fonda su un indice che misura la vulnerabilità di ciascun paese a un’eventuale interruzione (o riduzione) delle forniture di gas da Mosca. L’indicatore in questione non tiene solo conto della quantità di importazioni di gas ma della quantità di gas importato sul totale dei consumi nazionali (alcuni paesi europei sono buoni produttori, almeno per il loro consumo interno) e il ruolo che il gas gioca nel mix energetico nazionale di ciascun paese.

 

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