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Erdogan cambia i vertici economici per salvare l’economia ma sbaglia amici

Il ministro delle Finanze e genero del presidente Erdogan che si dimette dopo la cacciata del governatore della Banca centrale, ed è ufficializzato il terremoto che minaccia l’economia turca e intacca la stessa presidenza. Ma è solo crisi economica quella che sta ora minacciando la potenza regionale che sta sconvolgendo antichi equilibri nel Mediterraneo orientale?

Erdogan cambia i vertici economici per salvare l’economia ma sbaglia amici

Il nuovo ministro dopo il genero Lutfi Elvan è stato nominato nuovo ministro delle Finanze e del Tesoro della Turchia dopo le dimissioni di Berat A

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Il nuovo ministro dopo il genero

Lutfi Elvan è stato nominato nuovo ministro delle Finanze e del Tesoro della Turchia dopo le dimissioni di Berat Albayrak, il genero del presidente Erdogan. Elvan, fra il 2013 e il 2015 è stato ministro dei Trasporti, successivamente ha ricoperto gli incarichi di vice premier fra il 2015 e il 2016 e di titolare del dicastero dello Sviluppo economico fra il 2016 e il 2018.

La Lira respira ma l’economia langue

Il cambio della guardia al timone della politica monetaria e di quella economica danno ossigeno alla lira turca, quest’anno la peggiore tra le valute dei mercati emergenti. La lira lunedì 9 novembre ha messo a segno un rimbalzo che non si vedeva da due anni, recuperando circa il 5% sul dollaro. Nel 2020, la moneta ha perso quasi un terzo del suo valore, un calo accelerato dal mancato aumento dei tassi a ottobre. Dalla metà del 2018 il crollo sul dollaro è del 45%.

Cosa c’è dietro le dimissioni di Albayrak

Sul Sole24ore l’analisi di Vittorio Da Rold. «Il cambio al vertice che probabilmente prelude ad un inevitabile aumento dei tassi per frenare il crollo della valuta ha fatto riprendere fiato alla lira. Sarà sufficiente? L’aumento dei tassi però farà frenare la crescita del Pil, forse aumentare la disoccupazione». Che accade in casa turca? Lira a precipizio sul dollaro, debito con l’estero (in dollari) alle stelle, e riserve in valuta pregiata quasi esaurite. Di fatto, le aziende turche indebitate in valuta straniera, incassano in valuta locale svalutata e debbono pagare crediti a banche straniere in moneta forte, dollaro o euro.

«Erdoğanomics», l’economia secondo Erdoğan

Il presidente turco è convinto che l’alta inflazione sia la conseguenza degli alti tassi di interesse e aveva accusato la Banca centrale di non seguire la sua stessa linea. Una teoria economica che contraddice principi economici consolidati. I critici la chiamano «erdoğanomics», l’economia secondo Erdoğan, teoria ad alto rischio. Erdoğan è da circa due anni alle prese con la grave recessione che sta colpendo l’economia del paese e adesso -aspetto politico- il timore di perdere il consenso della grande imprenditoria turca molto legata al partito di governo, l’Ak Parti, dal quale ha tratto (e dato) grande nutrimento in 18 anni di potere.

Considerazioni politiche e ancora Trump

«La Turchia dipende dai finanziamenti esteri del suo deficit delle partite correnti. E l’aiuto generoso del Qatar, come avvenuto in passato con prestiti rilevanti, forse questa volta non basterà», sempre Da Rold. «Senza contare che l’accondiscendenza di Donald Trump verso le mosse azzardate di Erdogan ora è solo un pallido ricordo e l’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca non riserverà piacevoli sorprese al governo di Ankara. Noto il feeling tra Trump ed Erdoğan. Il presidente americano aveva bloccato le spinte del Congresso che chiedeva sanzioni ad Ankara per l’acquisto del sistema di difesa missilistico russo S-400. Mentre Biden si era espresso più volte a favore delle sanzioni alla Turchia.

Ad opportuno recupero dei rapporti, con l’addio al ringhioso uscente, Il presidente turco Erdogan oggi si congratula con il democratico neo-eletto. Secondo il quotidiano turco Daily Sabah. “La forte cooperazione e alleanza fra i due paesi continuerà a contribuire alla pace nel mondo”, conclude il messaggio del presidente turco.

Tutti i famigli Erdogan-Trump

«L’intesa esistente tra il genero di Erdoğan, Albayrak, e il genero di Trump (rappresentante speciale per il Medio Oriente), Jared Kushner, era stata efficace nel fornire una protezione alla Turchia e una garanzia che sarebbero state bloccate le sanzioni», ricorda l’HuffPost con Mariamo Giustino. In più, una ormai semi ufficiale faida interna al Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP) che si trascina da tempo e che rischia di provocare una definitiva resa dei conti e la dissoluzione del partito personale di Erdoğan. Insomma, la crisi finanziaria ed economica si sta trasformando in una grave crisi politica che rischia di sfuggire di mano al leader turco.

Guerre a prendere col rischio a perdere

La Turchia, pur se indebolita dalla forte crisi economica nazionale aggravata dal pandemia, cerca ruolo e spazi fuori del Paese. Dalla Libia alla Siria, dalla Somalia al Caucaso, dalla Palestina al Mediterraneo orientale. Erdogan che mescola nazionalismo e islamismo, vedi il recente scontro con la Francia. Ma le guerre, anche se sostenute da aiuti esterni congrui e spesso equivoci, costano e non sempre rendono a breve. E comportano anche rischi di inciampo militare, a cui un Erdogan indebolito dalla crisi economica in casa, difficilmente potrebbe resistere.

Fonte : www.remocontro.it

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