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La Ue lancia la sfida delle 100 città green, così l’Italia la può vincere

Gli spazi pubblici non possono essere monopolizzati dalle auto e dalla mala movida

La Ue lancia la sfida delle 100 città green, così l’Italia la può vincere

Il covid-19 ha segnato profondamente non solo le vite di tutti noi, ma anche il paesaggio delle città. A Roma e nei centri urbani del Paese, per soste

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Il covid-19 ha segnato profondamente non solo le vite di tutti noi, ma anche il paesaggio delle città. A Roma e nei centri urbani del Paese, per sostenere bar, ristoranti e locali messi in gravi difficoltà dalle misure di contenimento della pandemia, sono stati posizionati ovunque tavolini all’aperto su marciapiedi, piazze, strade, parcheggi e strisce blu. E contemporaneamente quegli stessi esercizi sono stati sollevati dal pagamento della tassa per l’occupazione del suolo pubblico. È stata una scelta intelligente per consentire a tante attività di andare avanti e anche per dare luoghi sicuri di incontro, soprattutto ai giovani.

Ora che lo stato di emergenza è finito anche in questo ambito si stanno superando le misure assunte durante la fase più critica della pandemia e si cerca di trovare un nuovo equilibrio, coscienti che dovremo convivere ancora per qualche tempo con il virus.

In questo percorso di costruzione di una nuova normalità, credo sia giusto ridefinire lo spazio pubblico tutelando tutti i cittadini, gli interessi e le funzioni della città. Per strade e piazze vitali e inclusive, come è giusto che sia, bisogna distribuire lo spazio pubblico in modo equilibrato tra tutte le componenti della nostra società: commercio, ma anche pedoni, bambini, carrozzine, anziani, aree per la comunità. Garantendo una pluralità di servizi e funzioni, di attività commerciali, artigianali, culturali e per il tempo libero, facendo attenzione anche all’esigenza dei residenti di poter dormire tranquillamente nelle ore notturne. Anche per evitare quella che rischia di diventare una monocultura della movida.

A partire da queste considerazioni discendono due azioni distinte. La prima: non si può utilizzare il traffico e il parcheggio in funzione anti-movida, non si può pensare di destinare lo spazio pubblico alle auto come sfollagente, come antidoto all’uso di quello stesso spazio da parte dei cittadini. La seconda: sulle strade della viabilità principale, prima dei dehors, vanno garantite l’accessibilità e la mobilità in sicurezza per tutte le tipologie di utenze quindi non solo mezzi privati, ma soprattutto trasporto pubblico locale, sharing mobility, micro-elettrico, ciclisti e pedoni. Un cambiamento necessario anche per costruire quelle città circolari e dei 15 minuti caratterizzate da servizi di prossimità, mobilità intermodale e sostenibile, opportunità diffuse.

A Roma, per esempio, il Comune è al lavoro con l’assessore alla Mobilità Patanè per arrivare con pragmatismo, anche attraverso un regime transitorio, a un nuovo regolamento che contemperi le diverse esigenze. Una strada promettente che credo potrebbero seguire utilmente anche altri centri del nostro Paese. Sarebbe anzi auspicabile un coordinamento tra le nostre città per definire strategie comuni e condividere pratiche virtuose ed efficaci, su questo come su altri fronti.

E in fondo è anche la sfida che l’Ue ha lanciato con le 100 città ‘green’ che parteciperanno alla missione sulle smart cities e per l’impatto climatico zero entro il 2030 di cui fanno parte anche Bergamo, Bologna, Firenze, Milano, Padova, Parma, Prato, Roma e Torino. Per città più belle e più verdi, con meno traffico e smog, dove sia piacevole vivere.

Fonte: Huffpost.it

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