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Equita: le banche hanno fino a 23 miliardi per M&A e non devono fare aumenti

Il settore viaggia poco sopra i minimi degli ultimi 25 anni e oggi sconta timori che il 40% dei prestiti ad alto rischio diventi Npe, ma la Sim ritiene che una tale migrazione non avverrà. Le fusioni saranno in grado di aumentare l'utile degli istituti del 30%. Intanto Mustier oggi ribadisce: cedola e buyback sì, M&A no

Equita: le banche hanno fino a 23 miliardi per M&A e non devono fare aumenti

Oggi Giovanni Razzoli, analista bancario di Equita, alza il giudizio sul sistema finanziario in Italia da underweight a neutral. Questo perché ritiene

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Oggi Giovanni Razzoli, analista bancario di Equita, alza il giudizio sul sistema finanziario in Italia da underweight a neutral. Questo perché ritiene che, almeno nel breve periodo, i rischi sistemici, rappresentanti da Npe e il debito sovrano (Btp in portafoglio agli istituti di credito) che hanno pesato sulle banche, ad oggi siano stabilizzati. Invece stanno diventando “più concreti e non solo in Italia, scenari di consolidamento che dovrebbero sostenere le valutazioni”, scrive l’analista.

Nei prossimi sei mesi, i rischi sistemici rappresentati da un aumento degli Npe e dall’effetto negativo di un aumento degli spread sul debito sovrano andranno verso una stabilizzazione, ritiene la Sim. L’estensione delle moratorie, che pesano per 144 miliardi di euro di impieghi, ovvero il 13% del totale, sposta il problema dell’aumento degli Npe alla fine del primo trimestre 2021. Nello scenario base della Sim le banche sono in condizioni di assorbire fino al 10% di migrazione delle moratorie allo stato di crediti deteriorati (Npl), con impatti gestibili, attorno a 90 punti base a pesare sul requisito di solidità (il Cet 1).

Anche in situazioni difficili, con il 30% della migrazione dei crediti a sofferenza, il rischio sui ratio di capitale “sarebbe comunque gestibile”, ritiene Razzoli, andando a incidere per non oltre 170 punti base di Cet 1. Sul fronte poi dei Btp, anche se le banche hanno aumentato l’esposizione ai titoli di stato ai massimi storici nel secondo trimestre con un aumento di 7 miliardi rispetto ai tre mesi precedenti per un totale di 150 miliardi di euro di titoli governativi in portafoglio, “la parziale mutualizzazione del debito pubblico via Recovery Fund dovrebbe mantenere gli spread stabili senza intaccare il livelli di Cet”. Le precedenti ondate di vendite, come quella di aprile 2018 e quella del marzo 2020, si sono accompagnate ad un aumento degli spread, e oggi non pare il caso con un differenziale di soli 137 punti.

Secondo Equita, l’approccio del regolatore che consente, come nell’operazione Bankia-Caixa in Spagna, di utilizzare il il cuscinetto di liquidità sullo minimo (Srep) imposto dalla Bce per finanziare gli oneri di ristrutturazione, “in caso di M&A riduce il rischio che in una fusione siano necessari, come in passato, aumenti di capitale”. In Italia il consolidamento è iniziato con l’opas di Intesa Sanpaolo su Ubi, ora il mercato sta scommettendo su possibili mosse di Unicredit, Banco Bpm, Creval, Credit Agricole in Italia mentre per risolvere l’uscita dello Stato da Mps la strada meno complicata sembra chiedere altro tempo alla Commissione Ue.

Intervenendo oggi a una conferenza sul settore bancario organizzata da S&P Global, l’ad di Unicredit, Jean Pierre Mustier, ha ricordato che per la banca la priorità resta quella di remunerare gli azionisti tramite dividendi e buyback di azioni, utilizzando il capitale in eccesso non appena la Bce lo consentirà, mentre sulle operazioni di fusione, la posizione non cambia. “Abbiamo un messaggio chiaro ed è no M&A”, ha sottolineato il top manager.

Le banche italiane possono contare, secondo Razzoli, fra 14 e 23 miliardi di capitale (già messo da parte, il buffer sullo Srep) per finanziare oneri di ristrutturazione da M&A, che permetterebbero di ridurre di oltre il 20% i dipendenti, aumentando l’utile del 30%. Oggi il settore bancario tratta ai minimi da 25 anni, ovvero con un rapporto price/tangible equity medio di 0,42 volte, il 15% sopra i minimi dello scorso aprile, un livello che ha rappresentato il valore più basso degli ultimi 25 anni. I prezzi di mercato scontano oggi che circa il 40% dei prestiti ad alto rischio diventi Npe, un valore di oltre 62 miliardi di flussi, ovvero 4-5 volta sopra il tasso del 2019. Uno scenario che Razzoli giudica “eccessivamente pessimistico”.

Fonte : www.milanofinanza.it

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